Busseto (Pr), 3/09/1826 - Cavoretto (To), 15/12/1899
Frequentò l'Accademia di Parma sotto la guida di
Paolo Toschi e dello scenografo Boccaccio. Scontento della mancanza di
uniformità d'indirizzo nell'insegnamento che gli veniva impartito,
lasciò questi maestri e si mise a lavorare da solo come litografo.
Eseguì una riuscita raccolta di vedute dei Castelli del Parmense e del
Piacentino. Dopo aver partecipato alla prima guerra d'Indipendenza, si
recò a Parigi e si allogò nello studio di Eugenio Ciceri, litografo
rinomato. Nel 1853 si fece notare nel Salone per una litografia, Le
Soir. Nel 1855 ottenne di poter seguire una missione diplomatica
francese, e con quella viaggiò per oltre un anno in Persia, in Turchia,
in Arabia, studiando quel caratteristico ambiente ed accumulando
impressioni che non si dovevano più cancellare dalla sua mente. Le sue
tele, esposte specialmente al Salone di Parigi, ottennero grande
successo, e furono ricercatissime. Egli venne salutato uno dei migliori
pittori orientalisti. Viaggiò anche in Grecia, e percorse la Spagna col
pittore Gérome. Poi le bellezze di Venezia lo attrassero, ed egli vi si
recò parecchie volte, sempre riportandone impressioni che seppe fissare
nei suoi quadri con colorito efficace e rara armonia. Dopo i rovesci
politici francesi del '70, fissò la sua dimora in Cavoretto, e quivi
instancabilmente dipinse fino agli ultimi anni, tanto che nel 1897 alla
seconda Internazionale Veneziana apparve un suo quadro di soggetto
orientale, Sosta di cavalieri siriaci.
Lunga sarebbe l'elencazione delle sue opere; basti
dire che in una mostra retrospettiva tenutasi a Venezia nel 1909
figurarono 101 suoi studi ed abbozzi. Si citano, fra i quadri più noti:
Attacco di Drusi ad un villaggio moronita; Mercato di
Costantinopoli; La tappa della carovana, nel Museo di Parma;
Porta di un bazar, nella Galleria d'Arte Moderna di Roma, dove pure
trovasi Canal Grande, esposto a Milano nel 1881; La
passeggiata delle odalische; La scorta dei Pascià; Venezia dalla
Giudecca; Palazzi Rezzonico, Foscari e Balbi; Porta della Sala delle Due
Sorelle; Rio San Severo; Rio a Santa Formosa; Palazzo Grimami; Panorama
della Sierra Nevada; Porta di una moschea e palazzo del Generaliffe;
Moschea dell'Alhambra; Cavalli al pascolo in Siria; Un'arcata della
facciata di San Marco; Gruppo di cavalieri irregolari alla porta di una
moschea; Porta del palazzo Mariani; Cortile dei Leoni a Granada; Mercato
turco; La staffetta, esposto a Busseto nel 1926, appartenente al
signor Ferdinando Colonna di Torino; Via che conduce al Bosforo; Un
angolo di giardino nell'harem e San Giorgio Maggiore,
tutti e tre nella raccolta del signor Vittorio Artom di Torino;
Sosta di una carovana in Persia, proprietà del signor Angelo
Sommaruga di Parigi; Il Corno d'Oro, nella raccolta del
Delleani di Carignano; Caffè Greco di Roma, nella raccolta del
conte De Minerbi di Stresa; Il corriere del deserto; Il Nilo; Caccia
al falco; Tramonto di sole e Interno del maniero di Issogne:
tutti nel Museo Civico di Torino; Angolo di cortile in Oriente;
Chiosco persiano a Costantinopoli; Bazar a Costantinopoli; Sosta di una
carovana in Persia, tutti nella Galleria d'Arte Moderna di Milano.
(A. M. Comanducci)
Nacque da Giuseppe, commissario distrettuale, e da Adelaide Crotti
Balestra. A due anni perse il padre, morto improvvisamente, e venne
portato a Parma poiché alla madre non rimase altro che ritirarsi con i
figli nella città d'origine, sotto la protezione della propria famiglia
e dello zio, Antonio Pasini, emerito pittore e collaboratore di Bodoni.
