{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Book Antiqua;}}
\viewkind4\uc1\pard\f0\fs24 Alcune opere di Belle Arti esposte al Real Museo Borbonico
\par nel Febbraio del 1851
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\par Era in quel tempo fra gli scrittori e gli artisti un continuato scambio di pensieri, e tal volta il pittore e lo scultore era quello che poneva in atto il pensiero dello scrittore, e talvolta era quest'ultimo il quale era condotto a scrivere dell'opera dell' artista. DIDEROT, Gallerie del 1767, Vol, I.\~
\par Le varie opere d'arte esposte in pubblica mostra a questi giorni (1) nelle sale del Museo Borbonico sono tali che se ne dovranno rallegrare tutti coloro i quali hanno cara la gloria del nome napoletano. E tanto dovr\'e0 maggiore essere questa gioia, quanto in quei lavori non solamente ravvisi il presente, ma puoi facilmente augurare ed immaginarti lo splendido avvenire della giovent\'f9 napoletana affidata a cosi valorosi maestri. Essendoch\'e8 gl'illustri artisti che sono qui convenuti a fare esperimento del valor loro, attendono appunto dal senno e dalla sapienza de' giudici che venga designato quello del loro numero il quale sembri ad essi pi\'f9 meritevole di esser nominato maestro di disegno nel regio Istituto di belle arti. Ufficio esercitato per una lunga ed operosa vita dal sommo Costanzo Angelini il quale nella sua vigorosa vecchiezza, dopo aver veduto tanto gran numero di artisti napoletani usciti dalla sua scuola , era serbato ancora a veder oggi un suo discepolo trascelto ad essergli compagno ed aiuto nell' opera nobilissima. Ma chi volesse sapere a quale de' concorrenti debba pure affidarsi questo sacro ufficio gli sar\'e0 forza di domandarlo non gi\'e0 ad uno solo, ma si bene ai cento ed ai mille che si affilano intorno a quei lavori, anzi neppur domandarlo, ma investigarlo nel ritornare ch'essi fanno pi\'f9 volte al luogo medesimo, nella loro ammirazione e negli altri affetti che si affacciano ad essi nel volto, e finalmente in quella che si domanda voce ed opinione universale, la quale senza manifestarsi giammai con suono di parola e per bocca di alcun uomo, s'intende e per forza si fa intendere da tutto il mondo.
\par Sarebbe lungo e non opportuno a voler dire di tutte le opere esposte, delle quali pure un buon numero furono gi\'e0 vedute negli anni passati. Ed esse ritornano oggi a mostrarsi perch\'e8 ciascuno de' concorrenti ebbe facolt\'e0 di produrre altri suoi lavori che a lui meglio piacessero, per confortare quasi di aiuto il lavoro novello nella opinion de' suoi giudici. Ma i cartoni che rappresentano gli estremi momenti di Giacobbe sono la parte principale del loro esperimento, e di questi io mi propongo di far parola, trascegliendone alcuni soltanto, quelli presso ai quali mi parve maggiore il numero dei riguardanti e de' quali si \'e8 parlato pi\'f9 lungamente e si parler\'e0. Ma se certamente in queste difficili prove \'e8 sempre maggiore la gioia e gli ossequi che ne ritraggono coloro i quali riportano la palma, non \'e8 mai senza lode per gli altri l'essersi posti al cimento. E voglio dire massimamente de' pi\'f9 giovani i quali hanno affrontato la rinomanza e la gi\'e0 chiara maestria di alcuni concorrenti ed banno sfidato le difficolt\'e0 molte del soggetto imposto, del quale non poteva la napoletano Accademia di Belle Arti scegliere un altro n\'e8 pi\'f9 bello, n\'e8 pi\'f9 solenne.
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\par \~\~ II. E per quanto mi soccorre la memoria, non mi sembra di aver veduto, ne leggo mentovato o descritto verun dipinto di buon maestro che rappresenti questo soggetto, quando non sono mancati molti che avessero rappresentato benedizioni di Patriarchi, come quella d'Isacco, o quell'altra di Giacobbe non gi\'e0 a tutti i figliuoli ma si bene ai nipoti Manasse ed Efraimo. Anzi neppur Raffaele volle trovar luogo ad esso fra quelle storie bibliche da lui dipinte che sono uno de' principali tesori del Vaticano. Ma di questa benedizione non trovo soggetto pi\'f9 bello che si possa dare ad un artista, n\'e8 in quanto al concetto ne in quanto all'arte. Al concetto, perch\'e8 dopo quella benedizione si pu\'f2 dire che incominciasse veramente la discendenza di Abramo a togliere aspetto e vigor di nazione, ed ebbe da quella una rivelazione solenne del suo avvenire, della sua schiavit\'f9, della sua liberazione e di tutte le sue vicende, e pi\'f9 oltre ancora, di quell'ufficio supremo affidato a lei di conservare intatta dalle corruzioni persiane e caldaiche la tradizion primitiva del Dio Uno infino all'arrivo del Cristo. Della qual cosa ci \'e8 prova e mostra incontrastabile lo stesso ordine della storia che segue, perocch\'e8, direi quasi che dalle mani di Giacobbe venisse la nazione ebraica a quelle del sommo legislatore e condottiero Mos\'e8 il quale raccolse il retaggio e compi\'e8 la prodigiosa liberazione. E dissi ancora che nessun soggetto poteva dirsi pi\'f9 bello considerato in quanto all'arte, mentre in questo quadro l'artista si vede chiamato a far difficile prova del suo valore in tutte le parti che costituiscono l'arte sua. In dodici figliuoli diversi di et\'e0, di animo, di mente, di aspetto mostrare diversit\'e0 di persona, di affetti, di abbigliamento; ed in mezzo a tanta diversit\'e0 lasciar pure trasparire, sebbene in grado e forma diversa, l'amarezza di quel supremo momento che tutti dovevano sentire, raccolti com'erano intorno al morente il quale si apparecchiava a ricongiungersi ai suoi padri, oppresso e stanco da tante sciagure sofferte. N\'e8 parmi che a nessun altro infra i padri del genere umano avesse imposto il Signore pi\'f9 dure prove in tutte le et\'e0 della vita, da fanciullo a vecchio. A lui le invidie del fratello, l'esilio dalla casa paterna, la durissima servit\'f9 appresso Labano e i contrastati affetti per la bene amata Rachele. Ma questo non bast\'f2; a lui la figliuola disonorata, contaminato il letto dal figlio, a lui la perdita del prediletto Giuseppe e la morte in terra straniera; delle quali volont\'e0 del Signore volle accennare il buon Patriarca al re Faraone dicendo che i suoi giorni erano stati brevi e dolenti. Eppure nessun altro ebbe pi\'f9 gran segno di predilezione da Dio il quale si chiam\'f2 da lui il Dio d'Israele e volle da lui chiamato il suo popolo, e gli dava prole numerosa che appunto e quella venuta oggi presso al suo letto ad ascoltare il vaticinio e la benedizione del vecchio. E quel vaticinio non fu lo stesso anzi diverso a ciascuno, onde novella occasione all'artista di poter rendere per altra ragione vario, copioso e ricco di affetti dissomiglianti il suo lavoro.
