Reggio Emilia, 23/02/1818 - Torino, 17/04/1882
«Dotato di indole straordinariamente vivace, crebbe in seno alla
famiglia fino al momento di poter frequentare le scuole, indi, nel suo
quattordicesimo anno, avendo mostrato una spiccata disposizione pel
disegno, entrò alunno nelle Scuole Comunali di Belle Arti di Reggio, ove
non tardò a provare la forza e la prontezza dell'ingegno, facendosi
anche notare per la molta volontà e trovandosi specialmente favorito
dagli insegnamenti premurosi del suo professore Prospero Minghetti, il
quale gli fu piuttosto padre amorevole, che maestro»
«Appena uscito dalle scuole, incoraggiato dal buon Minghetti e spinto
dal bisogno, cominciò, benché giovanissimo, ad assumere lavori di
decorazione murale per appartamenti di famiglie agiate, eseguendo
medaglioni di fiori, di figure, di paesi, coprendo soffitti e grandi
pareti di sale anche con ornati, prospettive architettoniche e vedute
pittoresche» (da Marco Calderini).
I suoi primi importanti lavori furono i pannelli del Caffè degli
Svizzeri a Reggio, che poi vennero ritirati in casa del proprietario del
locale sig. Tognoni e incorniciati come veri quadri. Nel 1847 si recò a
Torino, poi fu a Genova e a Milano, ma in queste città la sua attività
di patriota, di soldato volontario prima sotto Luciano Manara e poi
sotto Garibaldi, ha più notorietà di quella artistica. Nel 1850 fu a
Ginevra e con l'amicizia, sebbene interessata, del parigino Vittorio
Brachard, conquistò notorietà dignitosa e crescente, e buoni compensi.
Fino al 1867 scorrazzò la Svizzera, la Francia, l'Inghilterra scendendo
di frequente in Liguria e svolgendo la sua attività principalmente in
lavori all'acquaforte, in litografia, a carbone, a pastello,
all'acquerello e dando lezioni. Alla fine del 1866 l'artista si recò a
Firenze e vi eseguì, nello studio di Cristiano Banti, Tramonto
sull'Arno, attualmente presso quell'Accademia di Belle Arti e Il
lavoro della terra, già nella Galleria del comm. Paolo Ingegnoli.
Nel 1868 venne nominato direttore e insegnante nell'Accademia di Lucca e
l'anno seguente si trasferì a Torino per assumere l'insegnamento,
all'Albertina, nella scuola di paesaggio, appena istituita. Dopo sette
anni di valoroso e amoroso insegnamento ad una schiera di devoti ed
entusiasti discepoli, si recò a Tokio per insegnare in quell'Accademia e
vi rimase fino al settembre del 1878.
Fu maestro di C. Allera, Domenico Bologna, Gilberto Borromeo.Arese,
Vittorio Bussolino, P. Calieri, Marco Calderini, Alessandro Cordani,
Carlo Follini, A. Ghesio-Volpengo, Giuseppe Luccini, Giovanni Piumati,
E. Pochintesa, C. Pollonera, A. Prampolini, Clemente Pugliese Levi, A.
Raffaele, Ernesto Reycend, G. M. Scaglia, C. Tratta, Giac. Tesio, Fr.
vervelli. Anche Gaspare Brugnone, G. Camerara, Giuseppe Carozzi, Alfredo
d'Andrade, Agostino Fossati, G. Gabrielli, Tamar Luxoro, Daniele
Ranzoni, E. Rayper e Camillo Ro risentirono la sua influenza, come pure
Enrico Bogliani. Ristabilitosi a Torino, lavorò con nuovo impeto e
rinnovata passione, ma la sua salute era scossa, ed egli si spense dopo
quattro anni durante i quali aveva alternato le speranze alle
depressioni, lasciando un gran numero di opere oggi giustamente
riconosciute imperiture, la maggior parte delle quali figurarono alla
Mostra postuma di Torino nel 1932. Nel complesso di queste opere il
Fontanesi ha dimostrato di non avere assecondato ne moda, ne industria,
volendosi contendere con la natura per il suo piacere e non per
l'altrui. Per questo ebbe in arte dei nemici e degli indifferenti, ma
non gli mancarono anche in vita i riconoscimenti e le esaltazioni.
