Pillole d'Arte

    
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Fonte : Gl'impressionisti francesi - Vittorio Pica - 1908
(Begamo - Istituto Italiano d'Arti Grafiche)

 

Pierre Auguste Renoir

Auguste Renoir, di cui, per la schietta modestia che lo caratterizza, sappiamo soltanto che è nato a Limoges il 25 febbraio del 1841, che ha, con fervida passione, consacrata tutta la sua esistenza alla pittura e che di proposito deliberato si è tenuto lontano dalle esposizioni ufficiali, avrebbe dovuto, sia per la geniale sua versatilità, sia per lo spontaneo senso di poetica grazia, che emana da tante delle sue tele, richiamare, più di ogni altro dei componenti del gruppo impressionista, l'attenzione dei critici e degli intenditori d'arte su di sé e sull'abbondante ed originalissima opera sua. Se ciò non è avvenuto e se anzi, fino a qualche anno fa, è stato meno discusso degli altri in male od in bene, se è rimasto ingiustamente per parecchio tempo nell'ombra, io credo che ciò sia dipeso dal non possedere egli né lo spirito instancabilmente combattivo di Edouard Manet, né la pertinace e paziente costanza di Claude Monet nel limitare la sfera dei propri esperimenti di rinnovazione tecnica quasi esclusivamente allo studio della luce e della trasparenza atmosferica nel paesaggio, unita ad una spiccata preferenza nel chiedere l'ispirazione, durante un periodo di tempo più o meno lungo, ad una sola località, né la sdegnosa e mordace misantropia di Edgar Degas, atta per la medesima sua rigidità a suscitare la curiosità del pubblico, né l'abitudine di Jean-Francois Raffaelli di frequentare i cenacoli letterari di avanguardia e di scrivere, con stile facile ed elegante, sempre che gliene se ne presenti il destro, un manifesto, una prefazione od un'epistola ai giornali in sostegno del proprio indirizzo artistico.

Come che sia, l'ora della giustizia è suonata anche per lui, giacché quasi tutti, con maggiori o minori riserve, riconosciamo che gli Huysmans, i Duret ed i Geffroy avevano ragione di proclamarlo, nei giorni ora lontani delle dinegazioni dispettose ed ostinate, uno dei rappresentanti più tipici, più individuali ed anche più profondamente nazionali della pittura francese di quest'ultimo cinquantennio. In quanto a diventare popolare nel senso più ampio della parola, io credo che il Renoir non lo diventerà mai, come mai lo diventeranno gli altri impressionisti, perchè il loro modernismo è, nello stesso modo che in letteratura quello dei fratelli Goncourt, d'indole aristocratica, mentre invece il realismo pittorico di Courbet e di Millet ed il naturalismo letterario di Zola sono evidentemente d'indole democratica ed atti quindi ad essere compresi e gustati dal gran pubblico, superato che questo abbia quei pregiudizi tradizionalistici, i quali per qualche tempo lo tennero lontano ed in sospetto.

La versatilità, come ho già detto di sopra, si presenta di prim'acchito quale uno dei caratteri essenziali d'Auguste Renoir a chi consideri il complesso dell'opera sua ed essa si manifesta non soltanto nella scelta dei soggetti dei suoi quadri, che, pure tenendosi aliena decisamente dall'astrazione delle allegorie e dei simboli, passa un po' per tutti i generi, dalle vaste scene della turbinosa vita odierna delle grandi città alle scene dell'intima esistenza domestica, dai paesaggi alle marine, dagli studi di nudo agli studi di fiori, ma anche nella tecnica, la quale, pure fondandosi sempre su certi processi novatori, passa dalle levigature della spatola sostituita al pennello del Gruppo delle bagnanti della pinacoteca privata del pittore Blanche, alla divisione dei toni del Ballo nel Mouline de la Galette del Museo del Lussemburgo, dal puntinismo del Ritratto di Alfred Sisley all'opposizione cruda e senza trapassi di tinte vive da tappezzeria orientale di Al piano e d'altri quadri di data recente.

Questo continuo trascorrere da un motivo ad un altro e da una fattura a un' altra, se può riuscire imbarazzante e fastidioso pei critici pigri e metodici che amano rinchiudere gli artisti in un dato genere, in una data tendenza ed in una data tecnica, come negli scomparti di un ideale casellario classificatore, dimostra nel Renoir un'indole pittorica non facile ad accontentarsi, un'irrequieta e ricercatrice sensibilità di pupilla ed uno spirito in assiduo fermento creativo, che gli darebbero bene a diritto di ripetere per proprio conto la tipica frase del Manet: Ogni volta che incomincio un quadro, mi butto in acqua per imparare a nuotare . L'aspetto, però, sotto cui il Renoir ci si presenta più originale e più caratteristico, pure riattaccandosi, malgrado qualche influenza giapponese nei particolari, alla tradizione di gioconda eleganza degli squisiti maestri della tavolozza del Settecento francese, è quella di dipintore della donna ignuda o vestita.

