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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte, 1925-26)
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ODOARDO BORRANI
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La stessa elegante ingenuità della Conversazione in
terrazza (pag. 662) è nelle Camicie rosse (pag. 667);
ove ricorre, senza incrudimenti, l'impianto luminoso cui
accennammo or è poco, che anche una volta gli aveva servito
nel quadro della bandiera : Il 26 Aprile 1859 a Firenze.
Dal largo sfondo della finestra, la luce dilagando spruzzola
sui capelli, corre a ruscelli sui contorni, e scivola a
lambire il rosso garibaldino. Soltanto il Lega, nella
Signora in attesa, doveva così intrepidamente mettere in
primo, piano una massa solida e morta come questo schienale
di poltrona; ma la scena è troppo convincente perchè si sia
disturbati da siffatto ingombro. Tutto è odioso; e, al tempo
stesso, amorevole e suasivo come nella vecchia e santa vita
famigliare. Le stampe alle pareti, la conchiglia sul
mobiluccio, la freccia che regge la tenda: parrebbe assurda
l'unità di visione, in tanto formicolio di particolari; e,
invece, è ottenuta d'incanto, come in un primitivo che
appena abbia aggiunto, per crescere intensità alle figure,
l'espediente del controluce. O si osservi, nel
Bersagliere (pag. 668), quell'indifferenza a collocarlo,
nero, tozzo e rattrappito, sotto il fuoco della critica più
agevole. Ma che preziosa alternazione di toni nel soldato
morto: l'azzurro dei calzoni, il bianco scamosciato della
giubba con le mostrine albicocca, l'avana-chiaro dello zaino
sul riscontro giallastro del terreno grasso! E quale scorcio
di pianura un po' infreddolita lì davanti alla sentinella in
fazione; e, su tutto, un cielo che pare imprestato dal più
nitido quattrocento a un mattino dell'indipendenza italiana!
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Borrani
s'esercitò in una serie di ritratti, su modelli la più parte
famigliari; ma si può dire che anche molti "soggetti di
genere" da lui son trattati nello spirito del ritratto.
Concentrandosi su una figura, questo spirito, naturalmente,
si fa più minuzioso. La instancabile 'Precisione
dell'artista contribuisce ad attirarlo verso il particolare;
benchè ogni volta l'opera si raccolga nell'armonia di pochi
toni: nero e giallo pallido, nel
Ragazzo (pag. 669); bianco e azzurro, nella Nipote
(pag. 671); nero e giallo, nel Ritratto della seconda
moglie. In altre parole, dentro un rapporto coloristico
assai largo e sobrio, si moltiplicano i commenti
disegnativi. Il fondo neoclassico e poi « ingresiano » della
pittura toscana da cui, come il Fattori e come il Lega, il
Borrani era partito, rifiorisce anche sul tardi; e di sotto
a caratterizzazioni stillanti di sensualità e di spirito,
come quella della Nipote, Altre volte, e così fu
notato del Fattori, il ritratto sembra porgergli una
occasione sperimentale. L'artista si scosta da modi in lui
più frequenti; e abbiamo la siluetta quasi spagnoleggiante
della Prima moglie (pagina 670); o, su un piano
diverso, la
Bambina col cappello rosso (pag. 672) e la Testa di
bambina della raccolta Checcucci; o il
Ritratto del nipote Gino, passato alla raccolta Visconti
da quella di Rodolfo Panichi. Dipinti magari più mossi,
imprevisti, briosi: dai quali, tuttavia, il Borrani non
sarebbe rappresentato in maniera conclusiva. Il Lega
d'intorno l'80 e il Signorini, in codesto ordine, hanno da
spendere altre risorse; benchè la Bambina col cappello
rosso sostenga a bastanza bene i confronti.
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La questione è che, senza una opportunità di grazie
calligrafiche, senza un fiorire di definizioni e
sottolineamenti nei quali non sai s'è più mirabile la
maestria o l'affetto, Borrani, specie nei ritratti, non è
completamente Borrani; allo stesso modo che certa lirica
petrarchista sarebbe inconcepibile, spoglia del musicale
ornamento di talune cadenze e perlature. E credo non si vada
errati considerando il Ritratto della figliuola (pag.