Nella citata Mostra postuma del 1932 furono riunite ed esposte nelle
sale del Museo Civico di Torino, 436 opere del Fontanesi, fra quadri ad
olio, acquerelli, disegni a carbone e incisioni che sarebbe impossibile
elencare e delle quali si rammentano le più note: Il mattino;
Pomeriggio; Il mulino; La quiete"; Pascolo a Creyes, Radura; Pastorella;
In solitudine; Donna alla fonte; Strada solitaria; Le nubi; Il lavoro;
Vespero; Sulla soglia; Aprile; Tramonto sullo stagno; La stalla; Il
ponticello; Il bagno; Sera; Estate nel Delfinato, Casa in Giappone;
Casolare a Rivoli, che con moltissimi altri quadri, studi e schizzi
ad olio, acquarello, ecc. appartengono al Museo Civico di Torino; Le
nubi; Sul Lago di Ginevra e Bosco di Lemano, proprietà del
conte ing. gr. uff. Adriano Tournon di Torino; L'armento, già
nella Galleria del comm. Paolo Ingegnoli di Milano; Ritorno dal
pascolo; Ritorno dai campi; Idillio; Ricordo di viaggio; Stagno lungo il
Mugnone; Fontana nei pressi di Signa; Crepuscolo sul Mugnone; La
primavera; Dopo il meriggio; Nel cascinale; Fiori, ed altre
pregevoli opere nella raccolta del comm. Lorenzo Delleani di Carignano;
Il guado, proprietà del signor Luigi Cora di Torino; Campagna
con mandrie un'ora dopo la pioggia, collocata a Palazzo Pitti a
Firenze; Mattino d'ottobre, nella Galleria d'Arte Moderna di Roma
con altre due opere; Strada a Creyes, proprietà del cornm.
Vittorio Basso di Milano; La strada dei campi, nella Pinacoteca
di Torino; Aprile, nella raccolta del comm. Mario Rossello di
Milano; Altacomba, proprietà del gr. uff. Antonio Bianchi di
Torino; Tramonto sul Lago Lemano presso gli eredi del pittore
Marco Calderini; Pecore al pascolo (Delfinato), nella racc. di A.
Toscanini, Chiavica presso Optevoz, nel Municipio di Cuneo;
San Paolo di Londra, presso il gr. uff. Edoardo Rubino di Torino
L'abbeveratoio, nella Pinacoteca di Bologna.
Pregevoli le acqueforti e le litografie. Di queste ultime si hanno:
Venti vedute svizzere pubblicate nel "Musée Swisse" di Ginevra
1854-55 e poi riunite in volume: Promenade Pittoresque, Ginevra
1856 (indi riprodotte nel 1914 nel volume La Genève des Genévois).
Alla XXVI Biennale veneziana (1952) fu allestita un'importante mostra
postuma.(A. M. Comanducci)
Nacque a Reggio Emilia, il 23 febbraio 1818, penultimo di sette
fratelli, da Giuseppe, guardiano di caserma, e da Maddalena Gabbi. La
giovinezza assai disagiata, provata dalla miseria, segno con una vena
malinconica e idealista tutta la sua opera. A quattordici anni, nel
1832, Si iscrisse alla scuola comunale di belle arti di Reggio dove fu
subito benvoluto dal professore P. Minghetti, che lo sostenne e
incoraggiò anche dopo gli studi. A sedici anni risultò primo pari merito
al premio di paesaggio. Nel 1842 lavorò come scenografo per il teatro
Comunale di Reggio Emilia, dipingendo scene della Fausta e
della Sonnambula per la stagione lirica del Carnevale.
Collaborò per le scene del Giuramento. Il bisogno di lavorare e la
passione per l'arte lo indussero a chiedere al podestà incarichi
pubblici in qualità di decoratore, ma fu subito osteggiato a favore di
A. Aquila e G. Boccaccio, di cui inizialmente aveva subito l'influsso.
In questi anni si adattò a decorare case private, arricchendole di
fiorami, paesaggi, prospettive, figure, mettendo a frutto l'esperienza
di scenografo e il naturale talento. "Alcune di queste tempere murali
sono forse da identificarsi con quelle tuttora visibili a casa
Zanichelli e a casa Ghinizzini a Reggio Emilia" (Menozzi, 1952-53).
Iniziò in lui anche la passione per la politica e trascorreva le sere a
discuterne con gli amici al Caffè degli Svizzeri: nacque così l'idea di
A. Conzetti di commissionargli cinque paesaggi per rinnovare il locale
(i pannelli furono poi staccati e dispersi in collezioni private).
