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(Fonte : Emporium - nr 579 Marzo 1943)
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Signorini disegnatore
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Mentre la pittura rivela nel colore un innegabile edonismo,
anche quando esso è mortificato e ridotto all'essenziale, il
disegno, spoglio ed austero, avverso ad ogni piacevolezza,
si mostra sempre scoperto, sia nei moti delle aspirazioni
che nelle conclusioni della rappresentazione. Esso coglie,
senza mediazioni, il fervore dello spirito nello scorrere
della mano e come esalta nella sintesi dei contorni e dei
chiaroscuri le qualità più alte del grande artista, cosï¿?
denunzia le inesattezze, gli errori, gli accomodamenti
dell'artista incerto o mediocre.
Ora, nel vedere per la prima volta raccolti in volume i
disegni di Telemaco Signorini ispirati da Riomaggiore
(Telemaco Signorini. Riomaggiore, con 163 disegni inediti.
Firenze. Casa editrice Le Monnier) si chiarisce il carattere
dell'artista e si scopre la sua vera natura.
Carattere fermo, che sa bene ciò che vuole, e non deflette
mai da quella che egli ritiene la norma ideale del
disegnatore e del pittore: aderenza al modello, ricerca di
tutti i particolari oggettivi, risalto di un "pittoresco"
inteso polemicamente come motivo antiaccademico e
antitradizionale - e però anch'esso legato a un "genere".
La sua natura, del resto, pur tra gli scatti e le agitazioni
di una lotta che parve, allora, rivoluzionaria, è quella di
un provinciale scontroso ed appassionato, cui fu negata la comprensione di un
mondo più vasto, anche quando volle
guardare altri orizzonti, lontani dal suo uscio, fuori
d'Italia. Le sue vedute di città straniere, infatti, sono
dipinte con la stessa restrizione d'una piazza o d'una
strada di Settignano. Questo attaccamento alla forma
meticolosa, chiusa nel giro di una troppo facile
osservazione, mentre scopre la sua angustia spirituale,
rivela altresì il suo piccolo mondo e il suo stile. Perchè
è innegabile che uno stile egli ebbe, impostato soprattutto
sulla vivacità descrittiva. Con quella vivacità egli credeva
di dominare i suoi motivi, mentre inconsapevolmente ne era dominato.
Il suo più grande merito è di avere infranto le barriere
della consuetudine accademica e di avere insegnato agli
artisti a liberarsi degli schemi che imperavano nelle scuole
ancora fedeli al Benvenuti e al Sabatelli, al Bezzuoli e al
Ciseri. Importante storicamente, la sua missione si riduce,
in gran parte, alla postulazione di un programma. E'
Giovanni Fattori che interviene, come pittore e come
disegnatore, a mutare il programma nella realtà di un
nuovo fatto figurativo. (Ma quando Fattori riuscirà a
staccarsi dalla schiera dei macchiaioli (Ma quando la critica
scaverà intorno a lui quel fosso profondo che lo isoli da
ogni altro dei suoi contemporanei?).
L'arte di Signorini è dunque nei pregi della sua
trascrizione grafica e coloristica, legata ai fatti
quotidiani. Di questi fatti spesso egli non riesce a trovare
il punto giusto della differenziazione, così che
all'aneddoto si intercala il grido angoscioso, con una sorta
di indifferenza per i motivi puramente ideali ed espressivi;
o addirittura giunge a travestimenti o a falsi attributi,
per cui una semplice scenetta di genere si imposta
su note drammatiche e pittoriche assolutamente errate, come
nel Mercato Vecchio, uno dei suoi dipinti più celebrati. |
I disegni sono lo specchio della sua pittura. Tale
riconoscimento ammette la fedeltà incondizionata al suo
ideale d'arte, senza contaminazioni e senza deviazioni. La
stessa qualità è nei dipinti come nei disegni, tutta
scoperta, tutta palese, senza ricorsi ad accivettamenti o ad
approssimazioni. Quello che Signorini voleva dire, l'ha
detto. Nessuna parola è sottintesa, nessun accenno furtivo
si è insinuato a sconvolgere la composizione, a scuoterla,
magari a incrinarla, con una nota misteriosa, linea
interrotta o colore ambiguo. L'ardire non è soffocato,
perchè non è sentito. Nella stesura densa ed uguale, i segni
si succedono ai segni con una distribuzione così ordinata
che neppure la sua naturale arguzia riesce a sconvolgere. I
disegni di Riomaggiore sono anche la cronaca di Riomaggiore.
Nessun paese ha mai avuto una anagrafe
figurata tanto precisa nei segni caratteristici delle
persone e una mappa tanto documentata nella accidentalità
dei luoghi.
Signorini non limita il segno al puro contorno, ma, dopo
averlo tracciato, continua. con le linee successive e con le
macchie del chiaroscuro, a commentarlo e a risolverlo
secondo il dettame di una precisa consequenzialità. In tal
modo il suo disegno non presenta degli squilibri formali,
delle zone vive e delle zone morte: esso è sempre intero,
disteso secondo la particolarità del luogo o della persona.
Il modello non gli si rivela durante la posa o durante il
lavoro, non gli si illumina di uno di quei baleni che talvolta scoprono un carattere. Il senso del particolare
non riesce mai a calarsi nell'universale. Così la vecchia
Gibbina resta sempre la Gibbina, un tipo, non un carattere.
Così la strada di Corniglia è una veduta, non è una visione.
Ma quando l'ambiente lo interessa più delle persone o delle
cose, arriva a sintesi efficaci, come nel disegno della
piazza con le panche e i tavoli, dove le notazioni della
"macchia" pittorica si traducono in un alternarsi di toni
chiari e scuri sentiti come
movimenti di luce. Anche la figura gli si presenta qualche
volta senza riferimenti occasionali, e ne è testimonianza
una Donna seduta, composta con puro ritmo lineare. Ma questi
momenti sono rari. Il più delle volte egli si attarda nello
studio lento, e coscienzioso, delle fisionomie e degli
aspetti naturali con una correttezza disegnativa, che, pur
essendo agli antipodi di quella ch'egli combatteva, ne è
l'equivalente su un diverso piano di gusto.
L'arte di Signorini non è, e non può essere, una lezione per
i moderni: tutto al più è un esempio di moralità.
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Michelangelo Masciotta
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