Prenzlau, 15/09/1737 - San Pietro a Careggi, 09/05/1807
Primo figlio del pittore di ritratti Philipp (1712-68) e
Margarethe Cunigunde (1720 - post 1768), nacque il 15 settembre 1737 a
Prenzlau nella Uckermark, distretto del Brandeburgo, allora parte del
Regno di Prussia. L'Hackert apprese i primi rudimenti della pittura dal
padre, ma nel 1753 fu mandato a Berlino presso lo zio Johann Gottlieb
(1713-73), pittore di decorazioni. Il giovane H. rimase nella bottega
dello zio fino al 1755, quando cominciò a studiare all'Accademia di
belle arti della stessa città; nel maggio del 1758 frequentò la classe
di Blaise-Nicolas Le Sueur, che gli suggerì di dedicarsi esclusivamente
alla pittura di paesaggio. I primi quadri datati dell'Hackert risalgono al
1760 e già mostrano l'evoluzione stilistica del giovane pittore: mentre
il Paesaggio con stagno e animali è ancora chiaramente orientato verso i
modelli dei pittori olandesi del Seicento (collezione privata: Nordhoff
- Reimer, II, p. 1, scheda 1), la Veduta del fiume Spree a Berlino
vicino a Charlottenburg ritrae un paesaggio reale e ben riconoscibile,
secondo un atteggiamento che sarebbe diventato il tratto caratteristico
del suo stile negli anni a venire (ibid., scheda 2).
Nel 1762 conobbe il barone Adolf Friedrich von Olthof che lo invitò a
risiedere nel suo palazzo a Stralsund. Il giovane pittore lasciò quindi
Berlino nel luglio di quello stesso anno e passò i successivi tre ospite
del barone, per il quale ornò una sala con paesaggi nella casa di
Stralsund (cinque di essi sono ancora in situ, mentre il resto è andato
distrutto) e un ciclo di sei quadri nel castello a Boldevitz nell'isola
di Rügen (grandi dipinti a olio, raffiguranti vedute dell'isola e
paesaggi ideali), dove aveva accompagnato il barone von Olthof nel 1763.
Dal maggio al settembre del 1764 intraprese poi un viaggio in Svezia,
ancora al seguito del barone che lo introdusse alla corte di Stoccolma.
L'H. ebbe così modo di esplorare la vasta area dei laghi attorno alla
città ed eseguire numerosi disegni. Tornato a Stralsund, rimase ancora
nella casa del suo mecenate fino al maggio del 1765, quando partì per
Parigi (dove sarebbe giunto in agosto) insieme con Balthasar Duncker,
nipote del barone e pittore anche lui.
A Parigi l'Hackert entrò subito nella cerchia del pittore e incisore Johann
Georg Wille, con il quale visitò i dintorni della città. Negli anni
successivi realizzò numerosi disegni e quadri a gouache con paesaggi
della Normandia, spesso idealizzati, con vecchie fattorie, contadini e
pescatori, alberi e stagni. Nel 1766 arrivò a Parigi anche il fratello
minore dell'H., Johann Gottlieb (1744-73), che pure aveva frequentato
l'Accademia di belle arti a Berlino e con il quale intraprese viaggi in
Normandia e in Piccardia (1766-67). A Parigi acquisì ben presto
grande fama, trovando committenti anche tra la nobiltà: così il vescovo
di Le Mans, della famiglia del duca di Monaco, Ludovico Andrea Grimaldi,
lo invitò per diversi mesi nella sua villa di campagna presso Ivry, per
eseguire disegni e dipinti.
Alla fine di agosto del 1768 l'Hacker lasciò la Francia: si diresse con il
fratello verso l'Italia, passando per Nîmes, Arles, Marsiglia, Tolone e
Antibes; arrivò a Genova e, dopo aver sostato a Livorno, Pisa e Firenze,
giunse a Roma il 18 dicembre. Qui i due fratelli presero alloggio al
caffè Inglese in piazza di Spagna. Inizialmente l'Hackert si dedicò
soprattutto allo studio della pittura romana e delle antichità, ma già
nella primavera successiva iniziò con il fratello a visitare i dintorni
di Roma: Frascati, Grottaferrata, Marino, Albano, Nemi, Subiaco e
Palestrina; soggiornò quattro mesi a Tivoli, dove dipinse dal vero una
veduta a olio della Cascata grande (Roma, Galleria nazionale d'arte
antica a Palazzo Barberini). Trascorse dunque la maggior parte dell'anno
fuori città, ritraendo in quadri e disegni i paesaggi osservati lungo
quei brevi viaggi: questo procedere divenne programmatico per il
pittore, che usò la propria abitazione a Roma soltanto come punto di
partenza per i suoi numerosi spostamenti e come studio per eseguire i
quadri commissionati dai grand-touristes o da altri committenti,
basandosi sugli studi eseguiti in campagna. Affittò una casa ad Albano,
dove passava regolarmente l'estate, dedicando numerosi disegni alla via
Appia, alla campagna e ai castelli romani. Poté così acquisire una
profonda conoscenza di Roma e dintorni, cui si aggiunse quella di altre
parti d'Italia visitate in occasione di viaggi compiuti durante gli anni
Settanta.
