Pillole d'Arte

    
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Fonte : Gl'impressionisti francesi - Vittorio Pica - 1908
(Begamo - Istituto Italiano d'Arti Grafiche)

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Claude Monet

Ma, disdegnando le proteste, le ilarità, e le contumelie, che accoglievano, ora più ora meno clamorose, ogni nuova opera sua e dei suoi compagni, che, respinti dalle esposizioni ufficiali, dovevano, dal 1874 al 1882, a sette riprese, radunare le loro tele in piccoli locali privati, Monet, tentando e ritentando con lena infaticabile, si corresse a poco per volta delle sue esagerazioni e delle sue manchevolezze e, superando ogni più ardua difficoltà, si rese con piena sicurezza padrone della nuova tecnica, nel medesimo tempo semplice e laboriosa, così a lungo e con tanta perseveranza ricercata. Ed è in tal modo che le marine, le scene di campagna e di città, da lui esposte negli ultimi cinque lustri, sono ai veri buongustai potute apparire, per efficacia di evocazione e per rivelazione di visione e di comprensione individuali della realtà, opere di un valore artistico affatto eccezionali, degne di figurare con onore, come già avviene per parecchie di esse, in qualsiasi museo, accanto alle tele migliori dei più gloriosi maestri francesi ed inglesi del paesaggio.

Passando in rivista le molte e scadute tele, in cui, durante quaranta e più anni, questo pittore, che si è tenuto sempre in assiduo ed immediato contatto con la natura, e che è stato uno dei pochissimi che abbia osato di consultarla con completa schiettezza ed abbia tentato di riprodurre sulla tela con fedeltà entusiastica le rapide sensazioni che essa produceva sulla sua retina ed insieme le impressioni di serenità, di esultanza o di melanconia che contemporaneamente stampava sulla sua sensibilità spirituale, noi rimaniamo, innanzi tutto, sorpresi, della facilità con la quale egli, al contrario dei tanti in continua ed affannosa ricerca di località e di effetti insolitamente pittoreschi, si accontenta di attingere l'ispirazione dal primo sito che gli capiti sotto gli occhi e come ne sappia far spiccare sempre il carattere particolare che lo rende interessante e ne sappia rivelare le seduzioni a seconda dell'ora e della stagione. Intelligenza mai in riposo, avida di tutto vedere e di tutto esprimere con l'agile e disinvolto suo pennello, Claude Monet, come giustamente osserva il Geffroy, non appartiene di sicuro alla razza degli sterili, sempre alla caccia di soggetti e di programmi. Egli invece stima che i soggetti da ritrarre siano fin troppo numerosi, che tutto ciò che esiste sia bello per un riguardo o per un altro, che tutto sia degno di essere dipinto, mentre la vita dell'uomo è troppo breve per tentare di fissare la varietà degli aspetti e l'infinito delle sensazioni.

Egli ha dipinto, è vero, negli anni della maturità e della vecchiaia, a seconda delle occasioni che gli presentava questo o quel viaggio, le marine d'un cupo azzurro ed i firmamenti limpidissimi e glorificati dai più aurei fulgori del sole della costiera ligure, le vaste erbose pianure, solcate di canali ed ergenti al cielo le braccia lignee di numerosi molini, dell'Olanda, le turbinose strade, i fumicosi camini ed i tetri nebbiosi orizzonti della colossale Londra e le verdi collinette, specchiantisi nelle quiete acque dei fiordi sottostanti, della Norvegia, ma la maggior parte delle sue tele, pur così varie le une dalle altre, sono state ispirate dalle coste tempestose della Bretagna, dagli ampi pometi della Normandia e sopra tutto dalle graziose campagne della provincia dell' Isola-di-Francia, bagnate dalla Senna.

Sia che dipinga il mare, che spumeggiante s'infrange sugli scogli o viene dolcemente a lambire le barche poggiate sulla spiaggia, sia che dipinga il fiume, che lento scorre, riflettendo nel mobile specchio delle sue acque il cielo bambagioso, gli archi di un ponte, le casette e gli alberi delle due rive, sia che dipinga un orticello dagli alberi carichi di frutta, un giardino dalle piante fiorite od una fresca prateria velata dalla sottil nebbia mattutina, egli s'impone la medesima cura amorevole nell' esprimere la speciale malia, che ad ognuna di queste scene naturali attribuisce la combinazione di luci e di ombre, di trasparenze più o meno limpide d'atmosfera, di riflessi sugli alberi, sulle acque, sulle rocce o sul terreno di una data ora del giorno e di una data epoca dell'anno.

