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(Fonte : Emporium - nr 198 - Giugno 1911)
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L'esposizione annuale della Permanente milanese
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La grande Esposizione di Roma, dove pochissimi sono riusciti
ad entrare, pur fra coloro che già si son fatto largo tra la
folla dei mediocri, e le biennali di Venezia, dove
l'ammissione è sempre problematica quando non si abbia
qualcosa di nuovo da esprimere, o, meglio, quando non si
sappia esprimere qualcosa in modo poco solito, han certo
favorito questa Mostra primaverile della Società milanese
per le Belle Arti, la quale è ben degna di quella rinascita
cui accennavo a proposito della precedente Esposizione di
Brera, come n'era degna la Mostra della nuova Società degli
Acquerellisti lombardi, che ha preceduto una
interessantissima ma poco fortunata mostra di acqueforti del
Brangwyn.
Poichè questa Mostra primaverile della Permanente non si
presenta a noi come le troppe che si seguirono negli ultimi
anni: raccolte di opere di soci fatte alla bell'e meglio,
rifiuti di altre esposizioni, o primi saggi di esordienti, o
vani conati di genii incompresi, o robetta buttata giù per
l'allettamento di bottegai arricchiti.... Questa Mostra, se
anche priva di quelli che si soglion battezzare a prima
giunta, e con soverchia presunzione, capolavori, contiene
non poche tele e lavori plastici di prim'ordine, che si
fanno indugiar davanti la compiacenza del visitatore, e un
numero affatto trascurabile di cose volgari per concezione o
per fattura che possano vivamente urtare il suo senso
estetico.
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In prima linea, naturalmente, si notano i principali maestri
lombardi del colore e della forma: dal Carcano, sempre
giovane e attraente nelle sue brevi visioni pittoriche, a
Giorgio Belloni, che a una delle sue mirabili marine
aggiunge un solido bosco autunnale che nel complesso e nei
particolari s'impone subito alla nostra ammirazione; da
Pompeo Mariani, che ferma tre momenti del suo rinnovato
amore pel mare in tre deliziose impressioni, a Emilio Gola,
che cura, ingentilisce, raffina sempre più la consueta
rustica visione; da Leonardo Bazzaro, che ripete pur lui, ma
con nuove espressioni, motivi rusticani già da noi ammirati,
a Emilio Borsa, che con nuovi sforzi in questa sua dolorosa
quaresima, cerca di penetrare nel mistero delle semplici
cose; da Giuseppe Mentessi, che con somma disinvoltura passa
dalla poesia del Saccheggio al verismo delle due
impressioni sul lago, a Luigi Rossi, sempre franco e
simpatico; dal Morbelli, che ci ridà la malinconica scenetta
di un solitario Natale nel Luogo Pio Trivulzio, a
Emilio Longoni, che, pur lui divisionista persistente, ci
ridà le sue efficaci visioni alpine.
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Ma altri maestri del pennello han voluto partecipare, dalle
terre lontane, a questa lieta primavera artistica: da Marco
Calderini, che dall'antica capitale allobroga ha mandato due
nuove finitissime visioni: una Sera di novembre sul Po
e una Strada del Piccolo S. Bernardo, ad Enrico
Reycend, che, pur dal Piemonte, ha aggiunto quattro fresche
impressioni di mare e di montagna; da Francesco Sartorelli,
che, dalla Laguna, ci offre l'incanto suggestivo di un
effetto di luna su un gruppo di case di pescatori e
un attraentissimo angolo del Livenza sotto un cielo
pittoricamente movimentato, a Giuseppe Sacheri, che, dalla
Superba, ci sciorina davanti dei motivi d'acque e di cieli
arrisi dalla luna o intorbidati dal temporale; da Giuseppe
Casciaro, principe dei nostri pastellisti, che rinnova in
noi, da' piedi del Vesuvio, il godimento delle sue limpide,
freschissime, squisite visioni meridionali, a un altro
meridionale che fu pastellista emerito e che, vivendo fra le
brume padane, con lo studio assiduo e pertinace, si è
assicurata la riconoscenza dei colleghi prima con la tempera
a cui ha dato il nome e ora con l'anacrosina, una
nuova sua vernice, largamente sperimentata in questa Mostra,
che dà lucentezza di smalto ai nuovi dipinti ad olio e ai
vecchi ridona la primitiva freschezza.
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Ma non soltanto coloro che già conquistarono per le loro
doti eccezionali fama e notorietà sono oggi ammirevoli nelle
sette sale della Permanente, a noi incombe l'obbligo di non
trascurare alcuno, attraversando quelle sale e segnando
brevi postille ai margini del catalogo. C'è Vittorio Avanzi,
nella prima, con alcuni soggettini internazionali segnati
con lodevole speditezza; c'è Roberto Borsa, che cerca, ben
preparato, una via e non sempre riesce a sottrarsi a qualche
imitazione, come nel Rio che ricorda troppo Marius
Pictor; c'è Arturo Ferrari, che in un vasto acquerello ricco
di belle qualità, perpetua un angolo della Milano che
scompare, e c'è il cremonese Carlo Vittori con una mezza
dozzina di cosette assai carine e nobilmente sentite.
