Pillole d'Arte

 
   

 
(Fonte : Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova - 1821)

Le Grazie

Gruppo in marmo


Talía, Aglaja, ed Eufrosine sono i nomi delle tre Grazie, che Canova ci rappresenta aggruppate in modo diverso da quello, che gli antichi monumenti ci mostrano. Favellare della loro attitudine, quando è impossibile descrivere la bellezza, e la grazia dei loro corpi, delle loro braccia, dei volti loro, e sopra tutto di quell'amoroso abbracciarsi, è fare il massimo torto a questa felice composizione. Pure, seguendo il mio difficile proposto, che però ad altro non mira, che a risvegliare maggiormente nell'animo di chi non conosce le opere dell'unico Canora, la bramosia di vederle, dirò il poco, che dire io possa in argomento si fecondo per gli occhi. E' pare che se le amabili figlie di Giove, le sorridenti Grazie, invocate dal nostro scultore s'offersero mai sempre alla sua immaginazione, e guidarono il suo scarpello, ben maggiormente l abbiano fatto questa volta, che di loro medesime si trattava.

Divinità sono queste, a cui eressero i migliori e più culti popoli altari. Divinità, senza il cui sorriso indarno osa l'uomo pretendere a chiara immortalità, meta pur da' migliori sospirata; Divinità a cui la Grecia eresse per ogni dove Tempj magnifici, e simulacri per opera di que' sommi, il cui valore levò a tanta altezza di gloria quella classica terra. E in fatti scriveva il dolcissimo de' poeti Francesi, Giovanni Bacine, la grazia essere più bella della bellezza; giacchè parmi indubitabile, altro non essere la grazia, che una bellezza dolcemente animata, o vero un dolce, e gentile movimento della bellezza medesima, siccome la definì il celebre Lessing, che in fatto di belle arti parmi abbia sentito molto avanti, ed abbia saputo dar nome a molte nostre sensazioni. Né in vero saprei persuadermi, né grazia potervi essere al tutto senza bellezza nè bellezza spoglia di grazia: quella forse diletta più, questa ci tocca meglio; e se quella colpisce davantaggio la fantasia, questa muove più dolcemente il cuore. Ad ogni modo, ciascheduna per se hanno di loro essenza unità, e varietà; quindi il numero delle Grazie presso gli antichi si alterò bene spesso, i nomi se ne cangiarono, al loro culto, ora in quella contrada, ed ora in questa, ottenne maggiore copia d'incensi, ma la Divinità delle Grazie restò sempre riverita, e da tutti invocata.

Giuseppina, il cui nome solo valeva, anche senza il trono, sopra cui era salita, un elogio, Giuseppina, modello d'ogni amabilità, che seppe riunire a suo favore i suffragi della discorde Europa, e che a malgrado della sua perigliosa attinenza rispinse sempre da se i raggi di quella grande meteora, che circondavala, per non risplendere che della propria mite, serena, e dolcissima luce, questa donna, io diceva, grata a quelle Divinità che al suo nascere la accolsero, la educarono, e le furono compagne sino agli ultimi difficili momenti della sua vita, onde ha potuto meritare le lagrime del grande Alessandro, ne commise a Canova il simulacro. Egli ce le rappresenta ignude , siccome a' tempi migliori dell'arte nella Grecia. Se non che i lembi d'un velo sostenuto nel mezzo del braccio, e della mano di Talìa, sembrano scherzosamente mossi da un'aura leggera, e dalla mano stessa del Pudore guidati. Queste vezzose giovinette s'abbracciano scambievolmente, e pare che la gioja, che hanno nell'animi, si spanda dolcemente sopra la loro fisonomia; ed oh! quanto è mai bello il vedere le tondeggianti freschissime loro braccia, stringere dolcemente corpi si snelli, e floridi, e le morbide mani, Ove ne vena appar, nè nodo eccede, quale posarsi sopra il molle dorso, quale sopra la spalla, e qual'altra giungere, carezzevolmente attraversando il collo, sino alla guancia della sua amabile compagna!

Tali (che più avvenenti non può per avventura l'immaginazione raffigurarle) saranno certamente a' Greci comparse queste divine figlie di Giove, la prima volta, che dall'idea astratta della grazia avrà un felice ingegno immaginato di darne un'immagine concreta, scolpendole, e dipingendole, da che essi n'ebbero tanta e sì alta venerazione, e loro attribuirono la sopravvegghianza a tutto ciò, che bello e celeste dono de' Numi, gentilezza, beneficenza, eloquenza, ed amore può veracemente denominarsi. Dovendo lo scultore cercare al suo marmo un appoggio, ed insieme occultarlo il più che fosse possibile, vi collocò dietro un altare, che troppo picciolo all'uopo sarebbe, se non venisse con molta industria rialzato da tre corone di fiori, che a malgrado la leggerezza del loro aspetto, giovano mirabilmente a sostenerlo. Quanto non è mai leggiadro il pensiero di far sostenere col mezzo de' fiori le Grazie!

In questo Gruppo lo Scultore all'ingegno di Fidia riunir seppe quello d'Anacreonte. Oh! Canova, se l'esempio seguendo de' Greci tuoi maggiori innalzerai (ciò, che brama ognuno) la tua statua, e vorrai pure collocarla presso qualche Divinità, siccome era loro costume, non ti scostare dalle Grazie, a cui ti lega corrispondenza d'affetti; poiché, se a te crescono onore nell'averle si mirabilmente scolpite; dalla tua mano scolpite, esse appajono ancora più belle.