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(Fonte : Emporium - n° 222 - Giugno 1913)
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La mostra umoristica a Bergamo
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Le mostre d'arte umoristica sono state messe di moda in
Italia nel 1911 da quella, internazionale, di Rivoli che ha
avuto larghissima ripercussione in tutta la stampa italiana.
Io comprendo la mostra della caricatura e solo dicendola una
moda mi spiego quella dell'umorismo. D'altra parte, sto per
dire come questa moda tramonta.
La distinzione tra umorismo e caricatura può sembrare,
verissimo, troppo sottile e lasciar perplesso qualcuno ma
non meno vero mi sembra che chiunque sia capace di una
visione, se pure incompleta, generale dell'età nostra, non
può a meno di riconoscere come ai nostri spiriti la
deformazione sfacciata, mostruosa perversa, della caricatura
si confaccia assai meglio della fine intonazione umoristica
che riesce a sorprendere, ed anche a pungere rimanendo
inavvertita, fatti cose e persone nei loro risibili aspetti.
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Dopo Rivoli, dunque, lanciò una mostra d'arte umoristica
Firenze; poi, Treviso; indi, modestamente, Milano. Ora Ã? la
volta di Bergamo. Un'altra se ne annuncia dalla rivista
La Donna di Torino, e questa Ã? specializzata.
Consideriamole. Perché, se non mi sbaglio, vi � di che
estrarre una linea evolutiva dall'umorismo alla caricatura.
La mostra di Rivoli volle essere � ne basti il nome:
"Frigidarium" � umoristica. Cercò di far ridere. Volle
sembrare una cosa tutta da ridere. E tale si illusero di
farla credere i giornali che, tutti, inviarono a visitarla
non già i loro critici d'arte, ma i loro redattori mondani.
Scommetto che non si � mai riso così poco come a Rivoli e
che nemmeno gli espositori premiati � almeno quelli che non
hanno ricevuti i premi � ebbero voglia di ridere.
A Firenze l'intenzione fu identica. Indetta pro Libia �
...umoristico pure questo ?... � ebbe anch'essa, come quella
di Rivoli, una esibizione di fantocci di gesso e cenci e
volle far ridere. Vogliamo ripetere che anche là non risero
nemmeno i premiati che non ebbero i premi?
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A
Treviso, a giudicare dal manifesto mascherato in un giuoco
di parole sul nome della città , deve essere stata la
medesima cosa; ed altrettanto credo per la mostra di Milano
che, relegata in una fiera, boicottata da molti artisti, non
Ã? riuscita a destare troppo interesse. In codeste due ultime
mostre, però, l'intenzione di far ridere appariva in
decrescenza. E risulta completamente esiliata da quella di
Bergamo. Nessuno, per questa manifestazione d'arte, si Ã?
pensato di confezionare grotteschi spaventapasseri in
concorrenza con le statue di cera dei baracconi o con la
scultura composita di un pittore futurista. Il cartellone
della mostra, quello che ne ha fatto la presentazione, Ã? una
individuazione della caricatura.
Una conferenza inaugurale � conferenza di
Filiberto Scarpelli, brillante e veramente singolare
non foss'altro perché si udì un oratore parlar di cose
davvero vissute e sentite � si imperniò, semplicemente,
sull'affermazione che "la caricatura Ã? l'anima dell'arte".
La commissione di accettazione, infine, e lo penso a
giudicare dagli scarti, e non so se consapevolmente o se
dimentica dell'aggettivo che Ã? nel titolo della
manifestazione, deve aver voluto tendere alla mostra di
caricature: essa, fra altro ha escluso infatti gran parte di
quanto, per carattere locale, poteva riuscire argomento di
esilarante curiosità .
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Si consideri anche che nessuno degli espositori ha
presentato le solite macchiette di personalità locali più o
meno cospicue con cui, più che altro in base a deformazioni
e coloriture dell'appendice nasale si cerca argomento di
riso senza scrupoli di volgarità plateali. L'unico che nella
mostra può sembrare su questa via (il
Faino), si può dire... che non la segue. Furono gli
amici suoi, in sua assenza a fargli il buon servizio di
presentarne spigliate piacevoli figurette in plastica ed il
servizio pessimo di presentarne modesti tormentati
acquarellini. Che Iddio lo guardi, il Faino, dai suoi amici.
Che Ã? rimasto dunque della Mostra Umoristica di Bergamo: Il
titolo.