673) come il capolavoro ritrattistico dell'artista; chè
il ritratto della Monaca, nello stesso periodo, è
troppo tenuto all'identità fotografica. A forza di
stringersi sul vero, l'arabesco vi s'è immedesimato, senza
ca pacità di rinascere più fervido ed eloquente. E si faccia
pure la tara, nel ritratto della figlia, a un certo eccesso
dell'arrangement, a una ricerca di troppi passaggi e
modulazioni sulle varie densità e toni de' vestiti, de'
nastri, delle trine, della tenda, del ventaglio e delle
carni. Si tenga pure il broncio alla maliziosa ragazzina
che, mezzo nascosta sotto il gran ciuffo di capelli, si
sente un po' stretta nell'abituccio di gala che non ha
saputo crescer con lei; mentre la sua femminilità già
s'attesta nelle belle mani popolane, pratiche di cucito e di
faccende. Quando si sono espresse tutte le riserve e prese
tutte le precauzioni, il ritratto resta fra i migliori della
seconda metà del nostro Ottocento, che pur ne vide nascere
di egregi. E ci rimarrebbe a dir qualcosa delle prospettive
di chiese, conventi, ecc., e delle illustrazioni di
monumenti fiorentini nella serie delle Sei Porte;
prima di chiudere il repertorio della parte più variata
dell'opera del Borrani; e soffermarci, in fine, su un gruppo
di paesaggi che contiene la quintessenza di tutta la sua
produzione. Notiamo, brevemente, che dalla «pittura storica»
del Bezzuoli, del Pollastrini, del Ciseri e del Sanesi,
l'orgoglio delle memorie civiche, il sentimento
dell'antichità comunale, si nobilitano nell"Abbati, Borrani,
ecc., un po' come quando, dai libri del d'Azeglio e del
Guerrazzi, si passa al « Comune rustico » o alla « messa
cantata » del Carducci.
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Un
contenuto romantizzato alla buona s'esalta in lirica vera.
Si potrebbe ordinare una piccola galleria d'opere di questo
tipo; cominciando da quei melanconici Interni dello
Spedale del Ceppo di Antonio Puccinelli, e dal maestoso
Chiostro e dai cimiteri dell'Abbati; giù al Borrani e
minori. Certo è che il Borrani trattò questo genere con
disposizione un po' documentaria, aneddotica e dialettale,
che scema il pregio dell'arte; e si vede, per es.,
confrontando lo studio per la
Porta a San Frediano (pag. 675) alla redazione
definitiva che, di questa porta e delle altre, egli dette
per conto, credo, del governo toscano. La donna con lo
scialle, in mezzo alla via, s'è trasformata in una
borghesuccia con le maniche a pallone e l'ombrellino; i
braccianti hanno lasciato posto alla servetta in grembiule
di bucato che spettegola con tal de' tali: il vivace
chiaroscuro delle parti architettoniche s'è smorzato, a dar
risalto alle accidentalità della pietra e alle macchie, e
gli spacchi de' muri, in altre tele « monumentali »: «
interni » di chiese, del Bargello. ecc., c'è meno
fotografismo e più pittura e poesia; ma riconosciamo pure
che il Borrani non vi raggiunge l'austerità e il senso
d'arcano dell'Abbati: nè il luminoso raccoglimento degli
orti monacali del Puccinelli.
La sua primavera fiorisce, s'è detto, in un ciclo di
paesaggi che si può chiudere coi Renaioli (pag.
