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(Fonte : Fiorentina Primaverile - 1922)
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Carlo Donati
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E' veronese, della città che dette i natali ad un'altro
pittore anch'egli soavemente mistico: Stefano di Zevio.
Nacque nel 1874 e studiò con Napoleone Nani. Lo chiamano «il
Mistico» nome che è bene appropriato, non soltanto all'arte,
ma anche alla personalità, all'indole del Donati; poichè
veramente egli - uomo la cui modestia, e vorremmo dire
umiltà, è pari al genuino, intrinseco valore - può
paragonarsi agli antichi, più intimi lirici del pennello -
uomini quasi sempre modesti e semplici - che rivissero con
intensità e schiettezza di spirito il Poema cristiano e ne
fecero ripalpitare nella loro arte tutta l'essenza, insieme
divina ed umana.
Vi sono gli artisti pseudo-mistici, pseudo-religiosi, per i
quali l'arte sacra è soltanto una illustrazione
iconografica, possibilmente circonstanziata di precisi
riferimenti storici e archeologici delle Scritture; nelle
loro opere manca, però, ciò che è l'intrinseco, l'essenziale
dell'arte religiosa: la commozione mistica, quel palpito di
umanità commossa di sé stessa, del proprio destino e insieme
del mistero e del dramma della vita, senza del quale i
personaggi sacri, presi a raffigurare, non sono che le
comparse esose e scipite di una qualsiasi messa in iscena.
Anche a non essere panteisti, si sa che il divino può essere
in ogni cosa in ogni forma, se viste con quello spirito
superlativamente commosso e poetico che è alla radice di
ogni eletta arte: per il pittore vero artista ogni
pennellata è un atto di devozione e di omaggio reso alla
vita «bella e buona» - come diceva Socrate: - alla divinità
della vita. Solo se possiede un tale tesoro di umanità,
l'artista imprendendo a distinguere storie religiose potrò
fare arte religiosa.
Ora cotesto dono il Donati lo possiede indiscutibilmente. Ve
ne sono riprove lampanti nell'arte sua: quella di saper
prestare sentimento religioso anche a fatti soltanto umani;
e, a riscontro, quella di saper trasportare in un'attualità
palpitante anche fatti sacri, la cui trascendenza e
solennità sembrerebbero essere remotissime, ormai, dallo
spirito così avvelenato di positivismo e tanto digiuno di
sentimento poetico e favoloso della vita moderna. E tutto
ciò si congiunge nel Donati ad una facoltà fuor della quale
non esiste vera arte: l'efficacia e padronanza
dell'espressione, l'evidenza e l'armonia della forma.
Egli è un «maestro» nel senso originario e più vero della
parola: esperto di tutte le tecniche - specialmente quella
che fu un tempo vanto glorioso dell'arte italiana -
l'affresco; - le quali egli insegna, insieme ad ogni altra
norma dell'arte, alla Scuola di Arte Applicata di Verona. Ha
affrescato varie chiese e cappelle del Veneto: la «Cappella
dei Caduti» a Verona, quella di Santa Croce del Breggio nel
Trentino, e quella «Cappella della Vittoria» nel
Sant'Apollinare di Ravenna, nella quale ha saputo elevare le
figurazioni della nostra guerra cosi acerrimamente
realistica e moderna al cielo poetico dell'epos e della
storia, senza cadere tuttavia nel retorico e nel manierato,
trovando quel difficile quid medium fra la realtà e lo stile
in che consistono, appunto, il segreto e la misura della
trasfigurazione artistica.
Il Donati ha esposto altresì nelle principali mostre
italiane ed estere; alla Internazionale di Venezia e alla
recente Mostra d'Arte Sacra, dove una sua originale «Via
Crucis» ottenne la medaglia d'oro.
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Opere esposte :
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1. La «Crocerossina»
2. Idillio
3. L'Abete
4. La Madonna del Mulino
5. Notturno
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