Nel settembre del 1847 presentò un progetto di ristrutturazione ad uso
civile dei fatiscenti locali sovrastanti i portici della Trinità: sua
intenzione era di farsi carico degli oneri e della responsabilità dei
lavori, per poi poterne usufruire come abitazione e atelier per un tempo
fissato di quarant'anni; trascorsi i termini, i locali sarebbero tornati
a disposizione del Comune. Il podestà rifiutò l'offerta e il Fontanesi,
amareggiato, lasciò Reggio Emilia. Si recò a Torino, entrò nella legione
volontari lombardi e partecipò alla prima guerra d'indipendenza. Con la
campagna del 1848 restò segnato dalla crudezza della guerra. Riparò
allora in Svizzera, a Lugano, ospite di famiglie presso le quali prestò
opera d'insegnante e per le quali eseguì alcuni lavori. Ritrovò anche
vecchi amici, tra cui il Conzetti, che lo incoraggiò nel cammino
artistico. La notizia della sua partecipazione alla difesa di Roma nel
1849 non trova fondamento: si hanno infatti quarantotto modelli di
paesaggio svizzero, datati tra l'aprile e il settembre di quell'anno,
nonché un album tascabile coevo, donato dal Fontanesi al pittore
parigino V. Branchard che sarebbe diventato suo amico.
Nel 1850 si stabilì a Ginevra, dove ben presto si guadagnò la stima e
l'appoggio di A. Calame e altri: percorse così la strada del pittore
"alla moda", riempì album di soggetti "facili", di ritratti ad amici, di
pastelli delicati e ameni, una vasta produzione di schizzi a carboncino
nei quali però già si nota la forte sensibilità per il chiaroscuro.
L'amicizia di V. Branchard gli assicurò contatti influenti; furono gli
anni dei viaggi in Svizzera, Francia, Inghilterra: nel 1855 lasciò
Ginevra per Parigi, dove si recò, insieme con F. A. Ravier,
all'Esposizione Universale, rivelatrice della "scuola di Barbizon", e
dalla quale trasse ulteriori conferme al suo interesse per la pittura di
paesaggio, sentita come espressione dell'animo. Restò profondamente
colpito dall'opera di C. Troyon e J. B. C. Corot ed entrò in contatto
con il movimento romantico-naturalista. Abbandonò il suo passato di
decoratore e scenografo, rifiutando il paesaggio storico-architettonico:
"ogni sito può essere rappresentato, ché la natura è bella da sé"
(ibid.); studiò meglio gli Inglesi, subendo il fascino di J. M. W.
Tumer, J. Constable, J. Crome e T. Gainsbourough. È del 1855 Mattino,
risultato della maturazione degl'influssi assimilati in questo periodo,
elaborati alla luce del proprio spiccato carattere: "mentre nei francesi
si nota elegante sicurezza, quasi garbo nella trattazione dei
particolari, in Fontanesi, invece, forza e rudezza elevata da un
potentissimo soffio idealistico; inoltre vi è maggior oggettività nei
primi contro una originale soggettività nel secondo" (ibid.).
Nel 1856 il Fontanesi andò a Portofino, dove rimase per qualche tempo;
tornò poi a Ginevra per l'Esposizione permanente di belle arti
all'ateneo, nella quale presentò la Veduta di Reigner e alcuni disegni.
Nell'estate del 1857 andò nuovamente in Liguria, ad ammirarne la
luminosità e i colori, senza riuscire a cogliere dal mare l'ispirazione
che si aspettava. Nell'agosto del 1858 viaggiò nel Delfinato, a
Crérnieu, dove frequentò il cenacolo del Corot e C. F. Daubigny e si
legò di sempre più fraterna amicizia con il pittore F. A. Ravier: in
questi luoghi, fra quegli amici, tornò poi in cerca di pace ogni volta
che l'angoscia si fece più cupa. All'inizio della seconda guerra
d'indipendenza, nel 1859, il Fontanesi partì per Torino ad arruolarsi
volontario, chiedendo l'interessamento personale persino di C. Cavour;
fu nominato sottotenente nel 21° di linea, comandato da M. d'Azeglio:
dopo qualche mese il reggimento si sciolse e il Fontanesi, dopo brevi
soste nell'Isère e a Bologna, tornò a Ginevra. Nel 1861 espose a Parigi
varie opere tra cui il Guado e ottenne il plauso di Corot e G.
Courbet: grazie anche all'interessamento di F. Arborio Gattinara
marchese di Breme ricevette numerose commesse godendo di una certa
notorietà. Lo stesso anno andò a Firenze., per un primo contatto con i
macchiaioli; nel 1862 fu presente all'Esposizione dì Torino, con La
sorgente, Dopo la pioggia, Il piccolo stagno, La quiete, La strada dei
campi (Torino, Galleria Sabauda) e Un mattino d'ottobre
(Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna). Nel 1862 raccolse alcune sue
incisioni all'acquaforte in un album, che dedicò all'amico e allievo
Arborio Gattinara, incisore egli stesso, con queste parole: "Primi saggi
d'acquaforte dedicati al mio nobile collega ed ill.mo Signor Marchese Di
Breme" (A. F. L'opera grafica, 1979, p. 131 n. 66).
