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(Fonte : Illustrazione Italiana - nr 38 23 Settembreo 1883)
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L'esposizione di Hayez
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Abbiano una seconda esposizione postuma. Non è strano
che la prima sia stata pel capo della scuola degli
avveniristi, il Cremona, e la seconda pel capo della scuola
vecchia, I'Hayez. Altra singolarità. Coloro che a rigor di
logica doveano essere fautori di questa esposizione, è dir
molto affermando che non osarono avversarla. Io credo essere
stato il primo a proporla nei giornali, colla certezza che
il nome di Hayez ne sarebbe uscito vittorioso, che Hayez
sarebbe uscito vero e unico rappresentante tra noi di quel
periodo artistico, il periodo romantico, riducendo alle
esigue e reali proporzioni coloro che si credeano averlo
sostituito e messo giù, senza aver trovato nulla in arte.
L'esposizione ha fatto questo, e il vecchio veneziano coi
pregi e i difetti del suo tempo resta il maestro del periodo
che ha preceduto il rinnovamento odierno della nostra
pittura.
Il tempo che fu suo lo ha riveduto con commozione, ha
fornito i primi e più solleciti visitatori della mostra. Si
son viste delle persona delle quali sono in mostra i
ritratti girare per le sale, e rivivere tra quei quadri i
giorni andati: era un secolo tramontato che guardava
l'immagine propria. Un vecchio modello dell'Accademia ora
fatto rugoso, mostrava con orgoglio sa stesso nei torsi nudi
più nerboruti e poderosi della Sete dei crociati.
Delle signore d'età avanzata, che portano ancora nella
nobiltà dei tratti, nel far signorile, nelle maniere
educate, nel tipo, in un resto di acconciatura, che non è
più del nostro tempo, le ultime traccie di quello riflesso
nei ritratti di belle signore esposti questa mostra; dei
signori o curvi, o ritti nella fasciatura armata di stecche,
contemporanei della seconda giovinezza dell'Hayez, sentivano
come un soffio dell'antico ideala trai primi accorsi a
questa esposizione.
Ho osservato una dama attempata, simpatica, dallo sguardo
dolce e vivo, della faccia evvizzita ma nobile, che dal
primo entrare parve Come colpita da improvvisa malinconia.
Arrivava ansante, sorridente, girava gli sguardi nelle due
prime sale e il sorriso spariva; e come scorata e disillusa
se ne andava a sedere fissando gli occhi sui quadri. Forse
trovava in quei dipinti un'immagine di sè stessa! Trovava
fatte scure, prive di luce vita, le tele che ricordava aver
viste lucide, chiare, smaglianti. Durò poco lo scoramento;
seduta dinanzi a un ritratto, poco a poco la fantasia dove
averle fatto il miracolo di togliere dalla tela i segni
delle ingiurie del tempo, e averle fatto rivivere un istante
i giorni della prima gioventù.
Quei ritratti devono averle evocate piene di vita, di
animazione, di brio, di passione, le amicizie dei dì sereni
della vita piena. Ricordava le esposizioni nelle quali una
folla entusiasta ammirava Urbano II e Pietro
Eremita che proclamano la prima crociata e partecipava
ancora al furore dettato da Bice del Balzo tratta dal
sotterraneo; ricordava le letture di quel tempo, le
mode, i convegni, la società, le danze, e cercava fra quelli
dei signori un ritratto che certo non riuscì a trovare
perchè le opere esposte non sono che un piccolo campione
dell'opera pittorica dell'Hayez. Ma quella raccolta, esigua
rispetto alla quantità dei lavori condotti a termine
dall'Hayez, dopo i tre primi dipinti classici sino al suo
ultimo ritratto, ci dà tutta l'indole e tutte le qualità
artistiche del periodo romantico. Si ripensano i poemi del
Grossi, ed i romanzi di Cantù, le poesie, le opere di
musica, i balli, i drammi le tragedie di quel tempo, e
l'arte tutta piene di frati e di guerrieri armati di ferro,
le crociate o i castelli merlati, la Venezia del Bravo o del
Fornaretto, il Consiglio dei Dieci, la decapitazione di
Marin Faliero, le odalische, l'insurrezione della Grecia,
Alberino da Romano, e i Carbonari o lo Spielberg, come si
rivedono le faccia rase, e i scintillioni o le
cravatte diplomatiche, i capelli tagliati alla Fieschi, le
chiome alla nazarena, e i busti delle signore strette in
vita come le vespe.
L'Esposizione comprende precisamente cento capi tra quadri,
cartoni e disegni. Questi ultimi son pochi, i cartoni due
soli, c'è un saggio di pittura a fresco, il resto è tutto
quadri e ritratti ad olio. Il dipinto più vecchio data dal
1809, quando Hayez avea 18 anni, il pù recente lata dal
1881, quando avea raggiunto i novanta: l'Esposizione è
adunque un saggio d'un'operosità che abbraccia 72 anni di
lavoro di un artista, al suo tempo innovatore e caposcuola.