\par \~\~ III. Michele De Napoli a noi sembra aver sentito e concepito e pi\'f9 ancora espresso vigorosamente il soggetto; vogliam dire non essergli fallito n\'e8 il cuore, n\'e8 l'intelletto, n\'e8 la mano. Egli rappresenta seduto vicino al vecchio morente il figliuolo Giuda il quale gi\'e0 benedetto dal padre gli rimane appresso, e il padre, mentre con la man destra aiuta la moribonda e profetica parola e prosegue a benedire, si appoggia con la sinistra al braccio di questo Giuda destinato un giorno a stringer lo scettro. A nessun altro de'circostanti potresti meglio accomodar le parole dette da Giacobbe, e costui dal dolore abbattuto, ma pur grande e vigoroso, si mostra bene quel leone vincitore de'suoi nemici ed al quale s'inchineranno i figliuoli del padre suo. Ma ben altro aspetto \'e8 quello che sta ginocchioni innanzi alla sponda del letto. Nell'atto di quell'uomo tu vedi un tal misto di rassegnato e di dolente ch'egli non pu\'f2 essere altri se non Giuseppe che fu cagione involontaria al padre di tanto dolore e di tanta gioia. Forse a quel grave contegno ed alla bellezza di quella persona che le figliuole di Egitto guardavano maravigliate, tu ravviseresti in lui la pietra d'Israello, come lo chiamava il padre, o forse supremo governatore e vicer\'e9, di senno e di grandezza chiaro e possente. Ma io rimirando a quel suo atteggiamento mi ricordo invece che Giuseppe fu considerato siccome l'immagine del Cristo, e non saprei dire se il De Napoli abbia avuto in mente il vicer\'e9 di Egitto o il mistico rappresentante del Salvatore nel disegnare quella figura, ovvero abbia voluto infondere l'uno e l'altro sentimento in quella persona.
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\par Diversa anzi opposta apparenza fa sullo stesso piano del quadro e appi\'e9 del letto un altro figlio di Giacobbe, il quale se tu nol conoscessi per piu vecchio all'aspetto, quella sua attitudine di rimorso e di dolore forse lo indicherebbe per Ruben. Sento che alcuni non lo vorrebbero cos\'ec diviso e separato dagli altri o, come dicono, dall'azion principale del quadro, parendo forse poco curante della more del padre e tutto raccolto in s\'e8 medesimo, e con volto pi\'f9 di rimorso che di dolore. Ma se io veggo in mezzo a costoro altri che lo vinca nel dolore di quella morte, quale degli altri dovr\'e0 piangere per s\'e8 tanta grandezza di sventura com'egli, caduto per le parole del vecchio dall'eccellenza della sua forza, in pena de'falli commessi? Fuggono dalle sue mani e da quelle de'suoi figliuoli il doppio retaggio di terreni che andranno alla prole di Giuseppe, la dignit\'e0 del sacerdozio conceduto a Levi e l'impero tramandato a Giuda. \emdash Eccomi solo, egli dice, in mezzo a tanti non pi\'f9 primo, non piu fratello, non pia figlio. E vero che la sentenza del padre e sentenza di giudice giusto, ma non hanno macchiato forse le mani loro Levi e Simeone nel sangue de' Sichemiti ? Hanno pur essi udito la loro sentenza e saranno divisi in Giacobbe e dispersi in Israele, ma i discendenti del primo non saranno forse per loro ufficio pi\'f9 vicini all'altare di Dio ? e gli altri non serberanno essi il deposito delle leggi ? e non saranno maestri di scienza ai giovinetti ? Inchinatevi pure al padre, felici che voi siete io non ho animo di sostenere neppure lo sguardo di quell' uomo che mi abbandona sulla terra senza avermi imposta la mano sul capo -
\par \~\~ IV. A me basta che i riguardanti i quali hanno letto il libro divino, facendosi innanzi al quadro sappiano ravvisare qual sia ciascuna di quelle figure, e sieno commossi da quella vista. Perocch\'e8 se il rappresentare quel grande momento non importasse altra cosa che figurare un vecchio morente in mezzo a dodici figliuoli confusamente affollati e stretti d'intorno ad un letto, io non credo che sarebbe stata difficolt\'e0 grande all'artista esercitato nel rappresentare le forme e le diverse attitudini del corpo umano. Ma oggi non \'e8 riposta in questo la difficolt\'e0 maggiore dell'arte; anzi nel sentire e nel concepire il soggetto e quindi rappresentarlo non solamente agli occhi ma al cuore ed alla mente. Dopo che la bellezza organica dell'arte greca si venne a stringere in amichevole consorzio alla bellezza intellettuale dell'arte cristiana ed il culto della forma a quello dell' intelletto, in un secolo pi\'f9 di ragione che di poesia, l' opera dell' artista e tanto pi\'f9 grande quanto pi\'f9 difficile perch'essa giunga a soddisfare non pure lo sguardo ma la mente degli uomini. Due altri figliuoli stanno in piedi alle spalle di Ruben. Il primo non sapresti dirlo altro che Levi ad una certa sua gravit\'e0 che starei per dire sacerdotale, quasi anticipata rivelazione dell'avvenire de' suoi, e l'altro Simeone uomo di vendette e di stragi. N\'e8 solamente l'aspetto di entrambi ti baster\'e1 a ravvisarli, ma ancora il vederli uniti e stretti in questo luogo, perch\'e9 insieme avevano commesso un giorno le opere di sangue ed insieme udivano oggi la sentenza del padre. Dal lato stesso del letto e pi\'f9 indietro stanno in piedi Isacar e Zabulon, i due serbati alle ricchezze delle prime industrie e de' primi commerci, e quivi presso seduto Dan, nato di Bala, quello della cui trib\'f9 vennero i supremi magistrati del popolo ebreo che tennero l'impero da Otoniello a Sansone. Dalla parte opposta ed in capo al letto si mostra intera alle spalle di Giuda la persona di Beniamino e seguitando pi\'f9 indietro vedi solamente in parte quelle di Gad, di Aser e di Neftali. Molti sono che non sanno accomodarsi al vedere cosi tronche le persone dei tre figliuoli i quali stanno troppo ordinatamente dietro al guanciale del letto che lascia scorgere le sole teste di costoro. Ma il dire che questo lato dell'opera non sia pi\'f9 bello e cosa per avventura che nulla toglie al merito ed alla virt\'f9 di cos\'ec egregio artista.
\par Perocch\'ea un uomo il quale ha saputo in tanta angustia di tempo immaginare ed esprimere il concetto di un ampio quadro ed in tempo ancor breve compiere il suo cartone, non so quale difficolt\'e0 grande incontrerebbe nell'avanzare alcun poco il figliuolo ultimo della parte posteriore del lotto, o nel diminuire alquanto il guanciale sul quale si appoggia il morente. Ma se questo non finisce di piacere all'occhio, altri sostengono che fortemente nuoce alla ragion del quadro, perch\'e8 una parte de' figliuoli si rimanga non veduta alle spalle di Giacobbe. Pure io credo assai difficile che un uomo non sia stato pure una volta presente ad avvenimenti di tanta sciagura; egli avr\'e0 osservato quanto sieno diverse le attitudini dei figliuoli, dei fratelli e de' parenti, ch'egli non avr\'e0 veduti giammai messi tutti a schiera o a cerchio intorno al letto, ma una parte abbandonarsi remota dagli altri alla forza del dolore, un'alta ai conforti della preghiera. Oltrech\'e9 le figure di tutti quei figliuoli non erano della stessa importanza n\'e9 al cospetto del padre n\'e9 al cospetto di Dio; n\'e9 forse potevano meritare di stare altrove gli altri trovandosi in un luogo dov'erano pure presenti un Giuda, un Giuseppe, un Ruben, un Levi, un Simeone. Ed ebbero ancora giustamente per ragion di arte il luogo loro assegnato, essendo che l'autore per aiutare quelle figure le quali dovevano esser poste in maggior veduta si valse con grande avvedimento dell'artificio de' contrapposti tanto inteso ed usato da' sommi maestri. Cosa principalissima nelle arti le quali si giovano sempre nella loro imitazione di quel contrasto ch'\'e8 pure cosi essenziale e cosi visibilmente imposto da Dio all'ordine ed alla bellezza dell'universo.
