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(Fonte : Emporium - Nr 439 Luglio 1931)
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Giuseppe Mentessi (Necrologio)
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E
scomparso fra una larga e commossa onda di compianto.
Dell'arte e della vita s'era creato una duplice milizia di
bontà. Concepiva l'arte come un mezzo per trasfondere
altruisticamente
nell'anima dei suoi simili il senso di gioia infinita che lo
spettacolo della bellezza veniva suscitando nel suo cuore
ingenuamente aperto a tutte le più sottili sensazioni, o
come sfogo
legittimo della sua grande pietà davanti al dolore e
all'ingiustizia; la vita aveva saputo elevare a missione di
bene nell'esercizio di tutte le virtù e le solidarietà
umane. Figlio della
buona terra ferrarese aveva del contadino ferrarese tutti
gli impeti generosi ed i fervidi entusiasmi. Generosa e
fervente infatti l'opera sua di artista e di insegnante. La
difficile
iniziazione, compiuta alternando alle ore di studio un
faticoso lavoro manuale, parve ringagliardire in lui la
fibra e la fede. L'incontro a Milano col concittadino
Previati che l'aveva
preceduto nella battaglia accomunò i due futuri maestri in
uno sforzo riuscito al successo attraverso non pochi
ostacoli in Italia e all'estero. Essi amavano ricordarmi
spesso, ridendo,
certe loro tragicomiche avventure parigine. Partiti con
molte illusioni ed una valigia piena di vasetti d'estratto
di carne, invano offrirono ai mercanti della metropoli
internazionale i
loro dipinti e quei mirabili disegni oggi contesi dalle
Collezioni maggiori, in tutto il mondo.
Finita la scorta dei vasetti fu d'uopo rinunziare alle
speranze di conquista del mercato parigino per tornare a
Milano mercé il viatico fraternamente offerto da Ludovico
Pogliaghi
incontrato per caso in una esposizione! Meglio d'altra
parte, che la piovra parigina non abbia inghiottiti anche i
due artisti che rappresentano cosi nobilmente l'ultimo
luminoso splendore
della pittura idealista e romantica nell'Ottocento nostro.
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Meno audace nelle ricerche tecniche, il Mentessi ancor più
del suo insigne conterraneo fu un romantico ed un commosso
idealizzatore della realtà in tutta la sua opera pittorica:
dall'Ora
triste onde esordì nel 1891 alla Triennale di Milano fino
alla Settimana di Passione ed all' Anima delle pietre, ultimi
successi clamorosi di Giuseppe Mentessi nelle Biennali di
Venezia.
Del suo valore d'artista ha parlato esaurientemente
nell' Emporium fin dal 1903 il compianto Vittorio Pica; dei
suoi metodi originali e genialissimi d'insegnante di
prospettiva all' Accademia
di Brera ebbi io stesso ad intrattenere lungamente i lettori
dell'Emporium in un articolo apparso nel 1913 (2). Soltanto
un profondo amore pei giovani, un illuminato spirito di
proselitismo
ed una coscienza artistica così saldamente temprata come
quella del Mentessi potevano assicurare alla scuola di Brera
il risultato magnifico che ebbi ad analizzare e glorificare
in
quell'ormai vecchio articolo, nel quale inoltre segnalavo
l'artista ferrarese come il vero benemerito continuatore
dell'opera di Luigi Bisi e di Carlo Ferrario come insegnante
di scenografia.
Lo stile alieno da ogni freddezza scolastica e da ogni
pedanteria, ma sorretto da un criterio sanamente scientifico
e da un acutissimo senso di osservazione, e lo studio non
mai interrotto, hanno permesso a Giuseppe Mentessi di
toccare i più alti fastigi dell'eccellenza nel disegno: egli
seppe dargli luce e poesia, colore e volume, eloquenza e
solidità rappresentativa più unica che rara.
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Un primo saggio di questa sua potenza eccezionale di
disegnatore il Mentessi lo offrì a Venezia nel 1903 col
ciclo di superbi disegni destinati ad illustrare il poema La Cattedrale del Chiesa, preludendo ai due cicli ancor più
vasti e meravigliosi: quello che esalta liricamente ìl
mistico paesaggio francescano "Le vie del Santo"
accompagnando in modo
degno la prosa soave ed impeccabile di Ettore Janni autore
dei testo, ed il nido di impressioni romane raccolte nel
1925 dall'Istituto d'Arti Grafiche di Bergamo nel notissimo
e grosso
volume - con prefazione di Luca Beltrami - onore e vanto
dell'arte editoriale contemporanea in Italia.
Di questa rivelata sua eccellenza di interprete di Roma nel
disegno, il Mentessi si compiacque fino a dedicare le ultime
energie - mantenute vive dalla saldezza dell'animo contro le
insidie
del male e della vecchiaia - ad un nuovo gruppo di
impressioni romane. Dopo l'aspetto alto e solenne dei
monumenti fermato nei disegni del primo volume, egli si
proponeva di rendere la
splritualità poetica caratteristica d'ogni angolo di Roma in
piccole liriche figurate di cui diano un saggio nei due
disegni che riproduciamo accanto a queste righe, fedelmente
fotografati,
con amore uguale alla maestria, da Emilio Sommariva.
La mano ancor salda del puro e sognante celebratore di Roma
è caduta inerte su queste prime affascinanti visioni di
bellezza e di poesia ch'egli s'era proposto di far scaturire
dai
colloqui della sua anima vibrante colle memorie insigni
suggestive dell'Urbe
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Guido Marangoni
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