Il quadro fatto a diciott'anni ci spiega i primi trionfi
giovanili dell'artista. A quell'età egli avea appreso tutto
quanta la pittura classica potea insegnargli: col Laocoonte
dipinto a 21 abbiamo l'applicazione di quell'insegnamento,
coll' Ajace Ojleo dipinto a 31 anni sessantun anni
fa, abbiamo lo sviluppo dall'assimilazione classica, la
colonna d'Ercole che volle oltrepassare per cercare un'arte
pù consona al suo tempo ed ai suoi gusti. Il ritratto del
marchese Giorgio Pallavicino nel 1821, quello del Lipparini
giovane nel 1822, sono docimenti importanti per giudicare
cosa diventava quell'arte quando passava dalla convenzione a
misurarsi la prima vola colla natura per fare un ritratto,
nel quale non potea introdurre né la fronte del Giove
Olimpico, nè la barbetta di Lucio Vero, né I'occhio gonfio
della Niobe, né la chioma dell'Arianna. Quei ritratti, il
primo dipinto a 31 anno, il secondo tirato giù per un amico
a 33 anni, ci mostrano un Hayez tutto diverso da quello dei
quadri. Consiglio i fanatici lodatavi del passato a prendere
in considerazione quei due ritratti per conoscere quanto
poco preparino allo studio del vero gli insegnamenti
d'un'arte basata sull'imitazione dell'antichità classica. A
34 anni, scortandosi dal classicismo, riusciva fare quel
ritratto del conto Lodovico Taverna, nella cui capigliatura
bianca e nella fronte c'è un fuggevole ricordo di buona arte
veneta del cinquecento.
Da quel ritratto, si a quello della nobile signora Mariquita
d'Adda Falcò, dipinto nel 1855 quando egli avea 64 anni, i
ritratti son tutti d'una maniera, poi succedono delle
oscillazioni sino al ritratto del Menzoni. Il ritratto di D.
Alfonso Casati e il ritratto fatto ultimo a sè stesso ci
mostrano I'Hayez che stende la mano all'arte giovane che gli
succede. Ma non è nei ritratti che il periodo romantico ha
avuta la sua manifestazione, a nei quadri, nella pittura
storica; come nella letteratura l'ha avuta nei romanzi
e poemi storici.
Qui l'Hayez rappresentante di una fase storica dell'arte v'è
tutto. benchè i quadri sieno pochissimi relativamente ai
tanti che ha fatto nella sua lunga carriera. Tredici quadri
storici, non contando lo schizzo della Sete dei
Crociati, due quadri di genera storico: il Consiglio
alla vendetta, e la Vendetta d'una rivale, temi di
costumi di storia veneta, e tre quadri di odalische,
pastosi, studi accurasti e finissimi di nudo, di proprietà
della signora Angelina Hayez Rossi. In questi quadri vanno
distinti due elementi: quello che è dall'epoca e quello che
è esclusivo dell'Heyez. Sono dell'epoca, un pezzo centrale
in ogni dipinto per concentrare l'attenzione e il resto che
sfuma cogli edifici, col cielo, cogli alberi e le figure; la
mancanza d'ambiente, il lavoro visibilmente eseguito
direttamente colla scorta di cartoni e piccoli disegni, la
fissità del manichino nella disposizione artistica delle
pieghe, e nella rigidità di alcune figure, l'annerimento
risultante dall'azione dell'olio abbondante nella mestica e
le screpolature del color denso su un letto di asfalto, poi
nel comporre un riflesso evidente degli aggruppamenti
scenici osservati nei teatri, alla Scala, nelle opere e nei
grandi balli del Viganò del quale ei vede il ritratto, di
proprietà dell'Accademia, al numero 31. Ma il maestro spicca
anche in questo ambiente del tempo. L'individualità
dell'Hayez si manifesta nel modo col quale sono trattati i
pezzi centrali, nella fantasia di certe parti secondarie,
nella dottrina del disegno, nella fattura delle mani, in
certi torsi, in certe schiene, in certe gambe, nei gruppi,
nei ritmi delle linee.
A mio avviso, il quadro del Trasporto di Dice del Balzo
col patetico gruppo principale tento bene inteso par
l'effetto, è la migliore composizione di Hayez, come la più
grandiosa è La Sete dei crociati, nelle cui figure,
nei toni nudi, nel drappeggiare, nei gruppi, l'artista ha
concentrato tutto sè stesso, e la sua maniera di pittura di
studio. I due ritratti del nobile Giovanni Morosini , num.
58 e 64, il ritratto del conte Belgiojoso, num. 66, e quello
del nos. Alfonso Casati che stanno uno vicino all'altro
nella prima ala, sono i suoi migliori ritratti. Ma la crea
miglior pittura i lo schizzo per la Sete dei Crociati,
posseduto dalla signora Giuseppina Negroni Prato, per la
quale I'Hayez dipingeva il suo ultimo quadro di fiori nel
1881, che poi desiderò restasse alla Pinacoteca.
Levati dallo schizzo due o tre gruppi che fanno da quinta al
primo piano, quelle schizzo è di un maestro da museo per
ogni tempo; c'è il grandeggiare pittoresco delle masse alla
Tiepolo, c'e un po' della vena brillante e del rutilare di
tinte del Rubens, c'è del Iuccichio del Borgogna delle
battaglie nel fondo, e il tutto fuso in una foga
appassionata di pennello, in un esaltamento di colorista del
quale non c'è esempio io nessun'altra sua opera.
L'esposizione delle opere di Hayez è un'esposizione
interessantissima per la stona dell'arte moderna: I'Hayez
risulta del suo tempo, che è trascorso, ma ne risulta il
maestro che eclissa i collaterali. Un maestro che si collega
al periodo che lo ha preceduto ed a quello che lo ha
seguito. Colla Creusa che trattiene Enea o col
Laocoonte dal concorso del 1812, e coll' Ajace
Ojleo, si é nell'arte del secolo passato; coi
Vespri Siciliani si entra nel periodo romantico, che si
svolge nei quadri; col ritratto del nobile Casati, col
ritratto ultimo che si è fatto 'Hayez e colla testa di
Monaca il vecchio maestro sorride francamente dall'orlo
del sepolcro, col sorriso di chi ama l'arte per sè, all'arte
che si rinnova e si ritempra nel vero. Questo mi pare il
risultato dell'esposizione postuma delle opere di Francesco
Hayez.
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Luigi Chirtani |
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