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Fonte : I miei ricordi - Massimo Taparelli D'Azeglio
(Capo Trentesimoprimo)
(Letteratura Italiana Einaudi - Edizione di riferimento : Barbera,
Firenze 1891)
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... dell'arte a Milano
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... A questo proposito confesso che, sebbene io facessi vita
artistica e per conseguenza in mezzo ad artisti, non ho mai
legato vera amicizia che con un piccolissimo numero di loro.
I costumi (anche degli artisti) da trent?anni in qua hanno
subite molte modificazioni: allora c?era sparsa nella classe
degli artisti una passione latente, ma che andava
serpeggiando in molti cuori ? pochissimi lasciandone sani ?
una passione che, sebbene nel catechismo sia indicata come
peccato capitale, pure la si portava con disinvoltura, con
grazia e talvolta con tanto garbo, che non solo non pareva
peccato, ma quasi vestiva le forme della filantropia. In una
parola fra gli artisti c?era un po? l?uso dell?invidia. Io
ho assistito a qualche scena che meriterebbe forse di essere
ricordata; ma la società artistica d?oggi non ha più nulla
da spartire con quella di trent?anni sono, e la coltura e
l?educazione hanno tolto di mezzo molti pregiudizi, fra i
quali (io spero) anche quello dell?invidia. Imperocchè
l?invidia, socialmente parlando e in una data cerchia
d?idee, che cosa è se non un pregiudizio? Io, verbigrazia,
ho invidia di lei: immediatamente si trova una terza persona
che considera lei come una vittima, se non fosse altro per
fare dispetto a me: e appena si ha l?aria di vittima, si è
poco lontani dalla vittoria. Quest?è il solito giochetto
delle umane passioni. E poi si è sempre tentati di non
lasciare scappare un?occasione di mostrar buon cuore a buon
mercato. ? È perseguitato dagl?invidiosi, poveretto, mi fa
pena, proprio davvero! ?
Alle volte accadeva che alcuni quadri dell?esposizione di
Brera, anche prima che l?esposizione fosse aperta al
pubblico, diventavano d?un tratto o bellissimi o bruttissimi
in via pregiudiziale, secondo un gergo che non amo: se ne
parlava nei caffè, nelle famiglie; e i quadri non erano
stati veduti da nessuno, tranne dagli artisti. Un povero
artista che fino al dì precedente aveva sempre creduto di
esporre un bel lavoro, imparava da confidenze misteriose di
amici intimi, che il suo lavoro era un deciso fiasco!
Pallido in volto, muto, si metteva a girar pe? crocchi de?
visitatori di Brera, a raccogliere ciò che si diceva di lui.
Non poteva formarsi un concetto chiaro; non mangiava, non
dormiva; e quasi pensava ad un suicidio. Quand?ecco, legge
invece su per le Riviste che il suo quadro è piaciuto assai,
anzi apprende che un mecenate gliel?ha comperato!
In qualche pasta consimile ho dovuto aver anch?io una volta
le mani. Non mi rammentavo affatto più quest?aneddoto: ma
trovo nelle mie carte un documento che me ne fa risovvenire.
Francesco Hayez (è quasi inutile ch?io lo dica) è uno de?
grandi artisti di questo secolo: l? eleganza e purezza del
suo disegno, il gusto squisito della sua maniera di
concepire e di eseguire, e la felicità colla quale sormonta
le più gravi difficoltà dell?arte, fanno dell?Hayez un vero
caposcuola. Ebbene, bisogna che anche all?Hayez sia toccato
uno di quei tali inconvenienti pregiudiciali, come appare
dal seguente documento, di cui trovo .fra le mie carte la
copia di mio pugno. Eccola:
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?Il genere di pittura nel quale m?affatico non essendo
quello cui appartiene il quadro del signor Hayez, e
convinto, com?io sono, quanto sia arduo il dar giudizio
ponderato delle cose che non si trattano, non potrei
consentire di presentare sotto un tal titolo la mia
opinione. Tuttavia, essendone richiesto, debbo dichiarare
esser verissimo che io ho detto con molte persone e
coll?istesso signor Hayez, che il suddetto quadro mi pareva,
come difatti mi pare, uno de? suoi migliori.
Questa mia opinione, vera o falsa ch?ella sia, è fondata sul
parermi che il soggetto del quadro è ottimamente espresso,
potendo lo spettatore a prima vista conoscere qual sia
l?azione che si è voluta rappresentare: che l?apparente
disordine della composizione dipinge al vivo l?agitazione
che, secondo gli storici, regnava in cotali adunanze: che
l?espressione del volto e dell?intera figura del
protagonista Piero è mirabilmente immaginosa, e trovata con
rara felicità: che ne? vari gruppi è una meravigliosa
varietà d?episodi, trattati con ingenua e commovente verità:
che in tutto il quadro si trova, come in ogni altro del
signor Hayez, un tal gusto di pennello e disegno, una tanta
bellezza e novità nelle mosse, che non si saprebbe immaginar
di meglio: che alfine la difficoltà di mostrar distinte
tante figure, malgrado i molti scorci, e la varietà colla
quale le loro membra s?intrecciano a vicenda soprapponendosi
l?une alle altre, è stata vinta coll?aiuto ora del
chiaroscuro, ora della tinta locale, ora del disegno, e
vinta in modo che a me è parsa cosa mirabile.
Ora, per render ragione dell?impressione che possono aver
ricevuta da questo quadro le persone che per il loro stato
non debbon conoscere l?intima qualità e la misura de? mezzi
che adopera la pittura, mi pare di dover aggiungere: che
accade talvolta (forse dovrei dir sempre) che fra due
quadri, de? quali l?uno mostri un partito di chiaroscuro
deciso ed ardito, e minor merito nel resto, e l?altro abbia
tutti i pregi di composizione, disegno, espressione, ecc., e
minor effetto nel partito generale, il primo sarà veduto con
maggior piacere dall?universale; mentre gli artisti,
concedendo pure che l?effetto generale del secondo è meno
lodevole, ciò nonostante lo preferiranno, trovando che
questo difetto è riccamente compensato dall?altre bellezze?.
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Massimo Taparelli D'Azeglio
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