Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Emporium - nr 401 Maggio 1928)
 

Cronache - Lionello Balestrieri

È di moda attaccar Balestrieri. Il formidabile successo del Beethoven che dura da trent'anni, la sua fortuna di fecondo illustratore ed anche il suo carattere di uomo, che se non fosse senese giureresti napoletano, tutto ribollente, vulcanico com'è di ingegno - direi - flegreo, compresso in un corpo piccolo e nervoso come un saltaleone; le clamorose polemiche per il Museo Artistico Industriale di Napoli (di cui parlerò in un prossimo articolo) i suoi vent'anni di fame e di bohéme e di trionfi parigini; insomma la bouiliabaisse di opere ed avvenimenti della vita di quest'uomo e artista, indubbiamente di prim'ordine, l'han fatto oggetto di critiche ora interessate ora no, ma sempre violente e mordenti. Tutto ciò pare che al Balestrieri faccia piacere, anzi per attizzar fuoco e clamore intorno al suo nome, peraltro celebre, or non è molto passava al Futurismo e iniziava una attività novissima dipingendo sette od otto quadri, tra i quali un altro Beethoven che suscitò critiche e rumorose indignazioni in tutta l'Italia, quando Marinetti imprese una tournèe per presentarli e lumeggiare la singolare apostasia del loro autore. In quel tempo presi partito nella faccenda del futurismo dell'autore di Chopin: e difesi, per amore di paradosso, il nuovo Beethoven contro il vecchio. Tanto più che nella tela del museo Revoltella di Trieste non ci vuole molto a scoprire la derivazione logica dell'impressionismo visivo- auditivo col quale il Balestrieri ha espresso le sue sensazioni sinfoniche. L'estremo romanticismo di quella coincide con l'ingenuo futurismo di questa. Derivati dall'impressionismo letterario dei decadenti, i pittori futuristi dovevano provenire, fatta qualche eccezione, dalle schiere ultra romantiche della fine ottocento. Logico quindi che Balestrieri aumentasse con il suo nome illustre il proselitismo di Boccioni, Carrà, Balla. Ma ciò che più piace nei suoi quadri di questa maniera è una certa indefinibile sincerità che prescinde talvolta persino dalla formula dettata dai caporioni del Futurismo nei molti manifesti, dal marzo 1910 in poi. Così nella sensazione dell'Officina, e in quell' Abisso in cui è resa la vertigine marina provata dall'alto del più grande dei Faraglioni di Capri.

In questi ultimi tempi ha dipinto un ritratto di Mussolini al volante, assolutamente ignoto e inedito. Tra le molte figurazioni del Duce, futuristiche o no, questa di Lionello Balestrieri è tra le eccellenti. I toni dominanti nel quadro sono i rossi, gli arancione, i grigio acciaio, che sviluppano una continua vibrazione che dà vita all'intero quadro. Da queste forze policrome che s'intersecano e si compenetrano come in una conflagrazione di luci nasce la figura dominatrice e michelangiolesca di Benito Mussolini. che conduce con la destra Ferrea la ruota di comando dell'Italia. Discutere quest'ultimo Balestrieri sarebbe per lo meno superfluo. Egli entra nella storia dell'Arte contemporanea non certamente per queste esperienze avanguardiste nè per la clamorosa apostasia di quel "chiaro di luna" di cui si può dire che egli fu il De Musset e lo Chopin, in pittura. Resta tuttavia l'esempio. Un artista come lui avrebbe potuto vivere tranquillo sulla celebrità conquistatasi in trent'anni di lavoro e di successi, là dove altri avrebbe dedicato i suoi sforzi a difendere un passato di grande significato, egli ha avuto la temerità di abolirlo, anche senza rinnegarlo, per ingolfarsi in una nuova ed aspra battaglia. Per uno che ha al suo attivo il Beethoven, il trittico dello Chopin, Vespero, ll savio e il pazzo e centinaia di altre tele celebri, è questo segno di grande freschezza di cervello e sovratutto di ferma saldezza di cuore. Quanti giovani avrebbero voluto e saputo fare altrettanto ?