Magnificatore deliziosamente poetico, non meno ma in modo assai diverso dei francesi Watteau e Fragonard e del giapponese Utamaro, della giovinezza, della grazia e della beltà femminili, egli ha creato, mercé un'armoniosa e sapiente gamma di colori ed un disegno non sempre corretto ma quasi sempre di non comune efficacia rappresentativa, un tipo di donna irresistibilmente ammaliante nella formosa freschezza giovanile delle carni morbide e rosee e nell'ingenuità un po' selvaggia del riso, che le brilla negli occhi limpidi e teneri e sulle labbra porporine, promettitrici di baci. Siamo ben lungi così dai nudi di Félicien Rops di una bellezza formosa e procace, come da quelli di Edgar Degas, portanti le stimmate deturpatrici del vestito moderno e presentanti le flacidezze, le rugosità, gli stiramenti e gli arrossamenti o gli scoloramenti prodotti dalle malattie e dalla vita antigienica della città, o da quelli di Anders Zorn di rusticana soda grossolanità; Auguste Renoir, infatti, contempla la donna con occhio ottimista d'innamorato e la raffigura con pennelli lusinghevolmente carezzevoli, che attribuiscono alla bellezza di lei qualche cosa d'irreale, sempre che egli la dipinga nella sua nudità nativamente voluttuosa, la quale fa ripensare, come con molta giustezza osserva il Mauclair, alla descrizione mirabilmente suggestiva che di una figura muliebre fa, nel delizioso suo poemuccio in prosa Il fenomeno futuro, Stéphane Mallarmé, amico affettuoso del nostro pittore.

Ascoltatene un brano e guardate poi la vaghissima bagnante, che trovasi riprodotta nella tavola fuori testo, che accompagna questo capitolo e non potrete non rilevare anche voi la stretta affinità fra la creazione del poeta e quella del pittore.

"Io vi porto viva (preservata attraverso gli anni dalla scienza sovrana), una donna d'altri tempi. Certa follia, semplice ed originale, un'estasi d'oro, un non so che ! da lei nomata capigliatura, piegasi, con la grazia delle stoffe, intorno ad un viso illuminato dalla nudità sanguigna delle sue labbra. Al posto dei vani abbigliamenti ella ha un corpo; e gli occhi, simili a gemme preziose, non valgono lo sguardo che vien fuori dalla sua carne gioconda, dai seni eretti, quasi fossero colmi di un latte eterno, con le punte verso il cielo, dalle gambe levigate, che serbano il sale del primogenito mare "

Allorquando però il Renoir dipinge la donna vestita si riavvicina alla realtà, pure serbando una spiccata predilezione per il consueto suo tipo femminile di un candore sensuale, due parole, queste, il cui accoppiamento alquanto strano ne esprime però molto bene lo speciale carattere. Nelle tele Il palco, che è forse il suo capolavoro e che appariva come la gemma più fulgida della sceltissima collezione di pitture impressionistiche esposte nella mostra mondiale di Parigi del 1900, la tazza di thè, Il gioco del volante, Due giovani signore in giardino, A teatro, Pensierosa ed in qualche ritratto, come in quello bellissimo dell'attrice Jeanne Samary ed in quelli, aggruppati con tanta veristica naturalezza, della Famiglia dell'artista e della Signora Charpentier con le sue bambine, egli si afferma raffiguratore difficilmente pareggiabile della donna moderna, specie per la spontaneità delle pose, per l'espressione civettuola e sognatrice dei volti e per la complicata eleganza delle vesti.

Alcuni altri quadri, come ad esempio Al piano, Sulla terrazza e Primo passo, lo rivelano non meno valente nell'esprimere pittoricamente la gentilezza e la grazia dell'infanzia e sopra tutto dell'adolescenza muliebre. La prima delle opere testé citate, che fu acquistata nel 1902 pel Museo del Lussemburgo, è notevole altresì quale saggio della più recente sua tecnica. In essa il Renoir ci appare un virtuoso delle dissonanze cromatiche, che, disdegnando le sfumature delicate, le gamme tenuamente degradanti e gli accordi in sordina, compiacesi nel riavvicinare le tinte più acri e violente, spingendole talvolta fino all'esacerbazione, col desiderio di creare rapporti di colori affatto inconsueti, fuorché in qualche stoffa od in qualche tappeto del lontano Oriente, e di riuscire, malgrado tutto, a sapientemente armonizzarle. Siccome è facile l'intendere, sono queste le tele meno adatte ad essere dai più apprezzate e gustate, perché richieggono in chi le contempla un volontario sforzo per emanciparsi da inveterate consuetudini ottiche onde ottenere una vittoria estetica di comprensione, eguagliabile in certo modo, in quanto a compiacimento cerebrale, a quello provato dall'artista nella creazione.

Senza attardarmi in una disamina delle marine e dei paesaggi, nei quali, pure riuscendo molto efficace nella delicata notazione dei più diversi effetti luminosi, il Renoir non si appalesa molto spiccatamente differente nella visione e nella fattura dai suoi compagni di rinnovazione pittorica Monet, Sisley e Pissarro, e degli studi di fiori, che sono così gustosi per un occhio educato a compiacersi ai sapienti impasti di colori e che riaffermano in maniera evidente le doti garbatamente decorative, le quali appaiono, dove più e dove meno, in quasi ogni sua tela, io voglio, prima di chiudere questo capitolo, richiamare tutta l'attenzione dei miei lettori sulle due opere sue più importanti e più significative: La colazione dei canottieri ed Il ballo nel Mouline de la Galette.

Con esse, il pittore dei bei nudi femminili, delle amabili scene domestiche, delle sorridenti figure di giovani donne, di adolescenti e di bambini, delle campagne arborate, dei fiumi solcati da canotti e da barche a vela, delle spiaggie marine, della laguna veneta, dei fiori variopinti e delle frutta vellutate, assurge ad osservatore acuto e chiaroveggente ed a rappresentatore preciso, minuzioso ed agilmente brillante della movimentata folla dei giorni nostri, sia sotto i riflessi aurei del sole, sia sotto il giuoco bizzarro delle luci e delle ombre semoventi dei becchi a gas o delle lampade elettriche, e crea due quadri magistrali, degni proprio di essere posti a raffronto per la rara efficacia evocativa e l'intenso sentimento di modernità, con alcuni dei più riusciti capitoli descrittivi di Flaubert, dei Goncourt, di Zola e di Daudet.

 

Vittorio Pica