Affermando la propria vocazione, il Pasini, diciassettenne, si iscrisse
all'Accademia Parmense di Belle Arti di Parma. Scelse la sezione di
"Paesaggio", inserita in "Scenografia", e, nel 1848, quella di
"Disegno". Gli studi, anche se non conclusi, influenzarono la sua
formazione artistica e gli fornirono strumenti che risultarono
determinanti per la sua peculiare impostazione pittorica e per la
stesura grafica. Iniziò gli studi con il pittore Alusino e con lo
scenografo G. Magnani, e fu poi indirizzato alla litografia dal
direttore dell?istituto, l'incisore P. Toschi. Scontento della scuola
(che gli si rivelò priva di un preciso indirizzo) e insieme costretto da
necessità finanziarie, l'abbandonò e si dedicò da solo alla litografia
compilando la serie di 31 vedute Castelli del ducato parmense
(1850-1851), in cui aleggia una pacata atmosfera romantico-borghese.
Dopo aver preso parte alla prima guerra d?indipendenza come milite nella
colonna di Modena (1849), si trattenne per breve tempo a Torino. Nel
1851 fu a Ginevra e successivamente a Parigi, dove fu indirizzato dal
Toschi allo studio di Henriquel Dupont, che lo presentò al celebre
acquarellista e incisore Eugene Ciceri. Nel 1853, nel pieno di questo
fecondo periodo presso l'atelier Ciceri, inviò al Salon d'Automne la
litografia Le soir, tratta da uno studio dal vero, che segnò il
suo vero esordio, coronato da un discreto successo. Frattanto, in quei
tre anni, non solo proseguì gli studi sulla tecnica litografica ma si
dedicò anche alla pittura raggiungendo i risultati forse più lucidi e
genuini nei paesaggi della Senna e di Fontainebleau, dopo lo studio
appassionato del gruppo del '30, la sua operosità a Barbizon e la
conoscenza di Théodore Rousseau e del Daubigny.
S'interessò frattanto al linguaggio di Eugène Fromentin, da cui fu
vivamente influenzato. Il Fromentin fu un pittore orientalista che in
Turchia era stato davvero, non uno dei tanti orientalistes en chambre,
come furono ironicamente definiti, che dipingevano cupole e minareti
sulla scorta iconografica dei libri di viaggi ma che in Oriente non si
erano mai recati. Il fascino che l'Oriente esercitò sull?Europa del
Settecento e del primo Ottocento superò il campo propriamente artistico
e letterario, essendo quasi diventato una moda, un'aspirazione diffusa.
Con il 1854 il Pasini passò nello studio di Théodore Chassériau che
massimamente valorizzò in lui la propensione per la pittura ad olio e lo
iniziò all'orientalismo. Alla vigilia di arricchire la schiera dei
mestieranti che si dedicavano, senza ispirazione, agli avventurosi temi
esotici, quando già la passione romantica per l'Oriente l'aveva rapito,
il Pasini ottenne nel marzo 1855, per intervento di Chassériau, di
essere aggregato come disegnatore alla missione diplomatica che, agli
ordini del ministro Prospero Bourée, si recò in Persia, Turchia, Siria,
Arabia ed Egitto. Fu il momento determinante della sua formazione
artistica perché con le opere che trasse da quel viaggio (una sessantina
di studi e molti interessanti disegni), con le impressioni che
immagazzinò, copiose e tenaci nella mente, oltre la suggestione
letteraria e di maniera, iniziò la sua fortuna di massimo esponente del
genere verista di stampo esotico, soprattutto in Francia (ottenne
innumerevoli premi al Salon) e in Italia, dove l'interesse per questi
temi fu più tardo sia a nascere che a morire, estinguendosi solamente a
fine del XIX secolo.
