La formazione artistica di Massimo D'Azeglio   (Pagine 0 )      Fonte : I miei ricordi - 1891

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Book Antiqua;}} \viewkind4\uc1\pard\f0\fs24\~ ... I miei studi in materia d\rquote arte progredivano intanto col medesimo fervore: a Roma nello studio di mastro Verstappen, ed in villa dal vero. Martino Verstappen d\rquote Anversa era uno de\rquote migliori e pi\'f9 interessanti artisti di quell\rquote epoca. Egli dalla nascita mancava della mano diritta; invece della quale ebbe solo due o tre informi dita che pur gli servirono a tenere una tavolozza combinata apposta per lui, e dipingeva colla sinistra. Ebbe i meriti come i difetti de\rquote Fiamminghi: colore, esecuzione e poco disegno. \endash Ma fu tanto il suo amore del vero, e non del vero brutto, ma del vero bello, tanto il suo affaticarsi a studiare in campagna ad onta di tutti i pericoli, gl\rquote incomodi e le fatiche, che giunse a far quadri dotati del primo fra i meriti, quadri simpatici e che incontravano, coi quali radun\'f2 tanto da poter vivere convenientemente. \par Quest\rquote uomo dabbene era ottima persona, ma viveva ritirato, fuggendo non solo le compagnie allegre, ma tutti in generale: s\rquote alzava col giorno, lavorava fin che ci vedeva, e poi la sera faceva miglia e miglia per Roma, sempre solo, coll\rquote unico fine di scuotersi e far lavorare le gambe. La robustezza sua esigeva gran moto, e per non perdere il giorno, camminava la sera, piovesse o diluviasse. A questa sua vita romitica veniva condannato da un carattere diffidente al superlativo grado. Era venuto in Italia Dio sa con quali idee sugl\rquote Italiani: e non dico che sieno angioli. Ci sono anzi, e v\rquote erano a Roma, in ispecie allora, galeotti a iosa d\rquote ogni categoria; ed anche senza parlar di birbi, gente alla quale un po\rquote per profittarsene, un po\rquote per gusto, non sarebbe parso vero di metter in mezzo, e dar delle corbellature (frase tecnica) ad un tufo Tedesco, e farlo Martino: che in gergo vuol dire appunto farlo restar minchione. \par Fatto sta che, ragione o non ragione che avesse, nessuno lo vedeva, non trattava nessuno, neppure i suoi scolari, che si riducevano a due, un giovane romano ed io. Il detto giovane era figlio del suo padrone di casa, lo scultore cavalier Pacetti, ammesso, credo io, soltanto per la quasi impossibilit\'e0 di dirgli di no. Io ero stato ammesso per motivi analoghi, ma credo che ci vedesse con quel piacere con che gli occhi vedono il fumo della legna verde. Tutto il vantaggio che si ricavava alla sua scuola, ecco qual era. Il quartiere si componeva d\rquote un\rquote anticamera con finestroni da studio, nella quale rimanevano esposti i suoi quadri finiti, finch\'e8 fossero mandati al loro destino. Un altro studio nella camera vicina, dove lavorava lui, e dal quale si passava in altre camere ignote ai mortali. Il mastio di Castello \'e8 abbastanza ben guardato; ma non ha che far nulla collo studio dove dipingeva il maestro. \par Era sempre chiuso a catenaccio, e non s\rquote apriva se non ogni tanti giorni, e mai regolarmente. Veniva allora fuori il buon Martino con una faccia di mela cotta, e due occhi bianchi e tondi come due colonnati. Noi si stava copiando qualche brano de\rquote suoi quadri. Egli si piantava dietro la nostra sedia, guardava senza fiatare per cinque minuti, e noi che se ne sapeva poco, che ignoravamo metodi, regole, furberie dell\rquote arte \endash nessuno ce l\rquote insegnava \endash s\rquote aspettava come voce d\rquote oracolo qualche buon precetto. \'abUn poco turo\'bb: ecco la gran sentenza; e passava all\rquote altro scolare. Di nuovo cinque minuti di contemplazione e poi: \'abUn poco pessante\'bb; e via per i fatti suoi: ch\'e8 essi e non noi erano cagione che vedesse ogni tanto i nostri pasticci. \par Egli intendeva le relazioni da maestro a scolare all\rquote incirca come (salvo l\rquote amorevolezza) l\rquote intendevano gli antichi pittori. Se accettava scolari, intendeva che si prestassero gentilmente a fargli anche un po\rquote da servitori. Quest\rquote idea non mi dispiaceva poi tanto. Ci trovavo un certo che di patriarcale e di onaccio, che escludeva ogni aspetto umiliante. Io non so nulla, egli ne sa assai: io ho bisogno di lui, egli non ha bisogno di me; il mio fine non \'e8 n\'e8 l\rquote interesse n\'e8 l\rquote ambizione ma l\rquote arte.