Quando ci giunse la triste notizia della morte di questo
eminente pittore siciliano il fascicolo di marzo
dell'Emporium era già in macchina e non lo potemmo ricordare
come avremmo voluto in quelle pagine; lo facciamo ora, per
quanto brevemente.
Il Lojacono nacque a Palermo nel maggio del 1838. Sin
dall'infanzia dimostrò molta disposizione per l'arte del
padre, pittore egli pure. Ancora giovinetto ottenne una
medaglia d'oro per un quadro che non era di paesaggio ma di
soggetto storico; per un altro dipinto guadagnò una pensione
governativa e andò a studiare a Napoli sotto la direzione di
Nicolò Palizzi, finchè scoppiata la rivoluzione lasciò i
pennelli per la carabina e, soldato di Garibaldi, si mostrò
impavido nei pericoli e tanto valoroso soldato quanto fu
pittore geniale.
Uno dei primi quadri del Lojacono che destò rumore fu la
Villa alla Conca d'Oro esposto a Parigi e che Folchetto
lodò come opera che presentava i particolari "persino più
belli che non li fa natura". Clovis Lamarre e Amédée Rénée
nel libro
l'Italie et l'Exposition de 1878 ne diedero questo giudizio
"Lojacono, il grande artista di Palermo, per la sua estrema modestia non ha
mandato per la prima volta a Parigi che una sola tela. E'
vero però che questo unico esemplare del suo talento
rappresenta un'opera delle più perfette, e le persone di
buon gusto, quanto i poeti pensosi, non possono staccare i
loro occhi da questa ammirabile Villa alla quale i
flutti d'azzurro di quel golfo incantatore che è la Conca
d'Oro formano una così ridente cintura. Quella luce dorata
che s'insinua mollemente nel frondeggio, il cielo
scintillante riflesso dal mare, le poche persone che
passeggiano in quel paesaggio e si appoggiano a una ricca
balaustra, pensando all'infinito nel contemplare i mobili
aspetti della plaga azzurra, tutto impone un insieme che
colpisce vivamente lo spettatore, e suo malgrado lo inizia
al sentimento del grande nell'arte e al culto dell'ideale"
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Nel primo vigoroso periodo dei suoi studi il Lojacono
partecipò a quella attività artistica integrata dal Palizzi,
dal Morelli, dal Celentano e seguita dal Vetri, dal De
Chirico, dal Michetti e che fu considerata come una vera
rinascita della pittura italiana.
Le principali opere del Lojacono furono contese dalle
principali gallerie d'arte d'Europa, i celebri quadri
Giorno di caldo
e l'Arrivo inatteso, che levarono altissima
ammirazione, adornano la reggia del Re d'Italia, e non meno
insigni, pel fascino tratto da quella natura illuminata dal
sole fiammante della sua isola, restano i Pescatori di
ostriche, Una villa ai colli, La conca d'oro.
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Nel
mondo dell'arte godeva di una popolarità invidiabile
principalmente appoggiata al suo valore, poi al pregio della
sua indole e alla plasticità del suo carattere signorile ma
semplice e schietto, risoluto ma remissivo. Il Lojacono più
che conservarsi questo affetto faceva di tutto per
accrescerlo, ciò che fece principalmente con la sua arte.
Quando or son molti anni Renè Bazin ebbe a visitare nel
monastero della Martorana lo studio di Francesco Lojacono,
fu colpito davanti a una tela, più che dal soggetto dalla
fattura e trovò affatto nuova e peregrina la tecnica che
rendeva evidenti i meravigliosi accordi della luminosità del
paesaggio siciliano, e, più che mirabile, unica la
rappresentazione della cocente stagione che disseca le fonti
e sgretola le pietre. L'elogio del Bazin fu tanto più
prezioso e lusinghiero in quanto che lo scrittore era stato
testimonio di quel rinnovamento del paesaggio iniziato dal
Rousseau, dal Corot, dal Daubigny e da quel!'eletto novero
di pittori che fu detto del "trenta", seguito più tardi dai
nostri macchiaioli toscani, dal Fontanesi, dal Ciardi, dal
Calderini e dal Carcano.
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