Nella primavera del 1770 l'Hackert partì alla volta di Napoli, raccomandato
all'ambasciatore britannico sir William Hamilton; eseguì numerosi
disegni a Pozzuoli, Sorrento, Vietri sul Mare, Cava dei Tirreni. Nel
1772 il fratello si recò in Inghilterra per vendervi i lavori suoi e
dell'H.; colpito da una malattia, morì a Bath nell'ottobre dell'anno
successivo. Fu allora che si trasferirono a Roma due dei fratelli minori
dell'Hackert: Friedrich Wilhelm (1748-80), pittore di storie e ritrattista,
che seguì Anton Raphael Mengs in Toscana e si stabilì infine a San
Pietroburgo; e Karl Ludwig (1751-98), anch'egli pittore di paesaggio,
che rimase a Roma fino al 1778 per trasferirsi poi in Svizzera, a
Ginevra e a Losanna. Nel 1778, infine, giunse in città l'ultimo dei
fratelli, Georg Abraham (1755-1805), che lavorò come incisore delle
opere dell'H. e rimase con lui fino alla morte.
Nel 1776 l'Hackert si recò in Umbria e nelle Marche, visitando Urbino e
Perugia. In quell'occasione fu anche a Ravenna e Cesena, la città natale
di papa Pio VI; tornato a Roma realizzò un quadro a olio con la veduta
del luogo, oggi conservato nel Museo del Palazzo di Alupka (Russia).
Presentò il dipinto al papa, il quale ne fu molto compiaciuto e regalò
all'H. una scatola d'oro massiccio e sei medaglie d'oro. Tra l'aprile e
il giugno del 1777 intraprese un viaggio in Sicilia con due inglesi, il
costruttore navale Charles Gore, che si dilettava di pittura di
paesaggio ed era diventato intimo amico dell'Hackert, e Richard Payne Knight,
ricco connaisseur interessato all'arte e all'archeologia che aveva
l'intenzione di pubblicare una guida della Sicilia illustrata da Gore e
dallo stesso Hackert. Ritornando a Londra, Payne Knight portò con sé 24
disegni dell'Hackert (Londra, British Museum) e di Gore che avrebbero dovuto
costituire le illustrazioni del suo diario, pubblicato però soltanto da
J.W. Goethe, che lo aggiunse alla biografia dell'Hackert nel 1811, privo però
delle immagini.
Al ritorno da un viaggio intrapreso nel 1778 in compagnia dell'amico
Gore nell'Italia settentrionale (Bologna, Venezia e Milano, fino al lago
Maggiore e a Como), l'Hackert fece visita a Firenze al granduca Pietro
Leopoldo; e, di nuovo a Roma, eseguì quattro dipinti con vedute del
porto di Livorno, li fece incidere in rame dal fratello Georg e li
dedicò al granduca di Toscana. Tre di essi si trovano oggi in collezioni
private, il quarto nella raccolta Georg Schäfer a Schweinfurtt.
Un'edizione completa della serie di incisioni si trova nella Biblioteca
reale di Stoccolma. A Roma, intanto, l'Hackert era riuscito a inserirsi in
importanti circoli culturali della città, soprattutto grazie
all'amicizia stretta con il consigliere Johann Friedrich Reiffenstein,
conosciuto nel febbraio del 1769. Studioso di arte, archeologia e
storia, dopo la morte di Johann Joachim Winckelmann (1768) Reiffenstein
era diventato punto di riferimento e guida per tutti i nobili
viaggiatori provenienti dall'Europa del Nord, e quindi il più richiesto
cicerone per i grand-touristes di alto rango. Molti dei suoi clienti
ordinavano dipinti in ricordo del loro viaggio italiano ai pittori che
facevano parte del suo entourage: tra questi, in primo luogo, l'Hackert, che
realizzò vedute delle località visitate dai committenti d'Oltralpe, e Angelika Kauffmann, specializzata nei ritratti dei viaggiatori.