Il Pasini passò di successo in successo, e gli album-ricordo della
rivista "L'arte in Italia" riprodussero con frequenza le sue impressioni
visive di alto reportage, espresse con un verismo otticamente
lucidissimo, diffondendosi in critiche lusinghiere. Lo Scià stesso lo
apprezzò e gli commissionò numerose opere, mentre alle mostre della
Promotrice torinese, di cui divenne assiduo espositore, fu ricercato e
stimato per le scene orientali (paesaggi, aggruppamenti di figure,
costumi, bazar animati, cacce, carovane nel deserto assolato o tra le
gole dei monti) mentre quasi nessuno si accorse dei paesaggi, come
Le rive della Senna, o le vedute della Costa Azzurra, del
periodo parigino. Nel 1860 intraprese un nuovo viaggio, questa volto
autonomo, che lo vide al Cairo, nel Sinai, in Palestina, a Gerusalemme,
nel Libano fino ad Atene. Al ritorno sposò Mariannina Celi di Borgo Taro
e dalla loro unione nacque Claire (a Parigi, dove ormai il Pasini
risiedeva). Gli anni sessanta furono anni di intensissimo lavoro, che
videro progressive affermazioni ai salons. Riconoscimenti convalidati
dalla critica di Pelloquet, Cantaloube, Du Camp, Duval, Merson e Th.
Gautier, che sui principali giornali parigini evidenziarono la resa di
un Oriente personale, reso oggettivamente e con particolare padronanza
nella stesura del colore. Invitato dal Bourée a un nuovo viaggio, nel
1868, a Costantinopoli e in Grecia, continuò poi per anni a viaggiare,
sia nel Medio Oriente che in Europa: nel 1869, infatti, si recò con il
Gérôme in Spagna e in Belgio, l'anno successivo fu a Torino e dal 1871
si stabilì definitivamente in un piccolo centro della collina,
Cavoretto, pur con frequenti puntate a Parigi e compiendo altri viaggi.
L?emozione dell'incontro con Istanbul nel 1868 fu grandissima e operò in
lui una scelta ben consapevole verso una resa di quel vero che aveva già
perseguito negli anni Cinquanta, ma che ora usciva dai limiti del
paesaggismo per farsi comprensione di un?intera società nelle sue
molteplici e svariate componenti e nell'accettazione della sua
diversità. Libero, come era sempre stato, da condizionamenti ideologici
e politici, il Pasini perseguì un fedele reportage goduto nella sua
essenzialità pittorica attraverso il colore. Nel 1873 il Pasini si recò
nuovamente in Turchia: meta Brussa, una città ancor più caratterizzata
dalla policromia islamica. La messe di studi, la loro elaborazione, il
favore del mercato francese, l'importanza della Casa Goupil che lo
annoverò tra i suoi pittori dalla fine degli anni sessanta, lo portarono
in occasione dell'Exposition Universelle parigina del 1878 al massimo
della sua affermazione pubblica sia francese che italiana. La sua
personale si compose di undici quadri, tra i quali si ricordano una
Caccia al falco, Passeggiata nel giardino dell?harem, Incontro di Capi
Metualis, Porta Nord della Moschea Yeni Djami. In quell'occasione
lo apprezzarono critici come Bergerat, Blanc, Cherbuliez, Claretie,
Lamarre e Roux, Lefort, Lemonnier, Leroi e Ménard, cui facevano ormai
eco, anche in Italia, voci più plaudenti che per il passato, quali
Burraschino, Giacosa, Camerana, Netti e Maugeri. Seguirono anni di
continuo e coscienzioso lavoro, ormai precipuamente rivolto all'Oriente
turco, fino al 1876, anno nel quale iniziò la raffigurazione di Venezia.
La città, a lui carissima, allietò la sua attività fino al 1885, solo
interrotta da due brevissimi viaggi in Spagna, uno nel 1879 e uno nel
1883. Continuò ad alimentare, nelle sue opere, il ricordo delle terre
conosciute lavorando sino all'ultimo e concludendo paradossalmente la
sua vita, a parte qualche prezioso studio dal vero colto in momenti di
quiete, come Cavoretto (1879, Torino, Galleria d?Arte moderna),
da orientaliste en chambre. Ciò nonostante le opere esposte in una
personale ordinata alla Promotrice nel 1880 (Cavalli al pascolo in
Siria, Gruppo di cavalieri alla porta di una moschea, Yescil Giami,
Cortile dei Leoni a Granada) lo portarono al maggior successo che
un artista potesse ottenere da vivo.