\par \~\~ V. E perch\'e8 non sembri una mia troppa predilezione alle opere del De Napoli la quale mi faccia vedere ogni cosa perfetta, io non mi terr\'f2 dal manifestare un mio pensiero, che quel suo Beniamino, lupo rapace che la mattina divorer\'e0 la preda e la sera spartir\'e0 le spoglie, sia stato espresso dall'artista in un modo che parli troppo al senso pi\'f9 che all'intelletto. Che se in luogo di metterlo curvato in su l'origliero paterno e con un solo occhio visibile ed aperto in segno di tristezza, lo avesse rappresentato con l'intero volto palese, non gli sarebbero mancati altri modi da fargli leggere nell'aspetto, volendo, che costui era il capo di quella trib\'f9 la quale aveva a compiere il misfatto contro l'infelice Levita ed essere sterminata nelle pianure di Sabaa e di Remmon. Se pure non si vuol dire che questa diversit\'e0 non solo nelle commozioni e negli affetti istantanei ma nell'indole delle sue persone potr\'e0 sempre l'artista assai meglio esprimere quando abbia ancora nella potenza del colore quel principale o dire essenziale conforto e sostegno dell'arte. Ed \'e8 per questo che la prova imposta agli egregi concorrenti non poteva esser pi\'f9 malagevole. E' stata gran lode per essi che usando soltanto di quei pochi aiuti che pu\'f2 dar la matita sieno piaciuti non solamente a' maestri e giudici dell'arte, ma ancora a quella gran parte che senza intendere di pittura \'e8 corsa in folla a vedere le opere loro, e si e grandemente dilettata in una specie di lavori quali sono i cartoni, che hanno le pi\'f9 volte un linguaggio intelligibile ai soli artisti. E stanno in testimonianza delle mie parole quei molti cartoni di sommi maestri che pure ci avviene di vedere in alcune citt\'e0 d'Italia e straniere, e che sono tanto ammirati e studiati dagl'intendenti e poco dall'universale, il quale cerca invano in quelle opere gli effetti della luce e quelli delle ombre e la espression degli affetti e la verit\'e0 del colorito. Ma il De Napoli seppe usare egregiamente dei soli mezzi a lui conceduti e giungere con essi ad ottenere il pi\'f9 grande effetto dal suo disegno. Vedi infatti quanto efficacemente si aiut\'f2 di quel bianco adoperato da lui vicino alla sola testa del morente, persona principalissima del quadro sulla quale si raccoglie il maggior lume e quindi la maggior attenzione de' riguardanti, e nella quale puoi leggere da una parte l'et\'e0 grave ed inferma, dall'altra quella fiamma di vita che presso ad estinguersi si ravviva in ogni morente, ma pi\'f9 in costui che per volere e dono visibile del Signore predice l'avvenire ai figliuoli.
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\par \~\~ VI. Altra maniera ed assai diversa tenne nella sua opera Raffaele Postiglione, ed \'e8 tale diversit\'e0 che vivamente ti percuote quando tu vada dall'uno a veder l'altro de'due lavori. II Postiglione \'e8 di tutt'i concorrenti il pi\'f9 giovine ed appartiene all'ultima schiera di pensionati napolitani che sono ritornati da Roma. E questa \'e8 somma gloria per lui, perch\'e8, oltre alla diligenza del suo lavoro, ravvisi ancora in esso quella giovinezza di fantasia la quale trovando esperta ed obbediente la mano, colorisce il pensiero assai facilmente e con quella copia e sovrabbondanza che tanto piace nei giovani. Alcuni si dolsero di tanto inviluppo di persone affollate con qualche scompiglio nel quadro, di alcuni affetti espressi in modo troppo eccessivo, di tanta variet\'e0 di linee, di tanto contrasto di luce. Ma questo quadro il quale se fosse lavoro di un artista gi\'e0 maturo d'anni, meno mi gradirebbe, non so perch\'e8 nel Postiglione mi conforta e mi ravviva, anzi mi fa sperare assai bene di un giovine, quando il discernimento e l'intelletto abbiano soggiogato l'impero, o dir\'f2 meglio l'impeto della fantasia. Di questo artista abbiam gi\'e0 veduto in una passata esposizione molte opere lodate, ed oggi ritornano a mostrarsi una Maddalena a pi\'e8 di Ges\'f9, ed un Mos\'e8 che difende le figliuole di Jetro. Aggiunse a questi il Postiglione alcuni altri lavori di piccola mole, ma fatti veramente con grande amore : un Coriolano che parte per l'esilio, e due immagini di Nostra Donna col bambino fra le braccia. So che questo soggetto della Madre di Cristo ha esercitato ed esercita molto la mente e la mano del nostro autore, ed a noi pare che nulla sia pi\'f9 difficil cosa a d\'ec nostri quanto il rappresentare la Vergine con quell'aura di divinit\'e0 che deve trasparire in essa, come fecero i dipintori dal decimoquarto secolo al sestodecimo, e pi\'f9 di tutti, i nostri italiani da Giotto a Raffaele. Perocch\'e8 io credo che dove mai il sentimento religioso non ardesse cosi vivo ne' cuori, non potrebbero le sacre immagini di Cristo e della Vergine essere altra cosa che una ripetizione delle antiche perfezioni ideali trovate dai nostri maggiori, ovvero la espressione di un tipo volgare rappresentato dall'artista, e nobilitato pure quanto tu vuoi.
\par La storia di quelle immagini che furono innumerevoli e per tanto diverse, da Giotto a Raffaele, si trova scritta nel sentimento religioso che animava quegl'italiani maestri. Sappiamo che Gian Bellino diceva di aver compiuto con lode un suo quadro, perch\'e8 infiammato dall'amore della croce, che il Lotto spir\'f2 innanzi all'effigie della sua Vergine prediletta, amando ed orando, e troppo son noti i sospiri e le lagrime dell'Angelico innanzi a Cristo posto sulla croce. Ma dopo il secolo decimosesto non so qual cosa di grande abbia dato la pittura che possa paragonarsi a quelle Vergini, se ne togli il Dolce ed il Sassoferrato. Imperocch\'e8 quando la fiamma del cuore pare quasi che si andasse attenuando, e il bello che si trova tolse il luogo al bello che si sente, quelle sacre immagini apparvero nell'aspetto cose terrene, e dimostrarono che il freddo ragionamento rinchiude l'artista dentro quei confini che egli non potr\'e0 oltrepassare ne trascender giammai, se non si affida all'anima che lo sollevi \emdash A noi \'e8 avvenuto di trovare una pruova del nostro detto nelle molte effigie di Nostra Donna che abbiam vedute immaginate o compiute dal Postiglione. Ed infra le altre una ricordiamo di aver veduta presso il marchese Niccol\'f2 Santangelo, fra le molte ricchezze di arte antica e moderna che adornano quella casa, compiuta dal Postiglione molti anni or solo , e l'avremmo creduta copia di Raffaele o ispirazione di quel maestro, tanto ritraeva di quella divinit\'e0 che irradia tutte le Vergini del pittore di Urbino. Ma quelle che oggi vediamo dello stesso autore sono pure vaghissime, ma troppo donne mortali. N\'e8 di questa osservazione che da altri si faccia dovrebbe dolersi il Postiglione, perch'essa accenna piuttosto ad una qualit\'e0 o dir\'f2 meglio ad un carattere del nostro secolo, che ad un vizio o colpa dell'artista. Oltrech\'e8 noi sappiamo quanta fama ricavasse il Murillo dalle sue Vergini, alle quali molte femmine simiglianti avresti incontrate attraversando la Castiglia e l'Andalusia. Non cos\'ec le Vergini di Raffaele, le cui sembianze fu detto che appartenessero a tali donne il cui piede non aveva giammai toccato la terra.