La collaborazione fra i due fu vista con invidia dagli altri pittori
attivi a Roma. Scriveva Domenico Fiorillo nella sua Geschichte der
zeichnenden Künste inDeutschland und den Vereinigten Niederlanden (Bamberg
1818, III, p. 422) a proposito dell'H.: "fu odiato da tutti gli artisti
a Roma, tranne quelli tedeschi, perché aveva organizzato con la Angelika
e Reiffenstein [?] dei circoli sociali, chiamati dai Francesi Tripotages
e Côteries, nei quali cercarono di coinvolgere tutti gli stranieri, a
partire dai duchi fino ai servi nei loro servizi, collaborarono l'uno
con l'altro e parlarono male di tutti gli artisti che non fecero parte
del loro gruppo. Questi incontri si tenevano nella casa di Reiffenstein".
La collaborazione tra l'Hackert e Reiffenstein fu senz'altro molto fruttuosa
per il pittore tedesco. Fu Reiffenstein a introdurlo presso il generale
russo Ivan ¦uvalov, che ordinò all'inizio dell'anno 1771 per volere di
Caterina II di Russia due quadri sulla battaglia navale di Çe?me nella
quale i Russi avevano vinto i Turchi nel luglio del 1770. Il successo di
questi dipinti ebbe come conseguenza un contratto stipulato tra il
pittore e la zarina, datato 7 ott. 1771 per altri sei quadri, ai quali
seguirono infine altri sei, da finire in due anni: tutta la serie, alla
quale l'Hackert lavorò fino al 1777, si trova ancora oggi nel palazzo Grande
di Petrodvorec. Con questo incarico il pittore divenne noto in tutta
l'Europa. La fama si dovette anche a un clamoroso evento collegato
all'esecuzione del primo quadro: per fornire al pittore il modello di
una imbarcazione in fiamme, l'ammiraglio Alexej Orloff fece esplodere
nel maggio del 1772 una vecchia fregata russa nel porto di Livorno.
Questo straordinario fatto era stato annunciato già mesi prima da
giornali italiani ed esteri e rese immediatamente noto il nome dell'H.
in tutta l'Europa.
A Reiffenstein fu dovuto anche il contatto con l'erede al trono Pavel
Petrovi? Romanov, che visitò Roma con la moglie Maria Fëodorovna dal
novembre del 1781 al marzo successivo. Ma essendo l'anziano consigliere
ammalato, fu l'Hackert a fare loro da cicerone a Tivoli e a Frascati: in
quell'occasione gli fu affidata la commissione per diversi quadri ai
quali il pittore lavorava ancora nel 1786. L'Hackert decise di stabilirsi
definitivamente a Roma, e affittò nel 1772 una casa alla salita di S. Sebastianello, all'angolo di piazza di Spagna; gli
Stati delle anime
della parrocchia di S. Lorenzo in Lucina lo registrano regolarmente da
allora fino al suo trasferimento a Napoli nel 1786, anche se spesso con
una grafia errata del nome.
All'apice della sua carriera romana si deve però senz'altro porre
l'incarico del principe Marcantonio Borghese per una serie di nove
quadri di grande formato, ai quali l'Hackert lavorò dal novembre del 1779
fino alla Pasqua del 1781, per la villa Borghese sul Pincio (oggi in
diverse collezioni private), e che, commentati e ammirati da tutti i
viaggiatori dell'epoca, accrebbero ancora la fama del pittore.
Nella primavera del 1782 l'Hackert intraprese un viaggio a Napoli dove venne
presentato dall'ambasciatore di Caterina II, il conte Cirillo Grigorievi? Rasumovskij, al re Ferdinando IV di Borbone, dal quale
ricevette incarichi per quattro quadri a gouache raffiguranti La
mietitura a San Leucio, Il traghetto sul Sele, Il casino di caccia a
Persano e La reggia di Caserta vista dal belvedere dei cappuccini (tutti
ancora oggi nella reggia di Caserta). Con questa commissione iniziò un
periodo di lavoro per Ferdinando, che costrinse l'Hackert a continui viaggi
da Roma a Napoli. Per il monarca eseguì diversi quadri con episodi di
caccia e, nel 1784, quattro dipinti di grande formato raffiguranti Le
quattro stagioni per il casino di caccia del Fusaro. Le tele, rubate
durante i moti rivoluzionari del 1799, sono andate distrutte. Rimangono
però i bozzetti perfettamente eseguiti: la Primavera si trova oggi in
una collezione privata, l'Autunno nel Wallraf Richartz Museum di
Colonia, l'Estate e l'Inverno al Germanisches Nationalmuseum di
Norimberga. Nel 1786 fu stipulato un contratto nel quale il re nominò
l'Hackert pittore di corte.