Il critico F. Fontana gli riconobbe il merito di "infondere tanta vita,
tanta robustezza, tanto carattere alle sue tele, pur dipingendole con
quella minuteria di tocchi capuccinesca, sul pendio della quale
tutt'altri si lascerebbe sdrucciolare al leccato". Più cauta, nei
confronti del Pasini, fu la critica successiva, che riconobbe talvolta,
soprattutto nelle vaste tele, dove il Pasini è più cronista che poeta, e
quando la formulazione delle masse è compromessa o l?impasto del colore
meno solido e pittoresco, uno scadere del suo verismo di base nei
termini dell'obiettività monotona, con connotazioni innegabilmente
kitsch, ma solo perché l'orientalismo pasiniano costituisce il marchio
di un'epoca storicamente ben definita. Tuttavia l'efficacia espressiva
del disegno esattissimo, il felice equilibrio compositivo, i valori
cromatici e la curiosità del soggetto che cede spesso a favore di
interessi più esclusivamente pittorici, riscattano quasi sempre il
Pasini dalla tentazione del fotografico, cui fu peraltro indotto dalla
natura della sua visione statica e oggettiva. Tra le opere non di
soggetto orientale dell'ultimo periodo, particolarmente piacevoli sono
quelle dipinte a Venezia, impostate su una tavolozza fremente di ombre
grigie, nonché quelle destinate a illustrare i monumenti storici del
Piemonte, resi fedelmente nonostante l'ariosità dell'impianto:
Veduta di Moncalieri, 1892, Interno del maniero di Issogne,
1849, e Venezia, 1881 (Torino, Galleria d?Arte moderna),
Rio Santa Maria Formosa, 1898. Dei dipinti più rappresentativi si
ricordano: Carovana che si prepara alla partenza e Rovine classiche
nel deserto (Parma, Pinacoteca Nazionale), Pattuglia di
cavalieri persiani (Parma, Pinacoteca Stuard), Una carovana nel
deserto (Firenze, Galleria d?Arte moderna), Porta di un bazar
e Canal Grande (Roma, Galleria Nazionale d?Arte moderna),
Bazar a Costantinopoli e Sosta di una carovana in Persia
(Milano, Galleria d?Arte moderna), Caccia al falco nei dintorni del
lago di Urmiah, Il corriere del deserto, Il Nilo,
Costantinopoli, L?Alambra a Granada (Torino, Galleria d?Arte
moderna), Davanti al palazzo (Philadelphia, Pennsylvania
Academy of Arts).
Dopo la litografia il Pasini tentò anche, con successo, l?acquaforte
(pregevole è Abbrutimento, ricordo di Costantinopoli).
L'attività del Pasini come litografo e acquafortista non è mai stata
oggetto di monografie specialistiche. Nel 1909 fu allestita una mostra
postuma della sua opera a Venezia, dove figurarono ben centouno tra
bozzetti e studi. Numerose opere del Pasini figurano nei musei di
Amsterdam, Marsiglia, Milano, Montreal, Mulhouse, Nantes, Parigi, Parma,
Prato, Reims, Roma, Rouen, Sidney e Torino. Le sue opere, vendute in
ogni parte del mondo, gli assicurarono la celebrità e gli procurarono
varie onorificenze. A Parigi fu decorato della Medaglia d?Onore per la
pittura, lo Scià di Persia gli conferì il titolo di ufficiale del Leone
e del Sole, il Gran Sultano di Costantinopoli quello di ufficiale
dell?Ordine del Medjidée, Napoleone III lo decorò della Legion d?Onore
(1878) e il Re d?Italia dell?ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.
Dizionario biografico Palletti-Pazzoni
- Istituto Biblioteche Comune di Parma (comune.parma.it)
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