Talvolta, nello sforzo audace di voler fissare sulla tela l'apparenza imprevista e fugacissima di un certo spettacolo della natura, come ad esempio l'abbacinante barbaglio di un tramonto di maggio sulla vasta campagna, egli non riesce che a metà vittorioso. Allora quella specie di universale palpitazione di molecole colorate, secondo ebbe a definirla, qualche anno fa, André Michel, nella quale, sui suoi quadri, si dissolve ogni forma disegnata, può sembrare ai non abituati alla sua pittura, una bizzarria di cattivo gusto, come è occorso proprio a me di sentirla proclamare in una delle biennali di Venezia da un emerito critico d'arte antica, mentre in realtà essa non è che la notazione sincera, ma spinta al parossismo, delle acute sensazioni di una pupilla dotata di singolare sensibilità nel raccogliere e rafforzare ogni più tenue vibrazione luminosa. Il più di sovente ? aggiungiamolo subito ? il Monet evita questa superimpressionabilità, che rende d'eccezione la sua personale visione, ed allora l'evocazione che egli fa dei giuochi di luce, dei trapassi di ombre e del transitorio fenomenismo atmosferico riesce di un'efficacia intensa e dota di un'affascinante grazia naturalistica il cantuccio più apparentemente insignificante di mare o di campagna.

Un posto a parte nell'opera di lui occupano le scene delle strade e delle piazze di Parigi o di Londra, di cui egli ha saputo, in una serie davvero magistrale di quadri, esprimere mirabilmente le grandi masse dei caseggiati, l'andirivieni dei veicoli ed il vivace e tumultuoso formicolio della folla, contemplato talvolta, con una nota di bizzarra originalità di prospettiva che si ritrova ben di sovente nelle stampe giapponesi e di cui un altro pittore impressionista, Georges Caillebotte, si era creata una specialità, dall'alto di un ponte, di un terrazzo o di un balcone.

Il gruppo più significativo e più tipico dell' opera pittorica del Monet, sia per l'eccellenza dei risultati ottenutivi, sia per la rivelazione evidente delle sue abitudini e dei suoi bisogni cerebrali, nonchè dei suoi metodi pratici, è però, senza dubbio costituito dalle serie che portano rispettivamente i titoli di Le biche, La tcattedrale di Rouen, Il Golfo Juan, Le roccie di Belle-Isle, I pioppi in riva al fiume Epte, I ponti di Londra, Lo stagno delle ninfee e nelle quali un medesimo spettacolo, scene di mare, filza di sottili alberi lungo l'acqua, scolpita massa monumentale di vecchie pietre o laghetto di giardino, cavalcata da un ponticello, sonoci presentati, con una continua differenziazione di rinnovatori e trasformatori effetti luminosi, che ci sorprendono spesso come una rivelazione e sempre ci seducono, dal nostro pittore, il quale compiacesi a lavorare nello stesso tempo a parecchie tele, raffigurando una medesima località campestre o marina a seconda della diversa apparenza che essa assume nelle varie ore della giornata ed attraverso i vari stati dell'atmosfera e sfoggiando quella singolare maestria nel raffigurare, mercè la divisione dei colori a piccole macchie sovrapposte, i bagliori più o meno intensi del sole crescente o declinante, che ad una sua ammiratrice, valente pittrice anche lei, Berthe Morisot, faceva ingegnosamente osservare: " Dinanzi ad un quadro di Monet io so sempre da qual parte inclinare il mio ombrellino ".

 

Siamo adesso ben lontani dall'epoca in cui il pubblico, i critici ed i confratelli d'arte si ribellavano. intransigenti e furibondi, fatte poche onorevoli eccezioni, alla fresca, schietta e gioconda visione che delle cose e degli uomini, sotto l'incessante mutarsi della, vita in movimento e dei fenomeni luminosi, apportavano i novatori ingenui ed i ribelli senza preconcetto alla tradizione che furono e sono tuttora rimasti i pittori francesi impressionisti, ed oggidi ognuno che ami l'arte, esclusi i pochi ostinati nei dommi accademici ed i molti che non hanno potuto o saputo procurarsi la necessaria piccola iniziazione che richiede qualsiasi nuova formula estetica, deve riconoscere, se anche non simpatizzi del tutto con alcune delle sue manifestazioni pittoriche, che Claude Monet è uno dei paesisti più genialmente originali dei tempi nostri e che a lui, fattosi, di proposito deliberato, il sapiente rivelatore delle gioie sottili e intense che lo spettacolo multiforme e di continuo cangiante dell'universo può procurare alle pupille umane, noi dobbiamo non soltanto ammirazione per la sua rara bravura artistica, ma anche gratitudine come ad un educatore e ad un raffinatore della nostra sensibilità visiva.

Vittorio Pica                  


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