Ed ora ricordiamo la predetta mostra di caricature femminili
bandito dalla citata rivista torinese. Non sembra nitida la
linea ? dall'umorismo alla caricatura ? Partita da Rivoli,
l'iniziativa torna a casa, od alle porte di casa, dopo aver
lasciato lungo la via i sonagli del giullare, iniziando una
trasformazione, un ravvedimento, che credo di essere il
primo a segnalare.
Che i promotori di codesta mostra di caricature inibiscano,
con opportune norme regolamentari, la presentazione di opere
già note, che essi vaglino a vaglio minuto la produzione per
limitare l'esposizione alle caricature di tipo, di carattere
generale � ed un grottesco mascherone ironico, nella
fantasia... di un caricaturista, riderà il suo scherno della
vita sormontando il fresco arguto suono della risata
umoristica, stonata, ormai, al nostro ipersensibile
orecchio.
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Ed ora, se ricerchiamo le diverse personalità artistiche che
figurano alla Mostra Umoristica di Bergamo, troveremo, a
conferma, poco umorismo e molta caricatura. Un'osservazione
generale � sulle scarse prove di originalità e sul
predominio dello spirito informatore del Sacchetti � e
veniamo ad una rapida rassegna degli espositori.
Signoreggia, nella considerazione del pubblico, il
Bettinelli di Brescia con oltre venti testoni
d'artisti. Sono, piuttosto che caricature, volute
deformazioni formali; notevoli più per la virtuositÃ
dell'esecuzione che non per l'intensità dell'espressione.
Aroldo Bonzagni, di Cento, benché smembrato nella
sua produzione, benché mal collocato, dimostra una
superiorità incontrastabile. �, della mostra, il più
originale e sopravanza ogni altro di gran lunga.
Il Bonzagni ha un'intuizione intera e precisa degli
avvenimenti del giorno e la sa riassumere in una rapida
sintesi di linee con potenza cromatica singolare in rapporto
alla semplicità dei mezzi. Caricaturalmente, s'intende.
Modernità , cromatismo, concettosità , senso della decorazione
� tutto � sentito dal Bonzagni con esuberanza e violenza ed
espresso con precisa concisione. Ogni suo cartellone Ã? un
colpo d'ariete alle architetture del ridicolo, ogni sua
frase di commento all'opera del
pennello �, lucido e dritto, un «a fondo» magistrale.
Qualche volta Ã? una pugnalata. I cartelloni del Bonzagni
avrebbero creato alla Mostra Umoristica di Bergamo lo sfondo
fantasioso di un «arazzo di immagini» se esposti in serie.
Non so bene perché si � voluto perdere l'opportunità di una
presentazione interessante come sarebbe stata una
«individuale» del Bonzagni.
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L'opera
caricaturale più notevole, nella sua unità , � data da
Filiberto Scarpelli con tre tavole di mala vita
romana, in rosso e nero. Definitive come sono, superanti la
caricatura di persona, delineano con semplicità , nitidezza,
evidenza, persone ed ambienti tipici, riuscendo a
raffigurazione indimenticabile, e direi ad una
rappresentazione. Elogio scarso il designare un
caricaturista tra tanti vignettisti ?
A proposito di vignettisti, c'Ã? il
Codognato che lo Ã? molto brillantemente ma sempre e
lo
Zambeletti che lo Ã? solo talvolta e sa anche
giungere con calcolo esatto all'espressione caricaturale. Il
Galizzi, di Bergamo, si presenta, immutato da come Ã?
conosciuto, a far pensare che la eccezionale potenza
analitica di disegno che egli può vantare non dovrebbe
essere asservita, come qualche volta Ã?, a modesti episodi
frammentari e dovrebbe, d'altro canto, prendere marito: il
colore, o il rilievo.
Aldo Bruno, un debuttante promettente, denota buon
gusto, distinzione, finezza d'umorismo;
Agostoni di Genova impronta con vivace cromaticitÃ
futuristica; Grondona fa della calligrafia; la
Bisi-Fabri anche questa volta Ã? l'unica artista che
scende in gara nel campo della caricatura. E tutti questi,
ad eccezione del Bruno, che � però nel suo umorismo
altrettanto tenue quanto castigato, tutti questi sono dei
caricaturisti.
Un umorista, Ã? vero, c'Ã? ed Ã? il Fiorini di Firenze; ma, si
veda, non Ã?... una "disperazione" ?...
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Giannetto Bisi
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