677)
della Galleria fiorentina d'Arte Moderna: e ha i suoi
mattini più vividi nella Raccolta del grano
sull'Appennino ( pag. 664), nel Mugnone presso il
Parterre (pag. 676), nel Paese (pag. 678) e nei
due
Castiglioncello (pag. 679). |
La sommarietà e la luce della Raccolta del grano,
dove anche son più chiari ricordi quattrocenteschi: la
romantica ed estasiata placidezza del Mugnone presso il
Parter; nel Paese, un silenzio solare squadrato
in grandi masse di muraglie e di cielo, e quasi in sordina
commentato dal fitto chiaccherio dell'orticello; gli smalti
delle due marine, racchiusa l'una, cupa come lapislazzuli,
in un cerchio di arse tamerici, d'erbe saline e bianchi
massi, porosi come le ossa che calcinano al solleone; lieve
l'altra e alitante fra il verde umido e fosco e l'aerea
linea de' monti, ci trasportano in un clima pittorico che
sta a quello delle opere fin qui osservate, come a una
giornata piovosa o coperta una giornata bella. Il sole c'era
sempre, e schiarava quelle terre e le piante e gli uomini
intesi a' loro lavori; c'era, ma dietro a un velo; e quando
un istante cotesto velo si solleva, il mondo è folgorato di
allegrezza. Un'allegrezza, nel Borrani, sospesa e ferma in
un che d'incantato, d'assorto e quasi freddo; come le note
acutissime dei suoi colori sembrar risolvere in un accordo
argenteo, ch'è il timbro dominante di queste pitture. La cui
scansione (a così dire) quasi mai rivela, come in altre,
vicine ad esse, e d'altronde stupende, un ritmo mosso, o
nettamente articolato. La tessitura dei due
Castiglioncello è serrata, da parere inappercepibile; e,
tuttavia, intimamente satura di vibrazione. |
E se, in episodi pur tra i più felici dell'arte del Borrani,
per es. nel già rammentato
Bersagliere (pagina 668), talvolta, come osservava il
Cecioni, le tinte risultano un po' " intere e vuote ", forse
pel troppo impasto di biacca; in questi paesaggi, la
filigrana si intreccia di colori cristallizzati
nell'integrità essenziale, e s'incastona di smalti perlacei,
s'igioiella di pagliuzze e pepiti di mirifica lucentezza. Il
vero non potrebbe esser colto con più rigore, nè più
misteriosamente trasfigurato e rarefatto. Nè occorrono i
capillari e fastidiosi sussidi interni del disegno, di
quando il Borrani si sente indebolito nella luce e nel
colore; o di quando lavora d'intenzione, come nei
Renaioli (1880): di prim'ordine, in tutta la parte di
sfondo, ma già, nelle altre, corrosi da quel bisogno
d'incidere i contorni, da quel gusto frastagliato, che, con
la sua coscienziosità egli svolse alla perfezione d'uno
strano e quanto mai personale accademismo.
La volgare obiezione circa la ristrettezza delle
superfici su cui, come altri " macchiaioli ", egli avrebbe
ottenuto i resultati migliori, non ha peso presso quelli cui
son famigliari la
Raccolta del grano, i
Castiglioncello, ecc., di dimensione ragionevole. Resta,
comunque, da stupirsi che l'artista capace di tali gemme i
capolavori e di opere d'un grado poco più scarso, quali la
Conversazione, Le camicie rosse, la Nipote,
il Ritratto della figlia, etc., non si sia più spesso
alzato ad una produzione altrettanto piena; e, in certo
modo, abbia inclinato all'eclettismo. Nessuno, certo, fra i
« macchiaioli » sembrò dimenticare, come lui, la bella
pittura di tono; per rifarsi, come s'è visto, a posizioni,
chiaroscurali e disegnative, ambigue, compromesse e
pericolanti: nelle quali egli pur si riafferra e, non meno
dell'industria fertilissima, riafferma il costante candore
dell'ispirazione. Non saprei in quale altra carriera
d'artista si noterebbero scarti come fra il nitore
lenticolare di questi paesaggi e il soffuso e ombroso
secentismo, per es. della Monaca che veglia, della
raccolta di S. E. Caviglia. A parte quanto, nella speciale
natura del Borrani, contribuiva a distoglierlo da una più
organica unità di stile; a parte le condizioni d'una vita,
come quelle dei più fra i « macchiaioli », difficile e
accaneggiata; si tenga sempre presente che, dalla civiltà in
cui si trovò ad operare, anch'egli poteva soltanto essere
aiutato a perdersi e non a salvarsi. Così il libro della
Franchi, con il riserbo doveroso verso l'artista ancor vivo,
lascia intravedere un crepuscolo in ogni senso desolato. E
anche più tetre sono altre testimonianze, sugli anni estremi
del Borrani; scorato e ridotto all'ozio, nella appena
decente miseria d'un casone popolare verso San Gallo. In
ogni modo, egli aveva detto la sua parola. Ci siamo sforzati
d'interpretada, senza enfatiche indiscrezioni postume. E
siamo sicuri che, quanto più ingiustamente fu negletta, più
le arriderà l'amica attenzione del tempo.
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EMILIO CECCHI
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BIBLIOGRAFIA. - A. CECCONI (T. Neal),
Prefazione a XXXV Opere di G. Fattori della raccolta
G. Malesci, Firenze, 1914. - ADRIANO CECIONI,
Scritti e ricordi, Firenze,
Tip. Domenicana, 1905. — ANNA FRANCHI,
Arte e Artisti Toscani,
Firenze, Fratelli Alinari, 1902. - TELEMACO SIGNORINI,
Caricaturisti e Caricaturati, etc., Firenze, G. Civelli,
1893.
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