\'85 e poi, devo confessarlo, nella mia natura uno spruzzo del Don Quichotte c\rquote\'e8. Nel modo che a questi pareva d\rquote essere un camerata di Tristano o Lancillotto, a me pareva d\rquote esser uno de\rquote tanti allievi delle antiche scuole, i quali erano di casa del maestro, facevano ogni cosa per lui, e lo tenevano qual padre, ed anche qual padrone. \par Per due o tre anni ho quindi, non dico spazzato o portata l\rquote acqua, ma aperto l\rquote uscio di casa quando si picchiava, ricevute e fatte ambasciate, portati quadri, e prestati in fine tutti quei servigi, che, se erano al di sopra d\rquote un servitore d\rquote ultima categoria, potevano per\'f2 stimarsi al disotto d\rquote un discendente di tanti eroi, come d\rquote un presidente del Consiglio in erba. Che ne dice? facevo bene? facevo male, accettando di essere scolare all\rquote uso antico di Giotto, Masaccio e simili; quando i pittori avevano bottega, famigli e fattorini come i pizzicagnoli? \par A ogni modo v\rquote\'e8 un\rquote osservazione che pu\'f2 militare in mio favore. Se ho fatto il servitore per amor dell\rquote arte, non l\rquote ho fatto, vivaddio, mai per essere aiutato a salire su per quell\rquote albero di cuccagna in cima al quale, invece di salami e capponi, sono appese croci, gran cordoni, diplomi di conti e portafogli di ministro. E mi sembra in coscienza che il peccato di servilit\'e0 non sia quello che mi metter\'e0 in guai il giorno del Giudizio. \par Per esser fedeli alle tradizioni artistiche, di quando in quando si prendevano poi delle piccole vendette contro il selvaggio maestro. Se, per esempio, si desiderava da parecchi giorni la sua comparsa \endash ch\'e8 alle volte si scordava per un pezzo che si fosse al mondo \endash veniva deciso in consiglio che bisognava fare un esempio. Si disponeva allora un catafalco di cavalletti, sedie, telai in modo che non potessero per\'f2 succeder danni; e poi una spinta, e gi\'f9 tutto per le terre, che pareva rovi nasse la casa. Il povero Martino vedeva gi\'e0 i suoi quadri sfondati; e, le dico io, che sbucava fuori in un lampo! \par Naturalmente era preparata la risposta al \'abCosa \'e8 stato?\'bb ansioso che lanciava, tirando il catenaccio, nella camera della sua esposizione. Come vede, se l\rquote istinto birichino non era pi\'f9 il padrone di casa mia, neppur per\'f2 poteva dirsi affatto fuor dell\rquote uscio. Gi\'e0 un grano ne\rquote giovani d\'e0 grazia, ed in me non era certamente in dose maggiore. Il mio morale principiava a dare lontani segni di volersi maturare. Io mi sono maturato adagissimo, non mi sono sentito d\'ecventare uomo, non sono giunto a formarmi forti persuasioni, n\'e8 a concepire idee nette e fondate circa la maggior parte dei fenomeni morali, sociali e politici pi\'f9 importanti, se non tardissimo. Questa tardit\'e0 \'e8 forse inerente al mio intelletto: forse essa \'e8 nata dal bisogno che naturalmente ho sempre provato di conoscere il vero, per quanto si pu\'f2, su tutto, senza potermi n\'e8 contentare della probabilit\'e0, n\'e8 rassegnare per culto all\rquote autorit\'e0. \par \par A volere da s\'e8 rendersi ragione di tutto, ci vuol tempo. A quei giorni questo lungo e spinoso lavoro lo incominciavo appena; diciamo inoltre che non era la mia et\'e0 quella del raziocinio, ma quella dell\rquote affetto e della passione. Io che ero destinato a provarne delle ardentissime in pi\'f9 di un genere, mi trovavo allora in un curioso stato: sentivo tutta la forza della passione, ma senza oggetto che le desse corpo, anima e vita. La mattina presto andavo spesso