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\par \~\~ VII. Ma facendo ritorno alla principale sua opera, dalla quale mi hanno rimosso i suoi quadri e la vaghezza e l'artificio de' suoi colori, dir\'f2 che il Giacobbe e stato da lui rappresentato ad un estremo del quadro sul lato destro de' riguardanti; ed intorno al letto, ma pi\'f9 verso la parte inferiore, tutti quanti i figliuoli. Innanzi al letto sul primo piano del quadro sta inginocchiato Giuseppe, ed alle spalle di costui anche inginocchiato un altro figliuolo, Dan; il primo fiso a rimirar con amore nel padre, e l'altro col volto in atto di riverenza rivolto verso la terra. Finalmente indietro a Giuseppe e tutto in piedi il giovine Beniamino che stringe le mani e le porta innanzi al petto, leggermente inchinando su quelle il capo e rimirando con guardo di passione il padre. Chinato sui piedi paterni in atto come di adorazione, dalla parte opposta del letto, come a dire nell'ultimo piano del quadro, vedi un altro de' figlioli, Aser, ed un altro in piedi pia indietro, Giuda, e quivi a poca distanza, dopo una porta che l'artista ha figurata in fondo alla scena, il primogenito diseredato che mostra l'atto della sua disperazione con le braccia levate in alto e rivolto con la faccia, anzi con tutta la persona alla parete. Appi\'e8 del letto, come all'estremo opposto del quadro di rincontro a Giacobbe, vedi i due Simeone e Levi vicini ed in piedi, ed appresso a costoro parte inginocchiati parte seduti gli altri quattro figliuoli. E qui si faranno molti naturalmente a domandare qual punto proprio di quella benedizione abbia inteso di rappresentare l'artista nel suo cartone. Certamente che il soggetto imposto, secondo le parole adoperate dall'Accademia, avrebbe potuto dar materia a pi\'f9 quadri, avendo l'Accademia assegnato ai concorrenti di figurare Giacobbe il quale benedice ad uno ad uno i suoi figliuoli, ed usando le proprie parole che precedono in forma di argomento il quarantesimonono capitolo della Genesi. Ma era indispensabile che il giudizioso artista dovesse fare come molti han praticato, e scegliere uno de'figliuoli, quello che a lui meglio paresse, nell'atto di ricevere la sua benedizione. Scegliere io dico un tal figliuolo che non fosse il primo ne il secondo, ma si trovasse in tal posto nell'ordine di quell'atto solenne da poter mostrare nel quadro qualche cosa degli affetti di coloro i quali avevano gi\'e0 udita la voce paterna. Sommo artificio divenuto oggimai come una legge per usanza de'grandi maestri non solo di pittura e scultura, ma di poesia, il prendere l'azione da rappresentare, in un punto che non sia ne il principio ne il termine di essa. Legge che il Lessing voleva imposta del pari all'azion di ciascuna figura, la quale tanto era pi\'f9 eccellente quanto dimostrava all'intelletto de'riguardanti non solo il suo atto presente, ma quello che l'aveva preceduto e quello che doveva seguitarlo.
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\par \~ VIII. A questo scopo ci pare ottimamente scelta dal De Napoli la benedizione di Giuseppe, persona che oltre all'essere di cos\'ec grande importanza per l'avvenire de'suoi, e pure starei per dire carissima, essendo stato specchio di vita incolpabile e di meritate prosperit\'e0. E parlando di questo momento, quanto non sono ripiene di sublime affetto le parole che rivolge il padre a lui Nazareno trai suoi fratelli, ricolmandolo di benedizioni maggiori di quelle che egli stesso aveva ricevute un giorno dal padre Isacco! Pi\'f9 lunga e diffusa tu vedi nel libro santo la benedizione di questo Giuseppe; lui solo vien rappresentato a gettarsi sulla faccia del morto padre piangendolo e baciandolo, e lui solo curare l'adempimento del sacro cenno perch\'e8 le ossa del vecchio venissero composte vicino a quelle d'Isacco e della madre. N\'e8 queste bastano, ma ben altre ragioni mi sembra che potessero consigliare un artista a scegliere la benedizione di Giuseppe, il quale nella diversit\'e0 e nella ricchezza dell'abbigliamento facilmente si lascia ravvisare e distinguere dagli altri, anzi d\'e0 bellissimo esempio appunto di virt\'f9, umiliato e prostrato nella sua grandezza di vicer\'e8 ad ascoltare le parole ispirate da Dio. Dissi adunque che a me pare essere stata ottimamente trascelta dal De Napoli la benedizione di Giuseppe come momento da rappresentare; e mi piace di credere che il Postiglione abbia voluto scegliere il punto medesimo quando veggo cos\'ec stretto vicino al padre amorosamente il suo Giuseppe, e veggo gli affetti espressi nelle persone di Ruben, di Giuda, di Levi e di Simeone. Se non che l'attitudine svagata ed ancora poco riverente di alcuni figliuoli, e pi\'f9 che ogni altro il modo com'egli ha rappresentato Giacobbe, non fanno ravvisare pienamente s'egli benedica, e quale de'suoi figliuoli. E quindi io che udiva con molto studio ogni cosa che si dicesse intorno a quei cartoni, serbando quelle che non mi sembravano al tutto ingiuste, sentiva lodare assai questo lavoro pi\'f9 per la squisita diligenza delle parti che per la sua composizione. Anzi starei per dire che il Postiglione non abbia voluto in quanto ad esecuzione tralasciare nessuna di quelle difficolt\'e0 che molte volte non \'e8 pigrizia ma arte di Omettere ed abbia anteposto alla sobriet\'e0 la ricchezza.
\par IX. Parve ad alcuno solitaria troppo la figura del suo Giacobbe cos\'ec confinata ad un estremo del quadro, e pi\'f9 bella che veneranda. Certamente se tu vada cercando bellezza e maest\'e0, nulla ti rimane a desiderare quando abbi veduto questo Giacobbe, nel quale trovi decoro e perfezione di forme quanto vuoi, ma poco di sacro. E poco ancora d'infermo o di vecchio, qualit\'e0 che pur erano impossibili a trascurare nella figura di un patriarca che la storia ci descrive cos\'ec grande sugli altri e cos\'ec aggravato di anni e di sciagure. Non meno egregiamente condotte sono le figure del Ruben e del Giuda, ma non trovi ragion sufficiente a quelle due braccia del primo cosi ferme e strette in faccia alla parete, n\'e9 a quelle del Giuda in altro modo ma pur distese entrambe verso il cielo; le quali due espressioni di affetto diverso parvero a molti eccessive. N\'e8 voglio credere che nell'animo del giovine autore predominasse la vaghezza di far pompa della sua perizia nel disegnare, della quale ha dato prova sufficiente nelle altre figure del quadro, come in quella del Levi, del Beniamino, e in quella di Giuseppe, nella quale non sai se \'e8 maggior pregio la diligenza del lavoro o quell'aria e movimento di affetto che d\'e0 tanta grazia alla sua persona. La diligenza non \'e8 minore nelle parti del corpo che nelle pieghe e nelle varie parti dell'abbigliamento, nel quale avvedutamente rappresent\'f2 ricchezza maggiore che in tutti gli altri fratelli. E se il De Napoli non avesse per altro modo renduta facile a ravvisare e gratissima per decoro e gravit\'e0 la figura del suo Giuseppe, pure mi sarebbe piaciuta quella differenza nella foggia dell'abito di Giuseppe che dimostrasse l'altezza dell'ufficio suo col\'e0 nell'Egitto.
