E? il prato novellamente fiorito in quel dolce mattino
primaverile, la luce ha freschezze rosee, come i primi fiori
sugli alberi lontani ancora spogli di fronde, l'aria é
tenera e sottile come l'erba da poco sorta sopra lo strato
di terra. E? un senso diffuso di cominciamento in tutte le
cose, quasi che serbassero le tracce della recente
creazione, quasi che allora fossero esplose alla vita. In
questo momento iniziale appariscono tre fanciulle, come un
sorriso di bellezza viva. Stanno per comporre l'armonia dei
giovanili corpi ignudi nell?atteggiamento giocondo della
creatura umana, in un ritmo per cui le membra si
compiacciono del moto che ne rivela la perfezione. Ma una
lieve timidezza stadia renderle esitanti, una vaga
incertezza fa del loro gesto quasi una prova. Per la prima
volta si trovano esse così libere nel leggiadro giardino
della vita, per la prima volta la loro intatta bellezza può
manifestarsi come una virtù, per la prima volta la lieta
festa della giovinezza può celebrarsi nella sua pompa più
seducente ?
Forse una oscura memoria è nella loro ingenua
femminilità, una memoria remota di essersi un?altra volta
trovate insieme, nello stesso giardino, dilettandosi nella
danza istessa; forse in sogno, forse in un'altra età ? 0 è
un ricordo essenziale delle cose, della materia onde i loro
corpi sono costruiti, talché malgrado l' inscienza le agili
braccia si sollevano, le gambe avanzano, i fianchi si
curvano e le teste si inclinano a costituire il disegno
supremo mirabile che illustra la massima nobiltà della loro
struttura, che offre tutta la magnificenza che da loro può
palesarsi ?
Per quanti anni, per quanti secoli terra e vita furono un
orto precluso, e la gioia della bellezza e della giovinezza
fu disconosciuta e respinta ? Per quanti anni, per quanti
secoli furono le riapparse fanciulle tenute prigioniere in
tetre case, in fumide città, costrette le membra insigni
dentro saj degradanti e la loro infervorante potenza in
opere mortificatici ? Quando furono libere ? Come si compì
il prodigio della loro liberazione e della loro apparizione
?
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E nell'anima dello spettatore affascinato si rievoca la
storia della bellezza e della gioia umane in uno scorcio
sintetico istantaneo, come per un'ansia mortale si rivive in
un istante l?intera esistenza. Si illumina il mondo antico,
la conquista assoluta dell'uomo per la sua felicità e per i
suo dominio, e i fasti grandiosi di bellezza e di piacere
con cui assoggettando tutto un popolo ad una sola meta, ad
una sola opera, quella di allietare e di abbellire il suo
trionfo. E in sommo risplende il frutto di tulle le delizie
della vita nell' Ellade; e compiuta come un'opera di
bellezza è più completa e più libera della più alta forma di
gaudio ed ogni alto inteso come un capolavoro, una
testimonianza di eternità. E poi il crollo, l?inversione
tragica dell' anima universale, l'inverno gelido e deserto
succeduto alla più florida estate, le tenebre fitte ai più
abbaglianti splendori; indi un palpito di rinascita, un
raggio di luce, una espansione vittoriosa di gioia e di
bellezza, e l'uomo richiamato alla sua vera meta, godente di
vita nella terra letificata è creatore di bellezza nell'atto
medesimo di vita, e poi ancora la decadenza, l'abbrutimento,
l'oscurità e tutti gli uomini curvi alto stesso grado in una
bassa e monotona fatica nel mondo desolato; ed oggi infine,
fra tanta miseria, un nuovo segno di resurrezione e di
ravvedimento, un'alba lontana, una speranza; e se non
l'opera, se non la realtà rifatta bella e gioconda, una
visione di sogno, l?intuizione fervida di ciò che sarà e
l?ansia febbrile di rinnovare.