Si legge nella Gazzetta universale del 25 apr. 1786: "S. M. [?] ha
chiamato al suo R. Servizio il Sig. Filippo Hackert col titolo di primo
Pittore di Paesi, Cacce, e Marine, con annua pensione di ducati 1200
oltre un bel quartiere in questa Città, e a Caserta. Essendo la
prelodata S. M. intieramente saddisfatta de' quadri che quest'abile
Professore fece fino da 4 anni per adornamento de varj Palazzi Reali, ha
estesa la sua bonità anche al fratello del medesimo Sig. Giorgio Hackert,
dichiarandolo suo primo Incisore nel genere inteso". I fratelli Hackert
abitarono a Napoli nel palazzo Francavilla (oggi Cellamare), mentre a
Caserta ebbero a loro disposizione un'ala del palazzo vecchio.
Cominciò così un periodo fruttuoso per il pittore che seguì il re nei
suoi spostamenti da Napoli alle residenze di Caserta e di Castellammare
di Stabia oppure nelle isole di Capri e d'Ischia. Alla corte di
Ferdinando l'Hackert era anche responsabile dell'educazione artistica dei
figli del re, doveva arredare le residenze di campagna della famiglia
reale, organizzare le feste e persino riparare le lampade a olio
(Goethe, p. 262). Scriveva Goethe (p. 261) che il re, alla vista di
qualcosa che non funzionava a dovere, diceva soltanto "portatelo da Hackert". L'Hackert aveva conosciuto Goethe a Napoli il 28 febbr. 1787; in
giugno intrapresero insieme il viaggio da Napoli a Roma, dove il pittore
si recava per organizzare il trasferimento a corte delle statue della
collezione Farnese, lasciate in eredità a Ferdinando IV e ancora
conservate nel palazzo romano. In quell'occasione trascorse un breve
periodo nell'Urbe e accompagnò Goethe a Tivoli, dove i due disegnarono
insieme. La loro amicizia, documentata da lettere oggi al Goethe-und
Schiller-Archiv a Weimar, durò fino alla morte del pittore, del quale
Goethe pubblicò la biografia, basata sugli appunti stessi dell'amico.
Nel 1788 l'Hackert ricevette dal re la commissione per una serie di dipinti
con i porti del Regno di Napoli. Per eseguire i disegni preparatori si
recò così in Puglia e Campania - Goethe (p. 301) riportava nella
biografia dell'artista che l'Hackert "impiegò per il viaggio che lo portò da
Manfredonia fino a Taranto più di tre mesi" - e nel 1790 in Calabria e
in Sicilia, dove visitò Siracusa, Messina e Palermo. La serie comprende
17 quadri e si trova ancora oggi alla reggia di Caserta; vi sono
raffigurati i porti di Taranto, Brindisi, Manfredonia, Barletta,
Bisceglie, Monopoli, Gallipoli, Trani, Messina e Palermo; ne fa parte
anche uno dei quadri più importanti eseguiti per il re, Il varo della Partenope
(1786), primo vascello costruito a Castellammare di
Stabia.
Ancora nel 1789 fu incaricato da Ferdinando di sovraintendere
all'allestimento decorativo del casino reale di Carditello; per un
salottino eseguì due affreschi con scene agresti, compresi i ritratti
del re e della regina, dei quali si sono tramandati soltanto i bozzetti
(Napoli, Museo nazionale di S. Martino). Nel 1792 iniziò un secondo
ciclo di dipinti a gouache per Ferdinando: Il giardino inglese, la
Veduta di Cava deiTirreni, la Veduta di Ischia e la
Veduta di Capri (Caserta, reggia). In quello stesso anno l'Hackert pubblicò le
Memorie dei
pittori messinesi, scritte in collaborazione con monsignor Gaetano
Grano. Nel 1793 decorò a encausto la sala da bagno del belvedere a San Leucio con affreschi; tra il 1794 e il 1795 furono realizzati numerosi
quadri, tra l'altro con motivi pompeiani.