Giovanni Sottocornola con uno studio assai garbato, Ambrogio
Alciati con un originale ritratto e una testina stupenda, un
vero gioiello, Carlo Cazzaniga che forza il suo temperamento
in una non necessaria imitazione manciniana, e i già lodati
Belloni, Casciaro, Morbelli, Emilio Borsa ed Emilio Longoni,
formano la maggiore attraenza della seconda sala. In essa
comincia pure a farsi strada nelle simpatie del visitatore
un giovine artista, Mario Bettinelli, che a me pare
senz'altro il più autentico trionfatore di questa
Esposizione, e non tanto per ciò che or ci dice come per
quanto ci promette con le sue eminenti qualità di colorista,
di disegnatore e di osservatore. Le sue teste hanno
profondità psicologica come i suoi paesaggi hanno
originalità di taglio, finezze analitiche, squillanti
vibrazioni di luce: il suo ingegno è acuto come la sua mano
è sicura: l'amore suo per ogni aristocrazia d'arte, la
passione sua per le ricerche di un'espressione non comune,
sono così elevate, che dànno il maggiore affidamento per
l'avvenire.
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Antonio Piatti, un giovine che è già molto innanzi nella
pubblica estimazione, ha unito, nella terza sala, un vecchio
quadro, Al focolare, ammirato e premiato altrove, due
fresche e leggiadre impressioni esotiche e un abbozzo di
ritratto, che dànno un'idea precisa della sua personalità
artistica. Gli sono attorno, coi summentovati Sartorelli e
Reycend, Romano Valori ricco di belle intenzioni, Roberto
Borsa confermante nel ritratto della madre le qualità
precedentemente accennate, Antonio Pasinetti, Luigi Conconi,
Ermenegildo Agazzi — tre espressioni diverse ma
interessanti; - Alberto Zardo con una settecentesca
passeggiata solitaria, Luigi Brignoli coi suoi
Dintorni di Bergamo
frescamente riprodotti, la signorina Alina Orio che ben
segue gli ammaestramenti del Bazzaro e Lodovico Zambelletti
che, nelle impressioni paesistiche e nelle figure eleganti,
dà novelle prove di una elegante prontezza pittorica. In
questa sala si fa inoltre largamente ammirare con uno dei
soliti suoi gruppetti plastici, Il segreto di Nives,
Eugenio Pellini, riaffermante con sempre nuove impronte la
sua già consacrata genialità.
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Meno attraente delle altre appare la quarta sala, dove sono
allineate parecchie opere poco notevoli, e d'onde, dopo la
sosta innanzi al rustico del Bettinelli, e uno sguardo di
simpatia al Bresciani, al Bortolotti, a Romolo Ubertaldi,
che rivela eccellenti doti di pastellista, e alla signora
Valentini-Sala, si passa nella sala della scultura, a cui fa
da sentinella uno spiritoso gessetto di Cesare Ravasco.
L'Alberti vi ha riesposto il robusto Marat già lodato
a Venezia, con una bella testa in bronzo; Prassitele
Barzaghi vi interpreta con vigore il vecchio tema della
maternità, Romolo Dal Bo vi acquista nuova considerazione
per una più originale interpretazione della mitologica
favola di Leda; e vi mostrano il loro valore il Savoldi, il
Prandoni, Cesare Ravasco, G. Cantù e G. Avogadri.
Pur nella seguente sala son due lodevoli bronzi: i Primi
passi del Ghidoni e la testa laziale del Bentivegna, fra
bei dipinti di Angelo Landi, di L. Napoleone Grady, una
degna marina, di A. Quarantelli pieno di sincerità nel suo
paesaggio, di Luigi Bazorini - un altro vivo paesaggio - di
Alessandro ballotti, un altro giovane che procede con
sicurezza, facendo onore al Bazzaro, suo maestro, e affronta
una ben difficile prova nel Messidoro in montagna; di
Serafino Verazzi, che effonde sul verde fiorito il suo
limpido sole primaverile; di Achille Tominetti,
"l'artista contadino", che piace meglio nella Nevicata,
di altri già valenti o che lo diverranno. Sono qui il
Calderini e il Gola; e qui, nella maggior parete, Riccardo
Galli dà nuovi saggi della sua virtuosità di ritrattista
muliebre con tre figure eleganti se non profonde, piene di
grazia se non piene di possanza; e qui Aldo Mazza sfoggia,
in tre piccoli dipinti, la vivacità della sua tavolozza.
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Mentessi, Bazzaro, Mariani, Carcano, Rossi, tutti, nella
settima sala; e con la grande valentia di questi maestri,
quella di Amero Cagnoni, con l'efficace sala di un noto
club milanese, pieno di ombie e di luci; quella di
Antonio Rizzi, che a preferenza piace nel tè del mattino;
quella di Stefano Bersani, riaffermata in tre piccoli
dipinti. Altri nomi, altre opere avrei potuto citare qua e
colà, in questa frettolosa cronachetta; ma ho preferito
accennare soltanto alle cose che mi son sembrate migliori, o
per lo meno notevoli nelle intenzioni, tralasciando quelle
che o ripetono con viete formole motivi comuni o tentano
coprire con la stramberia la deficienza dell'ispirazione e
della forma. In complesso, però, come notavo in principio,
le cose buone sono più numerose delle mediocri anche in
questa nuova mostra della Permanente, e pochissime, invero,
le cattive, che sono sembrate, forse per ragioni di
contrasto, necessarie alla Commissione, la quale ha per esse
rinunziato alle proprie opere, che certo avrebbero aumentato
il pregio della bella festa artistica. Il sacrifizio è,
comunque, degno di esser segnalato, e con esso il nome dei
quattro egregi artisti : Carlo Balestrini, Achille Beltrame,
Lodovico Cavaleri e Alessandro Laforest.
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Pasquale De Luca
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