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(Fonte : Fiorentina Primaverile - 1922)
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Arturo Martini
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narra di un monaco cronista del medio evo che, invasa la sua
città dai barbari, invaso il monastero, lui, nell'arida
colletta, fra il
sangue e la distruzione, continuava a scrivere, a scrivere,
a scrivere gli annali del suo tempo. Ma quel monaco, uomo
benedetto da Dio,
possedeva riferimenti, notizie, dati precisi: noi miserelli,
che possiamo dire intorno ai fasti biografici di Arturo
Martini?
Che codesto uomo esista, viva, il fatto è indubitabile;
rammentiamo persino di averlo visto talvolta, in persona, in
carne - in una
carne un po' turbata da Dioniso Bromio, a dir vero. Taluni
dicono che lo scultore Martini sia nato a Treviso, altri,
con ferma persuasione,
gli fanno veder la luce in Romagna; quando da famiglia
villereccia, quando da nobile casato e sangue
antichissimo... Ma ci si perde: il
tempo giudicherà, e intorno alla vita di Martini, detto in
altro modo Martini della Valle, passato dall'Italia nella
misteriosa Russia,
e dalla Russia in Germania, e dalla Germania in Francia, le
penne degli storici fioriranno in isquisite fantasie.
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Quanto più facile è parlare delle opere scultorie di questo artista
girovago e invaso dal demone del moto! I suoi lavori, uomini
interi
e animali, bassorilievi, placidi paesaggi di gesso, drammi
fermati per sempre nella tersa compostezza dei minerali, ci
guardano con una
espressione tra caricaturale e intenerita, che rivelano
nell'anima di chi li formò a poco a poco con urti violenti e
carezze, un
sentimento volenteroso ma un po' bisbetico degli aspetti
ridicoli e appassionati, profondi e dolcissimi, che le
creature di Dio e le
piante che adornano il mondo, acquistano sotto la luce
sconsolata del sole.
Nonostante la floreale presentazione che abbiamo fatto di
codeste sculture, ci pare doveroso aggiungere che Arturo
Martini non si
accontenta di riprodurre sia nel gesso, sia nel legno, gli
aspetti vacui e superficiali, come usano in genere gli
attuali epigoni di
Prassitele e di Scopa, ma tende con isforzi tenacissimi, a
ritrovare quella espressione complessa ingenua, e scaltra
nello stesso tempo,
che distingue tanto le opere della statuaria primitiva dei
greci, quanto la tipica rigidità del nostro Quattrocento.
Siamo sicuri
d'altra parte che Arturo Martini, esaurite le esperienze e i
travagli che l'hanno costretto, prima a forzare e a
deformare la natura,
quindi a ispirarsi alla matura compostezza della grande
scultura italiana, non riesca presto ad acquistare quella
indipendenza e
pienezza di mezzi proprii, che segnerà l'attuazione totale
di quei valori che finora egli ha enunciato con una passione
un poco acerba.
Alberto Savinio.
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Opere esposte : |
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Statue in gesso.
1. Il Dormiente
2. Testa di giovane
3. La pulzella d'Orléans
4. Ritratto di mia madre
5. Le stelle
6. Fecondità
7. Il pastore
8. Busto di donna (terracotta)
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