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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte, 1929-30)
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UN ANNO DI MOSTRE DEI SINDACATI REGIONALI
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Napoli. - Lo stesso si può dire di
Napoli, ove Pietro
Barillà segretario del Sindacato Napoletano ha
ordinatamente esposto nel medesimo periodo circa trecento
opere nei locali di un nuovo edificio scolastico a
Posillippo, raccogliendovi sia gli artisti già più esperti e
noti come Volpe, Irolli, Casciaro, Scorzelli, Viti,
Balestrieri, Galante, De Corsi, Villani, Fabbricatore,
Ciardo, e dando alla scultura di Gatto e di Veroli e De Val
tutta una sala; sia i men noti e più giovani e più
promettenti come Aiello, Crisconio, Giordano, Striccoli, De
Angelis, Chiancone, Tomai, Puchetti, nomi che certo verrà
presto occasione di ripetere, come di coloro cui si affida
ormai la novella fioritura artistica napoletana.
Quello che intanto importa sin d'ora notare, è che quasi
tutti questi giovani tralasciando la facile veduta
paesistica, tornano alla figura umana con gli stessi intenti
di costruttività notati così a Milano come a Palermo. E ciò
costituisce il miglior segno del mutamento recato anche a
Napoli dal Sindacato.
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Torino. - Con una Mostra di ben
seicento opere, presentate anch'esse nella primavera 1929
nel padiglione della Società di Belle Arti al Valentino, da
Michele Guerrisi Segretario del Sindacato Torinese, si torna
in contatto con artisti e indirizzi già noti, tanto che
possiamo limitarci alla menzione soltanto dei gruppi più
significativi. I quali, diciamolo súbito, s'imperniano sulla
personalità dominante di Casorati. Insieme infatti vediamo
Chessa,
Menzio, Levi, Paolucci, Galante, i quali da lui hanno
preso le mosse e sono oggi in prima fila, e accanto la
Maugham, Marchesini, Bonfantini, Bionda ed altri
giovanissimi che formano la sua seconda mandata. Né bisogna
dimenticare
Valinotti con la sua sala, Grande, Morando, Boetto,
Daebate, Damilano, Quaglino, Rustico, Cremona, pittori, e
gli scultori Berrone, Borelli, Ravazzi, Cerrato, i quali
tutti partecipano in qualche modo al serrato senso di
definizione e sintesi tonale che Casorati da anni va
perseguendo.
Infine l'esposizione si riattaccava alla tradizione
artistica in cui sinora si era impersonato il Piemonte, a
traverso le opere qui presenti di Leonardo Bistolfi, Rubino,
Manzone, Alciati, Montezemolo, Biscarra, Bosia, Reviglione,
Canuti, Durante, Micheletti. Così essa dette, con decoro e
compiutezza tra le migliori, un quadro riassuntivo
dell'attività del Sindacato torinese.
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Padova. - È stata la sede durante
l'estate della Mostra Triveneta in quanto ha raccolto nella
Casa dei Sindacati le opere degli artisti dei Sindacati di
Padova, Venezia e Trieste, in numero di 400 sotto la
direzione di Paolo Boldrin Segretario del Sindacato di
Padova, coadiuvato da Riccardo Nobili Segretario di quello
di Venezia, assicurandosi l'intervento dei maestri Milesi,
Brass, Laurenti, Chitarin e Wolf Ferrari.
La prima constatazione da fare era la diversità d'indirizzo
manifesta tra i pittori della laguna e quelli della
terraferma. I primi, tutte squisitezze impressionistiche;
gli altri, a seconda dei luoghi, diversi, ma comunque in
cerca di affermare piuttosto qualità di volume e di
corposità. Bene perciò è stato radunare in una sala, o il
più possibile vicini i veneziani Seibezzi, Villa, Tuti,
Ravenna, Minassian, Orefice, Scarpa, Croce, Lavagna,
Davenezia, Pasinetti, delicati paesisti sulle orme tutti di
Semeghini; in una altra i padovani Lazzaro, Murato,
Mazzacurati, De Poli,
Romaro, Dal Prà, e Palazzi a Padova stabilito, che sono
invece figuristi, i più, solidi e senza morbidezze; in
un'altra ancóra i vicentini Potente e
Stefani, cui le nitide definizioni disegnative del
conterraneo Oppi fanno un posto un po' a parte; ed in
un'altra i veronesi Farina, Pigato e poi
Vitturi, Menato, Nardi, incisivi, in generale, e analitici
osservatori.
Ma dire di tutti parte a parte ci porterebbe troppo in
lungo, mentre altri nomi vi sono da non passar sotto
silenzio, Mauroner e Silvestri, Cagnaccio e Fioravanti.