\par Di questa variet\'e0 seppe trar profitto il Postiglione; e certamente i soggetti ricavati da quella antica et\'e0 del popolo ebreo offrono larghissimo campo alla immaginazione dell'artista, essendo assai poche e pure assai combattute le opinioni che ci rimangono intorno all'abbigliamento di quelle genti. Se non che in questo e riposta la perfezione del discernimento nell'artista: fare che la variet\'e0 delle fogge non turbi il carattere generale della storia che vien rappresentata. Quindi non piacque ad altri che il Postiglione accumulasse tante costumanze troppo diverse ed opposte nel suo cartone, dove tu ravvisi vicino al caffettano ed al turbante la Tunica ed il pallio. Colpe sono al certo, ma scusabili colpe in un giovine, perch\'e8 da quella stessa origine, a me pare, donde procedono molte bellezze nei quadri de' giovani ne' quali e molto ingegno, procedono ancora i vizi. Nulla pi\'f9 facile che l'oratore giovine ed ardente sembri talvolta declamatore pi\'f9 che eloquente; ma nulla pi\'f9 facile che l'uso dell'arte corregga le intemperanze della fantasia e lo conduca alla vera eloquenza. E cosa assai ragionevole che le idee raccolte e gli studi fatti e le opere vedute sieno tutte presenti, bench\'e9 varie, diverse ed opposte, alla mente del giovine artista, al quale vengono espresse direi quasi involontariamente com'egli le ha vedute, quando si fa a rappresentare qualche suo concetto. A molti sembrer\'e0 che alcune figure del suo cartone ricordino Raffaele ed altre il Vernet, ci\'f2 che e una pruova potentissima di quanto si debba sperare da quest'artista il quale ha saputo ravvisare il bello dovunque gli \'e8 incontrato di vederlo e serbarlo nella memoria vivissimo. Alla quale facolt\'e0 dell'animo umano quando si aggiunga l'intelletto che ordini e disponga, l'artista si potr\'e0 dir perfetto e degno della gloria che acquistarono i sommi.
\par Negli artisti ancor giovani avviene di ravvisare tal volta donde abbiano tolte involontariamente alcune parti dell'opera; non cos\'ec quando essi per lunga pratica ed uso abbiano convertito dir\'f2 quasi in espressione immediata dell' intelletto quello che poteva dirsi artificio della memoria. Cos\'ec io mi conforto nell'avvenire di questo egregio giovine quando sia divenuto maestro nel concepire come nell' eseguire, nella qual parte di squisita esecuzione e stato grandemente lodato pure dai maestri. Ed in alcune cose le quali non furono lodate nel suo lavoro non fu giammai per vizio di esecuzione, ma di poca convenienza, come a dire nelle braccia del Giacobbe le quali parvero, allo stato d'infermit\'e0 del morente, gravi troppo c nudrite; o nella figura di quel figliuolo inginocchiato alle spalle di Giuseppe, perch\'e8 troppo meschino nelle sue proporzioni a fronte degli altri, quando si trova pure nel prime piano del quadro e pi\'f9 vicino ai riguardanti che non \'e8 lo stesso Giacobbe.
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\par X. N\'e8 qui voglio essere ardito di proseguire a discorrere quelle parti dell'opera che malamente si vogliono giudicare da chi non \'e8 artista pi\'f9 che scrittore. Io so pure quanto spiace agli artisti (massimamente ai mediocri) che gli scrittori parlino dell'arte e delle opere loro. Ma non sono del numero di costoro ne il Postiglione ne gli altri concorrenti, i quali sanno pure che
\par gli artisti eccellenti non amano le sole lodi, e sanno che le diverse parti della pittura sono in tanto gran numero, ch'egli rimane sempre un largo campo agli scrittori dov'essi possano avventurarsi a ragionare e giudicare senza ardire e senza pericolo. Sanno che la gloria non viene solamente ad essi dalla sentenza de' soli artisti chiamati a dar giudizio dell' opera loro, ma che un altro \'e8 pure il giudice, come ho detto innanzi, il quale non so dove sia propriamente a volerlo ritrovare n\'e8 a volerlo far tacere. Di questo giudice invisibile sono talvolta interpetri gli scrittori i quali essendo le pi\'f9 volte lontani dalle cagioni, veggono le opere degli artisti con animo sereno e sgombro di quelle passioni ed affetti che debbono turbare i cultori di una stessa arte, per colpa dir\'f2 quasi connaturale all'uomo. Io son certo quindi che non dovr\'e0 spiacere n\'e8 al de Napoli, n\'e8 al Postiglione, n\'e8 a Giuseppe Mancinelli altro de'concorrenti il quale aveva gi\'e0 bella fama in mezzo a noi per opere gi\'e0 compiute ed ammirate, e prima fra queste un San Carlo Borromeo che ministra il sacramento della confermazione ad un fanciullo attaccato dalla pestilenza. Opera di molte figure di natural grandezza che oggi puoi vedere esposta alla venerazion dei fedeli nella chiesa de' Padri Belle Scuole Pie di San Carlo all'Arena. Opera gi\'e0 preceduta da altri molti quadri del Mancinelli, ammirati siccome dicemmo per buona composizione e diligenza di pennello, e che la pi\'f9 gran parte adornano le reggie di Napoli e di Caserta. Questi dipinti sono stati in diverse tempi recati dal Mancinelli da Roma dov'egli dimora , e bisogna pur ravvisare che le ispirazioni della citt\'e0 eterna hanno avuto gran parte nelle opere di quell'autore. Il quale e, studioso assai di quelle bellezze che tanto straordinariamente abbondano nel Vaticano non solamente e nelle splendide sale de'romani patrizi, ma per i tempi, per le piazze e per le vie.
\par Anzi chiunque e stato spettatore ed osservatore della moderna Roma non negher\'e0 ch'egli e impossibile a rinvenire un vivere pi\'f9 di quello desiderabile agli artisti; numero grandissimo, di et\'e0 diversa, di diversa patria e favella, i quali s'intendono pur tutti ed hanno tutti comune, come vincolo di ampia famiglia, il linguaggio del bello universale quale li chiama e li raccoglie in Roma dalle sponde del Tamigi, della Senna, della Neva ed anche dell'Orenoco. Il quale artista in una citt\'e0 ampia, popolosa, svagata ed oziosa come la nostra, ultima in Italia per diffusione di coltura intellettuale, troppo si affatica a rinvenire quella pace amica degli studi, e quel civile ed amichevole consorzio degli studiosi che abbiam veduto nella eterna Roma, dove non solamente il pennello e la matita , ma lo stesso conversare e gli stessi diporti sogliono essere un esercizio per gli artisti preziosissimo, e raro ad ottenersi altrove dovunque.
