Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Emporium - nr 194 - Febbraio 1911)

Stefano Bruzzi (In memoriam)


Il primo pittore italiano delle Egloghe - come venne chiamato Stefano Bruzzi - nacque a Gropparello nel Piacentino il 4 maggio 1835. Andò giovanissimo a Piacenza, ove frequentò l'Accademia sotto la direzione di Bernardino Massari. Uscito nel '54, si recò a Roma, rimanendovi quattro anni presso lo studio del noto disegnatore Alessandro Castelli, ove apprese a disegnare con quella sicurezza ed abilità grande che fu, si può dire, una delle sue migliori qualità artistiche.

Durante il suo soggiorno nella città eterna, la compagnia dei migliori artisti d'allora, Nino Costa, Stefano Ussi, il Casnedi, gli fruttò il suo primo lavoro: Il ritorno dalla caccia nelle vicinanze di Porlo d'Anzio, acquistato dal conte Anguissola di Piacenza, nel quale si vede già � scrive l'Ozzola - come l'artista partecipasse a quel rinnovamento che fu poi attribuito quasi esclusivamente a un gruppo di toscani. Ritornò poi nel suo paesello nativo, ove studiò profondamente il paesaggio riproducendo con rara valentia, con sentimento profondo i silenzi solenni della montagna, i motivi idilliaci, le pastorie montane e sopratutto, con mirabile evidenza, le pecore nelle loro infinite mosse, senza stancare mai, pur moltiplicando i motivi in tutte le varie espressioni.

Trascorso quell'attivissimo periodo di vita montana, si portò a Firenze, ove soggiornò per una ventina d'anni, disertando però i mesi d'estate per rifarsi di studi e d'appunti al suo Gropparello.

I suoi lavori fini e delicati esposti alle maggiori mostre nostrane e straniere, segnarono un vero trionfo, raggiungendo l'onore della popolarità, procurandogli lodi e premi vendendone sempre e, quel che � più, non cadendo mai nel manierismo, nel mercantile, seguendo una tecnica immutabilmente sincera, senza sotterfugi di fantastici cromatismi, tecnica � per ripetere le parole dell'Ozzola - che concorse a fare delle sue pitture una vera raccolta di limpide poesie, un sereno campione della vita quotidiana degli uomini e degli animali.

La critica si occupò spesse volte di lui; nel Times, Lord Raglan, uno fra i più noti e severi pubblicisti, confondendolo colla scuola toscana, scriveva: « I pittori toscani si mantengono sempre squisitamente corretti, ma freddi. Uno fra essi soltanto, il paesista Bruzzi, ha dell'anima, del calore, del fuoco.....»

Fra le opere sue più conosciute e per la maggior parte conservate in gallerie italiane ed inglesi si ricordano Mandra sperduta, del 1871, che � a Londra, Alla fiera, del 1875, anche a Londra, I missionari d'Appennino, uno dei pochi suoi quadri di figura, Il ritorno, Vita nei popoli, In montagna, Semi e foglie, Meriggio, l'Ovile, In alto, l'Arduo passo, Al ruscello, Cadon le foglie, Pascolo sull'Appennino, uno dei suoi migliori lavori, Egloga, Il bacio, Ultimo pascolo, I due cugini, Dopo la battaglia, Morte a cavallo, Paura, Quiete, Che c'�? ritenuto il suo capolavoro, A mezza via, La pecoraia, La vita nei boschi, Letizia, Le amiche, Verso casa, Il lavoro, La posta nell' Appennino, Il richiamo, La stagione rigida, Don Chisciotte, una delle sue opere ultime e nella quale egli riassume le sue qualità eminenti di concezione e di tenica, I primi a farla rotta che � nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna a Roma, Le Marie al Calvario, l'ultimo lavoro purtroppo dell'artista, ecc.

Nel 1886 da Firenze si portò a Piacenza, dove era stato pregato insistentemente di assumere la direzione dell'Istituto di belle arti Gazzola, al quale con lena meravigliosa dedicò tutta l'anima sua. Purtroppo da un paio d'anni il male gli aveva infiacchito la fibra, aveva dovuto disertare lo studio e l'insegnamento finch� la morte lo colse il 5 gennaio.



P.G.