|
|
|
(Fonte : Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova - 1821)
|
|
PERSEO
Statua in marmo
|
|
Era questo giovane superbo figliuolo di Danae, e di
Giove, a cui costò la più bizzarra trasformazione di quante
mai ne abbia usate quel Dio singolarmente dissoluto.
Venendogli comandato da Policlete, Re dell'Isola di Serifo,
di uccidere la Gorgone Medusa, ebbe Perseo da Plutone, che
volle favorirlo, un elmo in dono, che rendealo invisibile,
ed una spada, mercé di cui potea recidere a Medusa la testa.
Da Mercurio, a cui pure era caro il giovinetto, ebbe ali, e
talari. Giovane di meravigliosa bellezza adorna era Medusa,
e belli avea particolarmente i capelli. Minerva, mascherando
col risentimento destatole da non so quale mancanza di
rispetto la sua naturale invincibile gelosia, e gara di
venustà (gelosia e gara da cui la Dea stessa della sapienza
non seppe andar esente!) cangiolle una parte di que' suoi
Bellissimi capelli in orride serpi, che con orribile nodo si
allacciavano sotto il mento. Canova ci rappresenta il vago
figliuolo di Danae nudo affatto della persona, con elmo in
testa simile nella sua forma ad un berretto Frigio, a cui
soprappose due piccole orecchie, e l'ali, dono di Mercurio.
L'elmo è posto alquanto all'indietro della testa, sicché
n'escono sulla fronte, e la ombreggiano, alquante ciocche di
capelli, leggiadramente negletti. Egli ha i calzari ai
piedi, ed un panneggiamento avvolto intorno al braccio
sinistro, che gli scende poi fino a terra. Con la sinistra
mano tiene ancora minutamente, e sdegnosamente pel ciuffo
de' capelli la recisa testa della Gorgone, e con la destra
languidamente la spada falcata, già ministra del suo
trionfo. Tutta la persona di Perseo s'appoggia sul piede
sinistro; il destro sembra volersi mettere in moto, premendo
col maggior dito la terra, su quello fa forza, e si
sostiene. Gli leggi nel volto ad un tempo la cessante ira
dell'animo, e la nascente compiacenza. Alcune rigide pieghe
della fronte; ed un moto nelle narici manifestano un avanzo
di sdegno; il movimento della testa, e delle labbra, che si
dispongono al sorriso, la soddisfazione per l'ottenuta
vittoria.
|
Ne' puri, e leggiadri contorni delle fresche, e snelle sue
membra, ed in un certo che di celeste, che in tutto lui
spira, volle Canova mostrarci un essere, il quale,
manifestando l'origine sua, fosse un composto di umano, e di
divino, composto singolare, e bizzarro, distinto da quasi
impercettibile filo, di cui ci favella spesso la Mitologia,
isvelandoci gli amori degli Dei, e delle Dee pei mortali, ma
difficilissimo a concepirsi, e più ancora ad esprimersi.
Medusa ha nel volto un misto di bellezza sovrumana, e di
sovrumano orrore, per cui chi la guarda in questa pietra
medesima attonito resta, e diviso fra due contrarj affetti
Così, che ben comprende la ingegnosa allegoria di quella
favola, che ci narra divenisse di pietra chiunque nella vera
e vivente Medusa arrestava lo sguardo.
Tutte le parti del suo volto orribilmente bello cominciano
ad annunziare la mancanza di quel vigore, che prima
sostenevale; ed è così vera in quel volto la morte, e il
decadimento delle narici, della bocca semiaperta, e delle
guancie, che fissandola alquanto progressivo lo crederesti;
effetto mirabile del sommo talento dallo Scultore, il quale
non potendo disporre, che d'un breve istante, riscaldando
l'immaginazione, e commovendo il cuore, col presente il
passato ci fa vedere, e il non lontano avvenire.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|