Pillole d'Arte
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Giuseppe Cammarano - (1)
E' questa una delle pochissime biografie che conterra' il nostro albo. Quand'anche ci fossimo prefissi di non pubblicarne, il nome venerando del Cammarano formava di per se una eccezione.
Giuseppe Cammarano - (2)
Ecco il giudizio che da' di essa il Lanzi: � La scuola di Napoli non ha avuto forme cosi' originali come altre d'Italia: ma ha dato luogo ad ogni buona maniera, secondocche' i giovani usciti di patria vi han riportato lo stile di questo o di quel maestro, e secondocche' i sovrani e i grandi del regno hanno invitati, o almeno impiegati i migliori esteri: nel che Napoli non cede forse ad altre citta' d'Italia da Roma in fuori. Cosi questo luogo ha avuto costantemente bravi pennelli per ornare si gran metropoli, doviziosa del pari e nei palagi e nei tempi. Ne' ha dovuto desiderare i grandi ingegni, essendone copiosa la nazione per ogni studio a cui si volga; ma specialmente per quegli che abbisogna di una fervida immaginazione e di un certo fuoco animatore insieme ebbe a dire che niuna parte d'Italia potea vantare ugual numero di pittori nati; tanto e' l'estro, la fantasia, la franchezza con cui si veggono per la maggior parte formate le opere, di quei professori. �
Storia Pittorica. Lib. IV.
Giuseppe Cammarano - (3)
Era nato in Sciacca, provincia di Girgenti, nel 1766, ed era venuto in Napoli di mesi 7.
Giuseppe Cammarano - (4)
Ci limitiamo in nota ad accennare i principali. Reduce da Roma dipinse a tempra nella reggia di Caserta una grande soffitta, rappresentandovi il Genio che riceve da Minerva le corone della Immortalita' e le dispensa alle Scienze e alle Arti; opera pregiata per bellezza di composizione e bonta' di colore. Decoro' di figure allegoriche il teatro costruito nella reggia da Ferdinando I. Nell'anno 1819 esegui' nella sala del Consiglio nella stessa reggia una superba tempera rappresentante Minerva che premia la Virtu'; e nelle mura della Cappella, al disopra della tribuna, fece in affresco tanti angeli in piedi, ognuno avente in mano un sacro emblema, alla foggia bizantina. Orno' ancora di dipinti il palazzo della Foresteria, ove chiamano ancora l'attenzione una soffitta ove e' effigiato il Giorno e la Notte e delle pareti raffiguranti delle deita'.

Chiamato nel 1830 a decorare il palazzo del Principe di Capua, vi fece molte belle pitture e fra le altre la galleria nella cui soffitta elligio' Flavio Gioia con intorno il Colombo, il Vespucci il Polo, ed altri insigni navigatori.

Nel 1838 esegui' un grande affresco nella reggia rappresentante, il duca di Calabria che scaccia i Turchi da Otranto. Poco dopo, in una delle soffitte dello stesso regal palagio dipinse in quattro ripartizioni le nozze di Amore e Psiche, Arianna e Bacco, Apollo colle Muse, e Ganimede che versa il nettare a Giove. E nella cattedrale di Caserta, in affresco, la cena de' dodici Apostoli.

Nel palazzo del principe di S. Antimo v'e' del Cammarano una Psiche portata dai zeffiri, bel dipinto a tempera che riscosse gli elogi del Benvenuti.

La famiglia conserva poi una quantita' di bozzetti in tela. Di lui si veggono ancora molti ritratti, ma sembra che questo genere di pittura non sia stato il suo forte.

Giuseppe Cammarano - (5)
La tela si e' dovuta togliere e porre da parte, perche' logora dal soverchio uso.
Giuseppe Cammarano - (6)
Egli e' stato anche insignito della decorazione francese del Giglio, di quella del Merito di Francesco I, ed era socio della r Accademia Borbonica, ramo belle arti.
Nota - (1)
S' intende del febbraio 1851 in cui fu scritto questo discorso.
Nota - (2)
Abbiamo detto che questo discorso fu scritto in Febbrajo 1851. Ora soggiungiamo che l'Accademia credette di trascegliere fra i concorrenti l'egregio pittore signor Giuseppe Mancinelli (L'A.)
Nota - (1)
A quanto ha detto il ch. signor Bonucci ci permettiamo di soggiungere che in questa gentile scultura del de Crescenzo l'esecuzione pareggia in leggiadria l'idea. Evidente ne è l'espressione, castigato ilt disegno, accurata la scelta delle forme; e quantunque la tunica collo scendere semplicemente lungo la persona le tolga e ne celi alquante delle grazie, pure l'artista ha saputo evitarne tutti gl'inconvenienti, come cavarne tutto il profitto che poteva. Chi infatti osserva l'accuto modo onde il undo traspare di sotto alla veste la ove si attaglia più alla persona, non che il ricco e felice partito di pieghe che il solo alto del sollevare della mano sinistra produce e che getta una bella ombra sulla gamba sottoposta, dove di necessità tributare una speciale lode all'egregio scuttore.
Edouard Manet - (1)
Apparentati per indole e per fattura al Manet della prima maniera, pure risentendo come lui un po' l'influenza di Courbet, apparso nelle sale d'arte retrospettiva del Grand Palais ai visitatori mondiali dell'esposizione parigina del 1900 tre pittori francesi di singolare valentia. L'uno era Henry Fantin-Latour (1836-1904), di cui, però, accanto a due gruppi di ritratti di schietto e robusto realismo, >i>La famiglia D... e quel famoso Cantuccio di tavola, che contiene l'effige di geniale enfant-terrible d'Arthur Rimbaud, trovavansi alcune tele di fattura e d'ispirazione affatto diverse e di più personale originalità nella loro delicata vaporosità di visione fantasiosa. Il secondo era Alphonse Legros (1837), stabilitosi fino dal 1868 a Londra, dove si è creato una celebrità soprattutto come acquafortista, con Ex-voto di proprietà della città di Digione, quadro magistralmente dipinto e di rara efficacia evocativa nella veristica sua semplicità. Il terzo, infine, era Frederic Bazille (1841-1870), morto come il Regnault, non ancora trentenne nella guerra franco-prussiana, prima di aver acquistata la larga notorietà, di cui, come eloquentemente l'attestabo quelle due belle tele che sono Donna seduta a pie' d'un albero e L'uscita dal bagno, lo rendevano meritevole le non comuni sue doti pittoriche e in ispecie l'individuale sua visione del vero, e che a lui, come al Trutat, al Regamey e a una diecina d'altri artisti, a torto dimenticati o disdegnati, doveva procurare, con postuma giustizia, la mostra centennale dell'arte francese dell'Ottocento, ordinata con tanto intelligente amore da Roger Marx.