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(Fonte : Dedalo - Rassegna d'arte, - 1924-25)
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TRE QUADRI DI FELICE CARENA
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Il pittore Felice Carena lascia Roma e va ad insegnare
pittura nella Regia Accademia fiorentina di belle arti.
Pochi pittori hanno oggi in Italia altrettanto diritto
d'insegnare l'arte loro. Egli è arrivato a questa coscienza,
equilibrio e semplicità attraverso esperienze che negli anni
precedenti la guerra poterono anche sembrare
contraddittorie. Ma fu, fino dai suoi inizi, fedele allo
studio della figura umana. Ricco di sentimento, anzi di
passione, credette sulle prime di rivelarla retoricamente in
colori sgargianti che sfumavano l'uno nell'altro senza la
fermezza di contorni pure visibile nei suoi tanti studi e
disegni. Dopo il " riposo " della guerra ch'egli ha
combattuta in linea, e dopo l'esame di coscienza cui lo
condussero il fatto della guerra e la lunga assenza dal suo
studio, vedemmo quadri di lui più fermi e definiti, ma in
colori tetri e legnosi. Con la " Quiete " esposta a Venezia
nel 1922 egli rifuse in quei fermi contorni un colorito
ricco e prezioso.
Allora qui gli chiedemmo: " Guardando un quadro di lui
vorremmo sentire l'impegno di lui uomo, non solo di lui
pittore, nell'opera sua. Noi speriamo di potere un giorno
ammirare una pittura di lui che sia un'eco non solo della
sua fantasia pittorica ma anche dell'anima sua, perchè
l'arte o è tutto l'uomo che la crea o rischia d'essere
niente". |
Si guardino, per giudicare, questi tre ultimi quadri suoi.
Uno è una variante della " Quiete " del 1922. Solo il
confronto tra questi due dipinti sarebbe una lezione di
pittura e di composizione. La tenda bruna che, appesa in
alto tra due rami, sapeva di chiuso e d'accademico, è
scomparsa; sono scomparsi il boccale, i piatti, il canestro
di frutta, il mazzolino di fiori, le zucche messe lì a
riempire e ad adornare il primo piano, a sfoggiarvi una
sapiente e succosa pittura di "nature morte". La nuda che
era il centro del quadro, dipinta di schiena come per una
scommessa, diventa questa nuda, seduta quasi di profilo, con
la gamba sinistra spiegata in una molle linea che è
continuata in diagonale dal tronco scuro a poche fronde su
fino all'angolo opposto della tela. Il lenzuolo bianco su
cui ella s'adagia, accompagna discreto la linea della gamba,
senza più perdersi nelle cento pieghe e onde del primo
dipinto. A segnare, per contrasto con quella diagonale, la
linea verticale, non sta più solo il torso dorato della
bagnante, ma un altro chiaro fusto che si parte dal primo
piano e attraversa per ritto tutto il quadro. Delle due
bagnanti che si curvano a raccogliere fiori, una sola è
rimasta. E il cielo lontano riappare a sinistra tra gli
alberi.
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Ma questo è ancora un quadro di studio, quasi un saggio di
raffinato buon gusto e di meditata serenità. Sono gli altri
due dipinti, di soggetto sacro, a rivelare il nuovo Carena,
quale noi l'annunciavamo due anni fa, più profondo e
commosso. La " Deposizione ", col corpo del Cristo
appoggiato sul margine del sepolcro e sorretto da Maria e da
Giuseppe d'Arimatea, prova nella tragica solennità di queste
tre figure, nel silenzio dei tre volti accostati, che anche
il pittore d'oggi può, se sa, fare opera di religione, degna
d'un altare. Gesù che il buon Giuseppe ha lavato e profumato
e a cui ha unto i capelli prima di " involgerlo nel lenzuolo
netto ", ricorda nel volto il Gesù della Pietà dipinta dal
Bellini oggi nel palazzo Ducale di Venezia. È come un
richiamo a quelle altezze donde da più d'un secolo la
pittura sacra è discesa. Il paesaggio rupestre ed eccelso
aumenta l'impressione di solitudine intorno a quel morto e a
quella tomba.
Il terzo dipinto, i " Pellegrini d' il racconto di San Luca
già caro a cento pittori, da Raffaello a Delacroix : " Egli
adunque entrò nell'albergo per rimanere con loro, e quando
si fu messo a tavola con loro, prese il pane... " Questo che
riproduciamo, è un primo abbozzo del dipinto che figurerà
nella Biennale veneziana del 1926; ma già vi si vede la
risolutezza e l'originalità del Carena nell'accostarsi a
questi grandi temi, nel rinnovarli ponendoli al centro della
nostra vita poiché sono eterni, nell'escludere ogni
frivolezza che distragga l'animo del riguardante, anzi del
credente. Egli entra adesso nella sua maturità sapendo quel
che ha da dire, e sapendo come l'ha da dire, perchè possiede
ormai un linguaggio e uno stile suo.
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U. O. |
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