a passeggiare ne\rquote boschetti di villa Borghese; avevo con me carta, album, lapis, tutto l\rquote occorrente sia per disegnare che per scrivere; sedevo solo a qualche ombra, e poi non veniva fuori n\'e8 scritto n\'e8 disegno. Aspirazioni, desideri, presentimenti, speranze, sogni d\rquote amore, di gloria, di sventure, d\rquote atti luminosi, arditi, m\rquote accendevano confusamente l\rquote immaginazione ed il cuore. Era uno stato penoso appunto, per essere senza scopo e senza uscita, ma che destava in me un\rquote intima gioia, per la pienezza di vita di che m\rquote inondava. Sbocciava nel mio essere quel fiore misterioso che s\rquote apre nell\rquote anima nostra per segnarne la primavera. \'c8 questo un gran tesoro, il maggiore di tutti a chi ne sa profittare, perch\'e8 messaggero della pi\'f9 potente tra le forze poste da Dio a disposizione dell\rquote uomo. Ma purtroppo dai pi\'f9 il tesoro si getta alle passioni, la forza si disperde nel vano, e si conosce il danno quando \'e8 troppo tardi! In quante cose di questo mondo chi sa non ha, e chi ha non sa! \par Io aveva appunto fatto come i pi\'f9 in quella mia primissima giovent\'f9, anticipata dalle circostanze, ma che di fatto era adolescenza: il prirno fiore dell\rquote anima e del cuore l\rquote avevo calpestato nel fango; ma grazie agli esempi e all\rquote educazione avuta, grazie a Bidone, quella vergognosa pazzia finiva a tempo; non era completo il pervertimento; in me la sola corteccia era intaccata. Forse a ci\'f2 contribuiva la mia natura, dono di Dio e non fattura mia: natura dalla quale difficilmente si cancella quella bella, giovenile impronta che cos\'ec bene custodisce i generosi pensieri. Difatti io non mi sono invecchiato tutto d\rquote un pezzo. La giovinezza dell\rquote anima \'e8 durata in me moltissimo, mentre invecchiava il corpo, e neppure ora la trovo spenta. Dal 60 in qua soltanto mi comincio a sentire il cuore invecchiato. La speranza \'e8 l\rquote aroma che meglio lo conserva giovane, e gli anni (\'e8 questo il loro pi\'f9 amaro oltraggio) ne portano con s\'e8 parecchie ad ogni rinnovar di stagione. \par Si figuri dunque che cosa dovevo essere nel 1819-20. Cercavo una via che desse corpo e vita a quel risplendente avvenire che mi appariva in sogno. Nella pittura immaginavo vie nuove, nuovi concetti; non i quadri fatti colla ricetta de\rquote manieristi del secolo XVIII; non la minuta e scrupolosa imitazione del vero de\rquote pittori nostri del tempo mio, ch\'e8, se tutto stesse in essa, si darebbe la palma alla fotografia sulla pittura. Allora non potevo mettere in conto l\rquote imitazione, neppure scrupolosa, del brutto, non avendo ancora il realismo invaso la classe de\rquote paesisti. Eppure, poich\'e8 parlo di ci\'f2, la scuola realista nella pittura del paese \'e8 un invenzione che fa onore all\rquote ingegno umano. \par C\rquote era chi non aveva scintilla artistica, non sentiva il colore, non aveva voglia di lavorare. Un balordo se ne sarebbe rimasto umile umile dicendo: \endash non ho le qualit\'e0 per diventar pittore; pazienza, e cos\'ec sia: far\'f2 il falegname. \endash L\rquote uomo di talento ha detto invece: \endash Che cos\rquote\'e8 questo eseguire, questo comporre, questo colorire, questa pulizia di tinta, questo lampo di vero? Tutte scioccherie dei codini dell\rquote arte vecchia. Ecco l\rquote arte nuova, l\rquote arte dell\rquote avvenire\'85. E quel che ci ha servito in tavola, chi ha occhi lo vede. E il pubblico se \lquote l beve. Ma lasciamo questo discorso per ora. Trover\'f2 luogo pi\'f9 a proposito per parlare d\rquote arte e d\rquote artisti. Discorso lungo. \par Io dunque anche in arte facevo castelli in aria, e mi pascevo di fantasie; ma siccome conoscevo dovermi prima di tutto rendere padrone della tavolozza, dell\rquote esecuzione, della facolt\'e0 di colpire il vero, badavo intanto a mettere, faticando assai, questo primo fondamento. \par \~ \par Massimo Taparelli D'Azeglio\~\~\~\~\~\~\~ \par }