|
|
S.ta Croce sull'Arno (PI), 04/01/1824 - Montemurlo, 04/12/1904
Nato a Santa Croce sull'Arno (Pisa) il 4 gennaio 1824, morto a
Montemurlo il 4 dicembre 1904. Compì i primi studi a Siena, nella scuola
del Nenci che lo avviò al classicismo, al quale si inspirò nel suo primo
lavoro, Galileo davanti alla Corte della Inquisizione,
che gli procurò successo e notorietà.
Abbandonò ben presto l'accademismo e, trasferitosi a Firenze, seguì il
nuovo movimento pittorico dei macchiaiuoli, dei quali fu uno dei più
fervidi e geniali campioni, ma che sempre usò ed intese in tono
moderato.
Schivo di ogni popolarità, si ritirò verso il 1870, prima in una villa
di Montorsoli, poi a Montemurlo. Nominato professore all'Accademia di
Firenze e, poi, membro della Commissione per gli Uffizi, fu a Parigi nel
1971 e nel 1875 ed a Londra nel 1879 e nel 1887.
In una conferenza tenuta alla Società di Belle Arti di Firenze il 21
febbraio 1905, dove fu ordinata una esposizione postuma di molti lavori
del Banti, Ugo Matini così parlò dell'artista: «Amava più di tutto i
soggetti campestri; la luce, il sole la vita erano gli ideali d'arte che
entro di lui vibravano. E in tutto poneva un senso di signorilità, di
finissima eleganza; e tutti i suoi lavori erano risultati di ammirevoli
ed indefessi studi di osservazione profonda d'intuito artistico, e
riproducono la natura tal qual è senza curare la bella linea senza
accomodare il soggetto, ma rendendolo come si presenta, curando in tutto
la tonalità della luce».
Eseguì molti quadri e bozzetti parecchi dei quali sono posseduti dalla
famiglia Banti a Firenze.
Paesana toscana
che è conservato nella Galleria d'Arte Moderna di Roma; Le due villanelle; Ragazza che fa la
calza; La fanciulla che dà da mangiare all'anitra; Le tre vecchie in
riposo; Le predone;
Il ritorno dalla pesca dal lago di Bientina;
Confidenze
alla Galleria d'Arte Moderna di Firenze;
Ragazzi al sole nella Galleria Ricci-Oddi di Piacenza; Paesaggio nella
collezione Turri di Milano, sono alcuni dei suoi principali lavori riproducenti campi e cieli, tutti
compenetrati dalla medesima luce di verità.
Esplicò la sua attività più per sè che per il pubblico, così che i suoi
dipinti, ammirati dal Fattori e dal Signorini rimasero sconosciuti ai
più fin dopo la sua morte.(A. M. Comanducci)
|
|
|
|
|