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(Fonte : Bollettino d'Arte - XII Giugno 1937)
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Un ritratto di Cesare Tallone alla R. Pinacoteca
di Brera
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La Principessa Ella Della Torre e Tasso, Duchessa di Castel
Duino, ha di recente acquistato e offerto in dono alla
Pinacoteca braidense un ritratto dipinto da Cesare Tallone
nel 1884. Esso rappresenta un giovane uomo dalla espressione
assorta e pensosa, a tre quarti di figura, seduto in un
seggiolone a braccioli: Luigi Bernasconi, un gentiluomo alla
moda più di mezzo secolo fa. I capelli bruni a frangia sulla
fronte, baffi e barba artifiziosamente trasandati e
spioventi, per la necessaria "allure" come romantica; e come
rimessi in sesto dal nitore dell'inamidata biancheria e
dalla lucente trasversale della catenina che brilla sul
panciotto nero. Nero il vestito, d'un nero prettamente
lombardo, visto e gustato non come profondità d'ombra ma
proprio come essenza coloristica a il qual gusto risale ai
progenitori della pittura lombarda quali un Foppa o un
Bergognone o un Boltraffio; ma che il nostro artista ha
desunto piuttosto dagli esempi più vicini del Moretto e del
Morone, ch'egli aveva continuamente sottocchi quando
insegnava pittura all'Accademia di Bergamo. Quegli esempi
più casalinghi e bonari formano il saldo sottostrato della
sua arte ritrattistica. La figura è dipinta con magistrale
sicurezza d'impianto, a pennellare franche e grasse, in una
tonalità bassa. Ancora vi sente qualche accordo cromatico
che risale al Cremona, qualche affinità di sentimento
coll'arte dell'esordiente Segantini. Ma una più risentita
ricerca plastica, una più netta definizione della forma
dimostrano il superano gusto romantico, l'adesione alle
nuove correnti veristiche contemporanee, il soffio
vivificatore della pittura di Courbet da intendersi più nel
senso di vibrazione di un'atmosfera pittorica allora
largamente diffusa negli spiriti sensibili, anziché come
precisato prototipo.
Troppa facilità, troppa spigliatezza possedeva il Tallone,
perchè tutti i suoi ritratti riuscissero spirituali. Certo
suo verismo troppo franco, attaccato ai valori puramente
ottici, alla materia grossa, va a scapito dell'intimità di
sentimento che talvolta egli pure attinge sin nel profondo.
Come in questo ritratto. Forse non mai prima, e certo
raramente dopo, il pittore ha reso in questo pallido volto
dai grandi occhi infossati nell'ombra il carattere psichico
del personaggio. Signorilmente composto, castigato, esso può
considerarsi come una delle più nobili creazioni di quegli
che fu il caposcuola del ritratto lombardo alla fine del
secolo scorso. Il Tallone già aveva eseguito nel 1883 un
ritratto dello stesso Bernasconi, esposto a Milano ed
acquistato dal Ministero dell'Istruzione d'allora per 6000
lire e destinato all'attuale Galleria Nazionale d'arte
moderna a Roma, dove tuttora si trova. Non si fa torto a
quell'opera, pure eccellente, affermando che essa è lontana
dal raggiungere la potenza espressiva del quadro braidense.
Per compensare il proprietario del quadro mandato alla
Capitale, il pittore gli eseguiva un nuovo ritratto, diverso
dal primo nell'atteggiamento, e come s'è detto più saldo e
sentito. Il ritratto romano segnò la fortuna del Tallone,
che poco dopo riceveva la commissione di dipingere l'austera
figura della Regina Margherita e diveniva uno dei più
ricercati ritrattisti "ufficiali" d' Italia.
Alcuni anni più tardi, Cesare Tallone vinceva il concorso
alla cattedra dell'Accademia di Brera, succedendo al Bertini
nella gloriosa schiera degli insegnanti di pittura: Appiani,
Bossi, Sabbatelli, Hayez, per limitarci ai maggiori. Di lui
la Pinacoteca non possedeva che un quadro storico giovanile
insufficiente a dare un'idea della sua arte nella forma
migliore. Il presente ritratto viene pertanto ad offrire un
esempio dei più significativi (quasi d'eccezione) dell'arte
ritrattistica lombarda post-hayeziana. Le sale della
Galleria braidense dedicare alla pittura italiana
dell'Ottocento hanno bisogno di siffatte aggiunte per
elevare il proprio livello qualitativo ed offrire, in
seguito alla già studiata riforma, un panorama più conforme
alla reale situazione della pittura italiana del secolo
scorso, la quale situazione va considerata non già dal
ristretto angolo visuale dei "premiati" dell'Accademia (che
costituivano la parte preponderante delle opere esposte)
bensì da un punto di vista molto elevato, che spazi oltre la
Lombardia su tutta la pittura europea del tempo.
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Antonio Morassi
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