Nel 1863 chiese una cattedra in Italia sperando nelle
raccomandazioni del marchese: viveva ancora a Ginevra, compiendo viaggi
a Crémieu. Verso la fine del 1865 andò a Londra, dove si fermò per circa
un anno, avendo così la possibilità di ammirare e studiare Tumer e
Constable: racchiuse il frutto delle osservazioni in un album di
eliografie e acqueforti, intitolato Sketches of London; tra le opere
londinesi si ricordano Ingresso nella cattedrale di S. Paolo e
Strada con arco, entrambe realizzate con la tecnica del
cliché-verre. Dopo quest'esperienza il Fontanesi ritornò in patria per
soggiornare di nuovo a Firenze, fermandosi in questa città per tutto il
1867; qui frequentò il circolo del caffè Michelangelo: entrò dunque in
contatto con i macchiaioli, dai quali fu apertamente ammirato e stimato,
pur divergendo per sensibilità e maniera. Organizzò il suo studio
dapprima presso C. Banti, con cui strinse sincera amicizia, e nei locali
del quale dipinse tra l'altro Tramonto sull'Arno e Lavoro
della terra. In seguito si mise in proprio e condusse a termine
quattro ovali: Crepuscolo sul Mugnone, Stagno lungo il Mugnone,
Fontana nei pressi di Signa, Ricordo di viaggio. Il 22 maggio 1868
ricevette la nomina a direttore e professore di figura presso
l'Accademia di belle arti di Lucca, ma finalmente, l'anno seguente, l'8
gennaio 1869, ottenne la cattedra di paesaggio alla Reale Accademia
Albertina di Torino. In questa città trovò la sua ultima sede stabile e
dipinse i suoi maggiori capolavori. Una breve parentesi fu costituita
dalla mostra universale di Vienna nel 1873, alla quale partecipò con
l'opera Aprile (Torino, Galleria civica d'arte moderna): una
tela dalla cupa pastosità, giocata abilmente sui toni caldi e freddi da
apparire a tutta prima monocroma. Nel 1874 all'esposizione Promotrice di
Torino presentò Bufera imminente. Fu un memorabile trionfo; i
critici, sempre avari con lui, furono costretti ad un elogio senza
riserve. Come in molte sue opere, gli unici esseri viventi a comparire
sono gli animali (qui due buoi): la gravità e la potenza dei loro corpi
fanno risaltare tragicamente l'incombere minaccioso della bufera, colto
nell'istante di cupo e drammatico silenzio che la precede.
Del 1875 è Solitudine (Reggio Emilia, Museo civico): in essa
troviamo espresso, in piena maturità dell'artista, quello stato d'animo
malinconico volto ad un oscuro trascendente che caratterizzò sempre più
gli ultimi tempi della sua tormentata carriera. Nello stesso anno
ricevette l'offerta di una cattedra a Reggio Emilia e di una
all'Accademia imperiale di Tokyo; scelse di partire per il Giappone.
Insegnò qui per due anni (dal 1876 al 1878), non trovando, lui pittore
intimista e soggettivo per eccellenza, feconda ispirazione dall'esotismo
dei luoghi nuovi, eppure lasciando un segno incisivo della sua
permanenza nella corrente detta "all'occidentale" di un gruppo di
pittori del periodo Meiji. Ormai la sua salute era minata dall'idropisia
e dovette rientrare a Torino per riprendere, sempre più stanco,
l'insegnamento all'Albertina. Già sul finire del 1879 si vide costretto
dal male a farsi aiutare dall'allievo R. Pasquini a terminare
l'imponente tela Le nubi (Torino, Galleria civica d'arte
moderna). Compì, però, tentando uno svago, un viaggio a Reggio e uno a
Ginevra, dove aveva mantenuto i contatti con i vecchi amici. Nel maggio
del 1880 andò a Morestal dal Ravier. Lo stesso anno fu presente alla
Esposizione nazionale di Torino con Bufera imminente, Mattino, Le
nubi e sei studi dal vero, ma non ebbe il successo sperato. Deluso,
partì per il Delfinato, tornando dapprima a Morestal; si fermò poi alle
terme di Vichy. Alla fine di quell'anno rientrò a Torino, dove frequentò
assiduamente la casa di G. Giacosa. Sono del 1881 gli ultimi viaggi a
Ginevra e in Francia, poi per motivi di salute si recò a Cannobbio. Il
27 luglio dello stesso anno ottenne la commenda della Corona d'Italia:
tornato a Torino morì l'anno seguente, il 17 aprile 1882.
Una mostra commemorativa del Fontanesi fu organizzata nel 1932 nella
Galleria civica d'arte moderna di Torino, dove si trova un gruppo molto
numeroso di sue opere, a cura di V. Viale; in quell'occasione fu
pubblicata la monografia di M. Bernardi sull'artista.
Clara Forte - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997) -
treccani.it
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