Strazzabosco e la Selvatico Estense, ed ancóra tanti altri
che attestano la vitalità dei Sindacati veneti. E però ci
sia concesso venir senz'altro alla successiva mostra della
stagione ove ritroveremo molti qui già comparsi.
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Trieste. - La sua Mostra ha radunato
di nuovo in un centinaio di opere ben disposte nel
padiglione ai Giardini Pubblici, gli stessi artisti che già
l'anno scorso Edgardo Sambo
Segretario del Sindacato Triestino aveva presentati nella
Mostra sindacale d'allora. Ed è stato un piacere ritrovare
questi giovani più sicuri di sé e più avanti nella via delle
ricerche, anche qui di concretezza plastica, conformemente
all'indirizzo dominante. Sbisà, Nathan, Stultus, Lucas,
Finazzer, Lannes, Cernigoi, Levier, le signorine Fini e
Fondra, Settala e
Marchig da Firenze, Pilon e De Finetti da Gorizia, Dall'orso
e Giampaoli da Udine, e gli scultori Asco, Maschermi,
Montececon, Gorsè, accanto a un altro giovane di gran valore
scomparso immaturamente a Parigi, Enrico Fonda, sono
stati i nuovi o i meno noti ai quali si è volta l'attenzione
desiderosa di cogliere le personalità e le correnti in
formazione. Personalità e correnti assai diverse tra loro e
diversissime da quelle dei Flumiani e dei Grimaldi che già
tennero a Trieste il primato. Ma, appunto per questo,
testimonianza viva di un fervore e di un rigoglio pieno di
promesse, donde il Sindacato potrà trarre ottimi frutti.
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Bologna. - Ultima, infine, la Mostra
del Sindacato Emiliano-Romagnolo, curata dal segretario
regionale Giovanni Guerrini nel Palazzo Sampieri in Bologna,
con 182 opere. Per la vasta zona che fa capo a Bologna, è
stata la prima da molti anni riassuntiva di una attività
artistica locale, sino ad ora frazionata in cenacoli senza
risonanza, e però in gran parte ignorata o misconosciuta.
All'infuori infatti di Morandi, Romagnoli, Pizzirani,
Fioresi, Corsi, Protti, la pittura bolognese non contava
altri nomi di giovani, per un verso o per l'altro, in grado
maggiore o minore, apprezzabili. Ma qui, vicino a questi
maggiori, ecco farsi avanti Saetti, Bertocchi, Marzocchi,
Corazza, Colliva, Cervellati, Gentilini, De Marchi,
Caravita,
Montanari, Stoppani, Giacomazzi, Giacomelli, Bertelli, e gli
scultori Boari, Pini,
Tomba. Non tutti, s'intende, della medesima levatura, ma,
anche i minori, dotati d'una scioltezza saporita e, oserei
dire, carnosa che ben risponde a tradizioni tipiche della
regione. Scioltezza che nei migliori diventa senso pittorico
sano, largo, lieto. Quanto diverso dagli insegnamenti posti
dallo stanco esempio di un Maiani e degli altri che tennero
per il passato il campo a Bologna.
Avviata a questo rinnovamento, l'arte emiliano-romagnola
potrà da Modena a Ravenna, da Parma a Ferrara, da Reggio a
Forlì, aspirare a traverso il Sindacato a quel
riconoscimento che ormai s'è saputa meritare.
Il desiderio di presentare con fedele obiettività i
resultati di un anno di esposizioni regionali, del primo
anno, si può dire, di piena attività del Sindacato nazionale
fascista Belle Arti, e la necessità di contenere sì vasta
materia entro i limiti di un articolo, mi hanno condotto ad
una certa aridità e sommarietà di spunti critici, troppo
infarciti forse di elenchi. Lo scritto ha preso un po'
l'aria di una relazione, Dedalo me lo perdoni,
ufficiale! E mi perdonino gli artisti degli avvicinamenti
che riflettono più la natura costituzionalmente egualitaria
del sindacalismo come organizzazione di classe, anziché le
distinzioni individuali che reggono le esposizioni e che
sono nel mio pensiero. Ma a dare il quadro generale di una
materia del tutto nuova non si poteva fare altrimenti. o per
lo meno non ho saputo far meglio. Il lettore, se non altro,
avrà sottocchio il movimento artistico italiano, quasi in
una sola esposizione nazionale, in un anno che invece non ha
avuto una grande esposizione riassuntiva; in un anno, si può
dire, di analisi condotta regione per regione, in
profondità, come un censimento della quantità e un primo
vaglio della qualità. Poiché senza la prima, senza il
numero, nemmeno in arte si può avere la seconda. Occorre
aggiungere che senza la preparazione spirituale e pratica
del Fascismo e senza la costituzione dei Sindacati tutto ciò
non poteva avvenire, e gli artisti non potevano venir messi
alla prova come organizzatori, che è quanto dire resi
coscienti dei propri doveri e diritti?