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\par XI. Ma prima ch'io venga a far parola del suo cartone, non posso tacere di un quadro del Mancinelli esposto fra gli altri lavori, e rappresentante la figliuola di Faraone che salva dalle acque alle quali era stato abbandonato il bambino Mos\'e8. Quello che nel Mancinelli \'e8 stato sempre ammirato, voglio dire la graziosit\'e0 delle forme e il tono e l'armonia del colorito, non manta a questo dipinto. Sebbene per accomodarsi alle diverse condizioni del soggetto ebbe a dare e volle un tal tono alle tinte, che molti gridarono al Mancinelli, come s' egli avesse voluto accarezzare qualche passione del secolo che ama pi\'f9 il brillante che il vero. Quelle tinte si han da riguardare con occhio ben diverso da coloro i quali ricordano il Tasso alla corte di Ferrara dello stesso autore e pensano quanto diverso \'e8 il cielo d' Italia da quello di Egitto. E in fatti tu vedi e quasi senti l'aria di fuoco che tinge in quel colore tutte le campagne fecondate dal Nilo, se non che la rinfresca la vista di quel benefico fiume. Quindi se nella luce del nostro giorno sono per temperata digradazione pi\'f9 soavi all'occhio i riflessi e le mezze tinte, era giusto che il discernimento dell'artista cercasse di mostrare pi\'f9 risentiti quei riflessi e pi\'f9 calda quella luce che venivano prodotti da un sole come quello dell'Africa e da una riverberazione cosi gagliarda. Sul primo piano del quadro vedi la cesta che fu affidata ai greti ed alle alghe del fiume, la quale presa di una delle servienti \'e8 mostrata alla figliuola del re. E questa circondata dalle sue donne si maraviglia a quella vista, per quanto pure si possa lasciar commovere l'altezza del suo grado reale. Non cos\'ec le altre che fanno atti di stupore ma pi\'f9 di allegrezza, tanto quelle raccolte intorno alla reale donzella quanto quelle che stanno dall'altro lato del quadro. Anzi mostrano di fare un tale schiamazzo di riso che pare estremo e che l'artista avrebbe potuto moderare alquanto. Questo io dico avendo riguardo alla diversit\'e0 di condizione di quelle serve e damigelle (perch\'e8 le une e le altre trovo mentovate nel libro dell' Esodo), le quali doveva farle pi\'f9 rispettose innanzi alla loro signora, come dico ancora avuto riguardo ad una certa solennit\'e0 ed affetto che il quadro avrebbe dovuto ispirare, non ostante la letizia di quelle ore mattutine, che cos\'ec dolcemente sorride in quella tela, e di tante femmine col\'e0 raccolte a bagnarsi.
\par Mi ricordo che Raffaele nel rappresentare il ritrovamento di Mos\'e8, fatto di suprema importanza nella storia, ha figurato la regina e tutte le sue donzelle affiliate e strette insieme e tutte rivolte al bambino e tutte incurvate a riguardarlo. Conformit\'e0 di movimento che raro si pu\'f2 adoperare in un quadrose non quando un sentimento o un affetto concorde ed improvviso la rende necessaria. Ma il quadro del Mancinelli, abbia pure le sue macchie, \'e8 tutto pieno di quella vaghezza che non manca all'autore giammai. La quale se talvolta apparisce leziosa e molle, se ne ha piuttosto ad assegnare la colpa a questo moderno, io non so dire se vezzo o bisogno, di restringere in troppo piccole proporzioni la rappresentazione delle pi\'f9 solenni
\par storie e passioni umane. Nelle quali angustie non vorrei che gli artisti che aspirano a vera gloria si lasciassero stringere facilmente, e molto mi conforta l'esempio di alcuni nostri pittori viventi, i quali non vollero usare giammai il supremo magistero dell'arte in cosi piccolo campo, dove gli affetti malamente si mostrano e possono poco operare sull'animo de'riguardanti ed hanno forse principal parte la scena o le stoffe. E come nel libro tu leggi sempre l'anima dello scrittore (quando egli sia tale che meriti questo nome), cosi mi \'e8 sembrato sempre di ravvisare nelle opere di questo artista un'indole pacata, serena, non atta agli affetti concitati, alle ardenti passioni quali richiederebbe la espressione di alcuni soggetti grandiosi ed alti. N\'e8 questo \'e8 picciol campo che gli rimane, ed infinite sarebbero le opere che potrebbero venirgli ispirate dai soli sentimenti della religione e dell'amore, perch'egli non avesse ad avventurare il suo pennello in opere di altro genere che non sono quelle da lui compiute sin oggi.
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\par \~ XII. Questa attitudine che suol mostrare un artista ad una specie di soggetti meglio che ad un' altra mi sembra appunto un'ampia testimonianza di quei confini segnati da Dio all'umano intelletto. N\'e8 questo toglie menomamente alla eccellenza dell'artista; ed io non so qual de' due avrebbe riportato la palma infra Raffaele e Michelangelo, quando il primo avesse dovuto dipingere a prova di confronto un giudizio universale, e l'altro una effigie di Nostra Donna, senza che per le vicende di questa gara venisse punto ad oscurarsi quell' altissima luce la quale circonda li loro nome. Cos\'ec a me sembra che in questa opera del concorso abbia fatto il Mancinelli quanto possa fare un artista, com' egli \'e8, ricco di doni naturali e di pratica studiosamente acquistata, avendo alle mani un soggetto ch' egli forse non avrebbe scelto a trattare.
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\par Volle il Mancinelli in due punti essenziali differire dagli altri concorrenti, n\'e8 ardir\'f2 dire per questo egli mancasse alla convenienza o fedelt\'e0 storica, essendo due punti ne' quali era lasciato a lui tutto libero il campo. Gli parse adunque che intorno al vecchio dovessero star meglio tutti quanti in ginocchio i figliuoli e tutti ad un tempo, siccome gli \'e8 piaciuto di rappresentarli. N\'e8 il libro parla di alcuna attitudine uniforme presa da essi ne di altro cenno fatto loro dal padre, se non quello di raccogliersi intorno al letto e di ascoltare. Quindi l'artista poteva usare il linguaggio dell' arte sua in quella forma che a lui paresse, usando quei mezzi che pi\'f9 potentemente servissero a render variato il quadro e bene raggruppate le sue figure. Qui
\par mi ricordo infra gli altri di Niccol\'f2 Pussino che nell'esprimere la istituzione della Chiesa e le chiavi concedute a Pietro, non figur\'f2 n\'e8 il solo Pietro n\'e8 tutti i dodici apostoli inginocchiati al cospetto di Cristo, anzi fece quell' uso delle sue figure che meglio aiutasse la composizione del suo quadro, ed una parte di esse fece in ginocchio ed un altra in piedi. Ci\'f2 ch' egli non fece per alcuna ragione puramente speculativa o metafisica, ma per una ragione di arte Ia quale non deve in faccia alla prima n\'e8 esser signora n\'e8 serva, quando l'artista venga a circoscrivere il suo concetto nella tela o nel marmo. Quindi nel dar giudizi o precetti del bello alcuni sommi filosofi ai quali manca la conoscenza delle arti e de' loro mezzi, non seppero discendere alle felici applicazioni delle loro dottrine, e dall'altra parte i conoscitori pi\'f9 profondi ed esercitati nel linguaggio dell' arte apparvero oscuri ed incerti quando vollero risalire alle idee, ed alle ragioni prime del bello. Esempi delle due mentovate imperfezioni Emmanuele Kant e Giovanni Winckelmann , ciascun de' quali apparve minor di se medesimo in una di queste due parti che costituiscono la intera scienza del bello, sebbene il primo fosse un sottile ragionatore, e l' altro fosse principe fra gli scrittori i quali si fecero a studiare e ragionare sul bello dell' arte greca.
