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(Fonte : Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova - 1821)
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VENERE VINCITRICE
Statua in marmo
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Di tre guise fu riputato essere le forze, che
signoreggiano le cose tutte del mondo: forza di mano, forza
d'ingegno, forza di bellezza. Però la forza cede
all'ingegno, e l'ingegno e la forza devono, vaglia il vero,
cedere alla bellezza, siccome a quella, che per la via
dell'affetto vince ogni cuore. E forse i Greci miravano a
questa idea nelle simboliche Divinità di Giunone, di Pallade,
e di Venere, le quali per la gran lite al pastorello in Ida
si presentarono. Il pomo fu dato a Venere, che perciò s'ebbe
il nome di vincitrice, e l'autore volendo rappresentarla in
tutta la compiacenza del suo trionfo, cercò nella sua
memoria e nella sua immaginazione ogni idea di avvenenza,
per largamente versarla sopra questo suo diletto lavoro. E
siccome la più vantaggiosa, e insieme la più voluttuosa
altitudine, è quella del riposo, così egli collocolla
sdrajata sopra uno di quei letti, che la volubile moda
dall'antica Grecia ci riconduce.
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Il busto della vaga persona sta rialzato, e sostenuto nel
lato diritto da morbidi origlieri, sopra de' quali con
bell'agio si appoggia la metà superiore del braccio, mentre
l'inferiore, cui stringe un'armilla, si ripiega verso il
capo per far si che la mano gli serva di sostegno. Il
sinistro bracciò è steso lungo l'anca, e la mano alquanto
ripiegata tiene con graziosa movenza l'ottenuto Pomo, sopra
del quale pare che la Diva arresti con compiacenza lo
sguardo. Questa aggraziata attitudine lascia ammirare un
così dolce, e molle rientramento del fianco sinistro, ch'è
altrettanto piacevole a vedersi, quanto è difficile a
scolpirsi. Attentamente osservandola, diresti quasi
accorgerti del suo respirare. Illusione felice! figlia di
quel commovimento dalla sua vista prodotto, per cui
(facendosi il tuo proprio respiro più dell'usato caldo, e
frequente) non più di contemplare un freddo marmo t'avvisi
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