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(Fonte : Emporium - Nr 112 Aprile 1904)
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Necrologio : Mosè Bianchi
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A Monza, dov'era nato nel 1840, nella sua villa adiacente al
regio parco, è morto il 15 dello scorso mese di marzoquesot
valente pittore, del quale questa nostra rivista ebbe a
parlare per diffuso nel suo fascicolo 30, volume V, del
giugno 1897. Datosi alla pittura come il proprio padre
Giosuè, studiò a Milano, all'Accademia di Brera, sotto
l'insegnamento di Zimmermann, Schmidt e Mitchet; ma la
guerra d'indipendenza del 1859 gli troncò gli studi, per
farlo accorrere ad arruolarsi tra i cacciatori delle Alpi,
comandati da Garibaldi. Li riprese a guerra finita col
Bertini e, poco dopo, espose i suoi primi saggi a Brera.
Proveniva egli da quella scuola storico-romantica, tanto in
auge a' tempi della sua giovinezza; ma egli non tardò molto
a staccarsene, per darsi, con predilezione, alla pittura di
genere, di paese, di marine. La monaca di Monza, da lui
esposta nel 1865 ed acquistata dalla Società di Belle Atti,
lo rese vincitore del pensionato Oggioni, che gli permise
d'andare pellegrinando per l'Italia e di recarsi a Parigi.
Nel 1866, la nostra terza guerra d'indipendenza gli suggerì
il quadro I fratelli al campo, quadro possentemente
suggestivo, che aggiunse anche maggior fama al suo nome e
venne acquistato per la collezione braidense.
Non enumereremmo qui i moltissimi dipinti da lui condotti:
Cleopatra, Un giorno di parata, La vigilia della sagra, La
benedizione delle case, Amore allo stadio, Prima del duello,
Parola di Dio, ecc., bastandoci notare com'egli si
cimentasse felicemente in ogni campo della pittura, dalla
sacra alla profana, dalla storica a quella di genere, dal
paesaggio alle marine, dagli affreschi, come nella villa Giovanelli a Lonigo, alle acqueforti, ai ritratti,
bellissimo tra questi ultimi quello del proprio padre. Nel
1889 fu detto consigliere comunale di Milano; ma, allo
scadere del suo mandato, declinò la rielezione per non
venire distratto dall'arte sua. Nel 1893, venne nominato
professore di pittura e direttore dell'Accademia di Verona,
ma, di lì a poco, gli si incominciò a intorbidare la vista e
il 2 dicembre dell'anno successivo fu colpito da un attacco
di apoplessia.
Allora si ritrasse nella sua città natale, presso il nipote
Pompeo Mariani, altro chiaro pittore, che gli fu largo delle
cure più affettuose, ma che non valsero a sanarlo dal
tremendo malore, il quale, dopo quattro anni, si può dire,
d'agonia, lo condusse alla tomba. Mosè Bianchi, a malgrado
di alcune scorrettezze di disegno e di una certa
superficialità di concetto e di espressione, fu pittore
poeta per eccellenza, pittore d'impeto, audace, sincero, per
cui le opere sue, a qualunque genere appartengano,
esercitano sempre un fascino irresistibile.
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