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\par XIII. E che il Mancinelli abbia scelto avvedutamente e con savio accorgimento questa universale attitudine veramente non pare, tanto pi\'f9 ch'egli non \'e8 pervenuto a distribuire quelle figure che una non nuocesse all' altra di soverchio, anzi le ha in modo affollate e strette che molte di esse non si mostrano se non in una piccola parte del capo. Egli ha figurato il letto del patriarca quasi nel mezzo del quadro e quasi volto di prospetto ai riguardanti, superando o volendo superare le difficolt\'e0 degli scorti e nel letto del morente e nelle parti inferiori del corpo e in una mano che si distende a benedire. Dal lato sinistro del letto vedi due soli figliuoli, Giuseppe e Giuda, dall' altro lato nove figliuoli tutti messi a schiera ed in perfetto ordine l'un dopo l'altro. Ne' quali voile rappresentare tutt' i figliuoli, tolto Beniamino che sta sul primo piano del quadro ginocchioni ed appi\'e8 del letto a cui si appoggia col dosso rivolto ai riguardanti. Dal che si rileva che il secondo punto nel quale il concetto del Mancinelli si distinse dagli altri si fu quello di rappresentare la benedizion di Giuda e non di Giuseppe. Ma in quanto al primo, il vedere quell' ordinanza uniforme di nove teste una vicina all' altra, e immaginare tanti corpi rinchiusi, senza respiro, in brevissimo spazio che malamente li pu\'f2 contenere, non \'e8 cosa che piaccia all' occhio n\'e8 che persuada l'intelletto. Anzi molto si dolsero (e parlo di artisti) non solamente che quel luogo fosse troppo angusto a raccoglierli tutti, ma ripresero le figure di quegli ultimi le quali pel rapido digradare che fa il piano del quadro, non possono in ragion di arte ne stare al tutto in piedi, ne poste al ginocchio. Ed ho creduto di mentovare gli artisti perch\'e8 non mancasse alle mie parole il conforto dell'autorit\'e0, ma non sarei troppo ardito affermando che l'occhio altres\'ec di coloro che che non sono tali possa vedere in ci\'f2 quanto basti, massimamente quando essi non mancano di alcuni studi generali che oggi sono comuni ad ogni uomo. Cosi fu detto parimenti che tenendo Giacobbe alquanto sollevate le ginocchia e raccolte a se le gambe, non dovevano i piedi toccare all'estremo inferiore del letto ch'essi avrebbero oltrepassato nel distendersi. N\'e8 fu lodata la mano che benedice perch\'e8 rappresentata in pieno scorto si mostra all' occhio meno che bella. Ma qui se alcuno trover\'e0 ingiusto che nel parlare degli altri io non abbia riportate le osservazioni fatte in ci\'f2 che pi\'f9 si avvicina ai confini dell' arte, dir\'f2 che il Mancinelli ne ha dato maggiore occasione volendo superare quelle difficolt\'e0 inseparabili dagli scorti, nei qual \'e8 sempre malagevole il provarsi ad uscirne con gloria.
\par E' per\'f2 ritornando ne' limiti che mi sono imposto da principio, non tacer\'f2 che a molti parve soverchia vita nel corpo e nelle braccia del vecchio morente, il quale trasse l' ultimo respiro subito ch' ebbe compiuto quell' atto supremo della benedizione; n\'e8 l'acconciatura del capo o della barba \'e8 tale che rappresenti il disordine di quel momento e la morte vicina. In questo abbiam veduto con quanto successo si fosse provato il de Napoli, che seppe unire nella pietosa e veneranda figura del suo Giacobbe all' abbandono del corpo quel solo tanto di vita che bastasse, e non gi\'e0 nel corpo tutto intero, ma nelle sole braccia e nel volto.
\par XIV. In quanto alla benedizione di Giuda, avendo io manifestata innanzi la mia opinione credo soverchio il ritornarvi sopra. Se non che trovo difficile a ravvisare in qual modo abbia creduto il Mancinelli di poter rendere riconoscibile dagli altri il suo Giuda. Ed io raffrontando l'aspetto di costui a quello di Ruben non trovo quella differenza molta di anni ch'era forse una delle qualit\'e0 essenziali a farli discernere, ed il Ruben apparisce non solmente pi\'f9 giovine di Giuda ma eziandio di alcun altro de' suoi fratelli. La qual cosa parve ancora poco ragionevole in Beniamino, figura che fu trovata cos\'ec meschina e scarsa ne' fianchi da far intendere ben poco la persona, sotto le pieghe di quella veste. E di ci\'f2 mi pare essere stato origine appunto la
\par poca et\'e0 nella quale ha voluto rappresentarlo; et\'e0 di fanciullo qual egli non era, gi\'e0 padre di molta prole. So che non gli mancher\'e0 in difesa la facile dottrina degli esempi, quelli di Beniamino e d'Isacco che furono rappresentati le pi\'f9 volte in forme fanciullesche. Licenza pi\'f9 scusabile in Isacco per l'attitudine che doveva prendere sul Moria e per la qualit\'e0 del sacrificio imposto da Dio, meno scusabile in questo Beniamino del quale nessuno ignora essere stata la sua nascita cagion di morte alla buona Rachele, gi\'e0 da oltre a quarant' anni sepolta ed Efrata. Quando io veggo per contrario nel quadro del de Napoli seduto appresso al letto del vecchio uno dei figliuoli da lui tenuto stretto con la mano moribonda , mentre altra si distende a benedire Giuseppe, io dir\'f2 che quello \'e8 Giuda nel quale quella predilezione paterna mostra ben chiaro essersi trasferita la dignit\'e0 di figliuol primogenito. E al modo_ stesso quell' altro seduto appi\'e8 del letto, e pi\'f9 vecchio di quanti fratelli gli stanno d'attorno non pu\'f2 esser altri che Ruben. Ma se una ragione particolare, quella di scegliere u momento di maggiore affetto, poteva consigliare la benedizion di Giuseppe, dicono molti che in quanto ad autorit\'e0 ed importanza nella famiglia non \'e8 Giuseppe punto maggiore di Giuda, cosa che a me non sembra vera, massimamente se tu consideri il momento del quadro
\par e la famiglia di Giacobbe per tutto il tempo che Giuseppe gli sopravvisse.
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\par Egli aveva chiamata presso di s\'e8 nell'Egitto quella numerosa discendenza di oltre a settanta, e sostenutala col suo patrocinio, e la nazione ebraica pot\'e8 vivere tranquilla e rispettata non perch\'e8 Giuda ne fosse il capo, ma perch\'e8 Giuseppe se n'era fatto scudo e difensore, tanto che la mano degli oppressori venne ad aggravarsi sul capo loro solamente dopo la morte di Giuseppe. E sebbene fosse stato il quartogenito gi\'e0 sollevato al rango di primo, non trovo nella Genesi che a lui si rivolgano i fratelli dopo la morte paterna, ma bene a Giuseppe, tremando nel cuor loro che non volesse serbar memoria delle offese antiche e non volesse pigliarne vendetta. Vane paure innanzi a lui ch'era il santo de' fratelli, e che rispose ad essi di non temere. \'ab Non sono io in luogo di Dio ? io sostenter\'f2 voi e le vostre famiglie. \'bb Con le quali parole venne quasi a dichiararsi di facto capo e Principe della famiglia infino alla uscita dall'Egitto ch'egli prediceva ai fratelli, annunziando loro il paese giurato ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe. Ho dovuto udire i ragionamenti di molti filosofanti a voler provare che pi\'f9 solenne fosse il punto nel quale il vecchio costituisce Giuda alposto di Ruben ed annunzia la venuta di quello a cui si appartiene lo scettro. Veramente io non nego ci\'f2, ed al nostro intelletto, second cristiani, deve pur esser quello un momento di grande importanza, e voglio dire suprema. Ma l'arte la quale ha sempre giusta ragione di scegliere il suo bello dove risiede, e costretta tal volta a procedere per vie diverse. Nessuno mi potr\'e0 negare che nella ultima cena dove il Signore dava in cibo ed in bevanda le sue carni ed il suo sangue ai discepoli, fosse questo il momento solenne nel quale il sacramento veniva instituito dal Divino maestro e fermato il patto novello. Ma non cosi parve a Leonardo, e l'arte nella quale egli fu Principe e legislatore trov\'f2 l'altro pi\'f9 bello nel quale il figliuolo dell'uomo annunzia ai discepoli con quelle parole di estrema amarezza che uno di loro lo avrebbe tradito.