Nel 1790 intraprese un'escursione al golfo di Gaeta e a Montesarchio;
nel 1791 esplorò i monti del Matese e nel 1792 visitò i monti Aurunci e
il Garigliano. Il 1793 lo vide in viaggio verso nord fino a Isola del
Liri, dove si dedicò a dipingere la grande cascata e il fiume Liri con
le sue cascate ad Anitrella. Nel 1795 intraprese un lungo viaggio in
Basilicata, visitando lungo la strada Eboli, Persano e Auletta. Tutti
questi spostamenti sono documentati da numerosi disegni dell'artista che
annotò scrupolosamente la località raffigurata sul foglio. Nel 1796 fu
costretto a lasciare il suo appartamento nel palazzo vecchio di Caserta
a due anziane zie di Ferdinando IV che si erano rifugiate dalla Francia
in Italia. Il pittore si trasferì allora a Napoli, in una piccola casa
sul Vomero. Trascorse i periodi estivi sugli Appennini, a Monte Forte e
a Monte Vergine, presso i conventi dei benedettini e dei camaldolesi,
disegnando dal vero ed eseguendo quadri raffiguranti il golfo di
Pozzuoli e il giardino inglese di Caserta.
Nel gennaio del 1799 i Francesi entrarono a Napoli. Il 20 marzo l'Hackert
fuggì via mare dalla città insieme con il fratello Georg e il pittore
Johann Heinrich Wilhelm Tischbein. Dopo un viaggio di 13 giorni
arrivarono a Livorno, da dove nel maggio si spostarono a Pisa. Lì
abitarono per un anno e presero infine casa a Firenze. Per
interessamento di Goethe, nel 1803 gli giunse l'incarico del granduca di
Sassonia-Weimar-Eisenach, Carlo Augusto, per due vedute della campagna
toscana e del Tevere a ponte Milvio, conservate fino al 1945 nel
castello di Weimar e oggi disperse. Il pittore continuò a intraprendere
escursioni nei dintorni boscosi di Firenze, soprattutto nel Casentino,
visitando nel 1800 Camaldoli, la Verna e Vallombrosa; numerosi disegni e
dipinti documentano i suoi ultimi viaggi.
Nell'esilio toscano eseguì due serie di incisioni dedicate interamente
ad alberi di tipo diverso. La prima fu pubblicata nel 1801 in francese e
in italiano come Principes pour apprendre à dessiner le paysage d'après
nature ovvero Principj di disegno di paese e presenta alberi con esempi
dettagliati del loro fogliame; la seconda, incisa nel 1801-02, mostra in
otto fogli alberi particolarmente belli dal giardino inglese di Caserta
che, aggiunto al parco barocco della reggia sotto la supervisione del
giardiniere John Andrew Graefer, era stato più volte oggetto di
attenzione da parte dello Hackert.
Nel 1806 l'artista fu colpito da un ictus che gli paralizzò la parte
destra del corpo; ebbe un secondo attacco il 28 apr. 1807. L'Hackert morì il
9 maggio 1807 nella sua casa di San Piero a Careggi, acquistata nel
1803.
Con la sua arte, l'Hackert portò all'apice il genere del vedutismo; le sue
vedute dei paesaggi del Lazio e del Regno di Napoli sono caratterizzate
dalla resa nitida dei dettagli naturali e dalla realistica descrizione
dei luoghi dipinti. Tra gli ultimi rappresentanti dell'epoca
classicista, cadde in oblio quasi subito dopo la sua morte e fu
rivalutato soltanto nella seconda metà del Novecento. A prescindere
dalle opere eseguite per Ferdinando IV tuttora nella reggia di Caserta,
i dipinti dell'H. si trovano in tutti i principali musei delle capitali
d'Europa, in Russia e negli Stati Uniti; dipinti particolarmente
esemplificativi della sua arte sono esposti nei tre Goethe-Museum a
Francoforte sul Meno, Düsseldorf e Weimar.
Fu autore anche di un testo Sull'uso della vernice nella pittura,
Perugia 1788, che ebbe una versione tedesca a cura di Friedrich Ludwig Reischel, pubblicata a Dresda nel 1800.
Claudia Nordhoff - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004) -
treccani.it
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