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Genova. - Ultimo in ordine di tempo,
ma non di merito, anche il Sindacato degli artisti liguri ha
aperto sotto Natale la sua Mostra: mostra che ha assunto il
carattere di un vero avvenimento cittadino, poiché, grazie
all'interessamento del Podestà, ha servito di occasione per
creare appositi e signorili locali d'esposizione in Palazzo
Rosso, e poiché, grazie alla buona preparazione del
Segretario del Sindacato Barabino,
è riuscita a condensare in duecento opere quanto di meglio
poteva dare la Liguria.
Tutta la Liguria infatti concorse allineando, accanto ai
suoi artisti maggiori d'età e di fama come De Albertis,
Prini, Baroni, Falcone, Dodero, Gaudenzi, Discovolo, una
folta schiera di giovani ai quali la via è stata aperta dal
fervore dei Santagata e Grosso, dei Martini e Messina:
artisti che, operando non solo a Genova ma anche a Roma o a
Milano, hanno saputo tener desto l'interessamento per quanto
di vivo e di meglio si faccia o si studi nei maggiori
centri. Ed ecco come si spiegano le maniere varie, e pur
tutte curiose di ricerche prettamente attuali, di
Saccorotti,
Peluzzi, Amighetti, Rambaldi, Patrone, Bassano, Gambetta,
Ratera, Collina, Mazzini, Motta, dei Gagliardo, pittori, e
degli scultori Galletti, Vassallo, Cuneo, Micheletti,
Berrone, Frassoni e Alfieri. Si può dire che, con questi
nomi e con qualche altro, di cui come per le altre Mostre ci
sarà scusata l'omissione, è tutto un nucleo di forze sin qui
ignorate che viene a costituire l'inizio di una vera e
propria scuola ligure d'oggi, sotto gli auspici del
Sindacato.
Ed è significativo il fatto che con codeste forze anche a
Genova ritorna in onore il quadro di composizione, di
figura, di natura morta, riassunte in rapide sintesi
costruttive, segnando così un distacco netto dall'ubbidiente
e puntuale e analitica fedeltà visiva del paesaggio degli
ultimi epigoni dell'ottocento, pur qui degnamente presenti
nelle tele di Craffonara, Maragliano, Figari, Montanella,
Schiaffino, Cominetti e del savonese Gallo che con il suo
fare inconsciamente alla Utrillo è un po' la scoperta della
Mostra.
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Tirare le somme di questa lunga rassegna è, mi pare,
superfluo, tanto i fatti accennati, sia pure di volo, sono
di per sé stessi eloquenti. Anche se in essa manchi parola
della Mostra del Sindacato Sardo, l'unica che non ho
visitata, una conclusione è certa: che lo sviluppo
rapidissimo e fattivo dell'organizzazione sindacale sta a
dimostrare qual favore essa abbia incontrato e quanto
fervore abbia sollevato e rivelato. Di ciò bisogna dar
merito prima di tutti al supremo reggitore della cosa
pubblica, ministro sino a ieri delle Corporazioni, al
Ministro Bottai suo primo collaboratore e, nel campo
sindacale, agli On. Di Giacomo e Oppo particolarmente. Essi,
rendendo possibile l'attuazione del vasto programma, con
l'aiuto morale e materiale della direzione e dell'acquisto
delle opere giovani più significative, per un totale di
150.000 lire, hanno assicurato alle Mostre regionali un
avvenire che le novelle prove dimostreranno quanto sia per
essere benefico all'arte contemporanea italiana.
Ma, per aiutare questa raccolta di buoni frutti, sia
consentita una proposta intesa a trarre di anno in anno
conclusioni precise dall'insieme delle Mostre: possono le
opere più notevoli di ogni Mostra regionale esser riunite in
una unica esposizione a fin d'anno in Roma, con la
pubblicazione di un catalogo che contenga un cenno succinto
delle varie Mostre, e la riproduzione delle opere inviate a
questa Mostra collettiva. Credo che nessun premio potrebbe
essere ai vari espositori più caro, e che nulla potrebbe
meglio dare ai compiti organizzativi educativi ed artistici
dei Sindacati, un suggello più alto di utilità nazionale per
il fascismo.
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ANTONIO MARAINI
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