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\par XV. Ma fosse pure Giuda o Giuseppe il benedetto, vorrei trovar sufficiente ragione a quella benedizione la quale dovrebbe esser compiuta con la man destra e che io veggo fatta con la imposizione della sinistra. Non vedo alcuna scusa, tanto pi\'f9 quarto era facilissima cosa che la mano la quale accenna al cielo, forse additando l'aspettato delle genti, fosse stata la sinistra. Non avrebbe dovuto l'egregio autore che ricordarsi un'altra benedizione raccontata nel capitolo quarantesimottavo della Genesi, laddove Giacobbe avendo innanzi a se i due figliuoli di Giuseppe, Manasse ed Efraimo, il primo dalla sua man destra ed il secondo dalla sinistra, distese in croce le braccia imponendo sul capo di Efraimo ch' era secondogenito, la sua man destra. Della qual cosa avendolo richiesto Giuseppe non volle il patriarca rimuovere le mani dal capo de'suoi nipoti e dichiar\'f2 che questo Efraimo cosi benedetto da lui con la destra doveva essere pi\'f9 grande e potente nella sua discendenza al
\par paragone del primogenito Manasse. Queste cose che furono da molti avvertite nel lavoro del Mancinelli non tolgono punto a quella gloria da lui acquistata. Perocch\'e8 l'artista il quale non \'e8 libero intorno alla scelta del suo soggetto pu\'f2 talvolta dimostrarsi inferiore ad esso e talvolta men grande della sua fama precedente; e quindi mancare all' opera sua quella che si domanda ispirazione, ma non mai quei pregi che gli sono essenziali e gli abbiano gi\'e0 dato fama. E non potremmo non avvisare il Maucinelli formato e nudrito di lunghi studi, e non ammirare lo special pregio del suo cartone in quella nettezza de'suoi contorni ne'quali scorgi la mano che non vacilla e quello che fu detto abito dell'arte. Che se il Mancinelli ci parve in un'altra cosa anche minore di s\'e8 medesimo, ci\'f2 \'e8 stato per suo volere deliberato, siccome io penso, perch' egli volle far di meno di tutti quei mezzi ch'erano in sua mano per commuovere l'animo de' riguardanti con un' altra specie di espressione nella quale sarei per dire che risieda la parte retorica dell'arte. Il cartone per usanza universale di pittura \'e8 sempre un'opera di apparecchio, ed ogni pittore ha tenuto un suo diverso modo in questa che mi piacerebbe chiamare anticipata rivelazione del quadro.
\par Alcuni vollero che in quanto a contorni studiosantente ricercati nulla fosse a desiderare, e di costoro a il Mancinelli. Altri che il cartone mostrasse loro pi\'f9 presto una certa apparenza dell'effetto che il quadro doveva produrre e studiarono il contrasto e l'accordo della luce e dell' ombra, dal quale artifizio dipende in gran parte il rilievo di un quadro tanto desiderato dal sommo Michelangelo che soleva dir pi\'f9 bella la pittura quanto meglio si avvicinava al rilievo. Non intendo inferire da ci\'f2 che il Mancinelli avesse l'obbligo di cercare il suo effetto meglio disponendo le masse oscure e chine del suo lavoro, ma dico soltanto che il de Napoli fu pi\'f9 avveduto di lui nel giovarsi di questo mezzo per piacere non solo agli artisti ma a coloro che non sono. Per modo che dal cartone del de Napoli ad un quadro compiuto molti trovarono breve passo, parendo che solo il colorito mancasse. Ma quello in che tutti sono, \'e8 il desiderio di vedere quando che sia compiuti i quadri dalla loro mano, ed \'e8 quasi obbligo non minore a colui che verr\'e0 trascelto che agli altri, i quali amando al certo pi\'f9 l'arte loro che il posto desiderato, sentiranno nell' anima un vivo bisogno di esprimere pienamente tutto il loro concetto, cosa che non avranno potuto fare nella pochezza e imperfezione de'mezzi conceduti ad essi dal solo uso della matita.
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\par XVI. Trovo ricordato nella storia delle arti italiane lo splendido concorso aperto agli artisti perth\'e8 venissero compiute quelle mirabili porte di bronzo in S. Giovanni di Firenze che Michelangelo chiamava le Porte `del Paradiso, tanto gli pareva gran cosa quella loro bellezza. Erano pi\'f9 di trenta i giudici the la citt\'e0 aveva nominati a dar sentenza ed erano grandissimo numero i concorrenti; ma dopo la mostra de' lavori, tre soli infra questi erano giudicati eccellenti, e troppo maggiori degli altri. Non pu\'f2 essere che l'animo nostro non si sollevi e non trionfi di gioia ripensando a quella gara e rileggendo quali fossero i tre nomi solenni, Ghiberto , Donatello, e Brunelleschi. E' fama che il Donatello avesse confessato al Brunelleschi ch'egli sentivasi inferiore al Ghiberti nell' opera, e che il Brunelleschi essendo della sentenza medesima in quanto al suo lavoro, gridasse : \'ab Giudici e popolo, udite. Donatello ed io sentiamo che il Ghiberti \'e8 maggiore di entrambi e ci ha superati, e noi cediamo volentieri il campo e ci rendiamo, siccome vinti da lui \'bb. Alle quali parole il consesso de' giudici acconsentiva, ed il popolo rimerit\'f2 con fragorosi e concordi segni di plauso l'esempio di tanta virt\'f9.
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\par Non so veramente se la diversit\'e0 de' tempi potesse farci mai sperare atti cosi generosi come fu quello, perch\'e8 mi pare ne tempi civili non che manchino le virt\'f9 ma sieno di altra specie e forma di quelle che noi ammiriamo nelle pi\'f9 giovani et\'e0 delle nazioni. Solo non mi sembra ardito di sperare che i giudici trascelti a dare il loro voto non abbiano e non vadano cercando altro ispiratore che la loro coscienza, e che la sentenza del loro labbro si accordi a quella dell'animo, e bastano oggi i nomi de'giudici per confortare questa nostra speranza. Qualunque sia il trascelto, gli egregi concorrenti da noi mentovati sono in tale et\'e0 ed hanno tanta virt\'f9 d'ingegno che non mancheranno ad esso loro altre prove da correre, e palme da raccogliere. Quando il giudizio \'e8 giusto, gl' ingegni veramente grandi piegano il capo innanzi alla suprema autorit\'e0 del vero. Quando non \'e8 giusto, oppongono la serenit\'e0 dell' animo. Ed hanno sempre bellissima cagion di conforto ripensando che agli uomini di poca virt\'f9 non aggiunsero giammai nessuna gloria n\'e8 un favorevole giudizio da essi ottenuto e non meritato, n\'e8 una patente solenne la quale avesse loro dischiuse le Porte di un'accademia. (2)
\par
\par CESARE DALBONO
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