L'umanità dalla fonda vallata risale verso i piani
elevati e tende alle radiose vette abbandonate ove la vita
raggiunge l?intensità più vibrante e l?ampiezza più solenne,
e se esita per l'ignoto cammino tuttavia non falla, un
inconsapevole ricordo la dirige; e se nella prima conquista
ristà, come confusa per la sua istessa fortuna, il medesimo
ricordo inconsapevole le a riconoscere i beni riacquistati;
e se nel primo istante di libertà e in quella più elevata
posizione esita a spiegare tutto il suo impeto, a
risplendere della sua vera maestà, non tarda tuttavia a
goderne a seconda del suo istinto originale e ad apparire
sotto l'aspetto più degno in cui già si compose. Cede
l'inverno alla primavera, cede lo squallore desolato alla
nuova fioritura, tutto si rinnova, appare sotto un aspetto
nuovo, e le tre vergini prigioniere, in cui io amo di
figurare la vita, la gioia e la bellezza, rifatte libere
dopo una prigionia secolare, rientrano quasi stupite nel
loro obliato dominio e riprendono inebriate l?antica danza,
l?antico fascino da tempo immemorabile interrotti e in cui
rifulse una delle perfezioni insuperabili del mondo.
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Così duplicemente nella sua apparenza materiale e nella
sua significazione profonda penetrò nel mio spirito il
quadro che il Laurenti ha chiamato Fioritura nova e
se lo prescelsi quasi a guida di questo studio intorno
all'opera vasta dell' artefice pensoso, e se sopra di esso
già a lungo fermai l?esame si è perché esso compendia in
grado eminente le qualità del suo autore ed esprime
tipicamente in una forma concreta uno dei palpiti essenziali
dell' arte moderna.
II carattere, l?ansia, il fervore più immateriale ed
intimo delle ricerche, delle aspirazioni che si stanno
spiegando nell?arte nostra e di quelle tendenze più generali
di tutto il nostro sistema di civiltà si rispecchiano con
una profonda delicatezza in questa visione del Laurenti. E?
proprio una sottile ma significante vibrazione delle anime
che egli fissò con segni di luce. Oh! L?inesperienza,
l?esitanza di quelle ignude fanciulle ad atteggiarsi nella
più nobile posa dei loro corpi, pur trovandone la linea! Ma
è tutta l?inesperienza desiderosa dell' anima moderna, che
uscita di lunga servitù può di nuovo, appena adesso,
muoversi liberamente a seconda dei veri istinti delta vita,
senza costrizione di vesti, di finzioni onde prima era
oppressa! Ma è tutta l?incertezza dell'arte che può
slanciarsi verso il sogno più insigne di bellezza, che può
rivelarsi ancora nella vita fuori da tutti quei pesanti
indumenti sotto i quali doveva prima presentarsi.
L?intreccio dei nudi e il loro istesso disegno nulla ha
di classico, non e impeccabile, non afferma una bellezza
definitiva, ma in ciò consiste il tratto geniale dell'
artefice e la sua corrispondenza vitale con il suo tempo e
con il suo ambiente. Un gelido accademico, un tecnico
senz'anima, un mediocre disegnatore avrebbero facilmente
potuto, senza alcun sacrificio d'ingegno, riprodurre su una
tela una specie di gruppo delle tre grazie, rigidamente
esatte di forma e di posa. E dopo ? L'opera non avrebbe
avuto alcun valore speciale, non avrebbe espresso nulla di
nuovo e non avrebbe avuto rapporto alcuno con la civiltà
nostra. Una artifiziosità insignificante, fredda, superflua
addunque, una cosa morta.
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Ora io penso che il Laurenti ebbe invece nel proposito di
fornire, come l'artefice classico, una sensazione di pura
bellezza, come lo ebbe il Botticelli, quando, ad esempio,
raffigurò, la nascita di Venere; ma il sommo maestro
fiorentino non rifece già la perfezione ellenica, ma creò la
Venere del suo tempo, figurando la bella creatura allora
vivente, e l?artefice moderno non riprodusse già una visione
classica, ma rappresentò celebrata la donna dell'oggi nella
sua vigorosità un po' aspra, con un certo impaccio nella sua
nudità manifesta, con il gesto nervoso che non ha più la
consuetudine del moto pubblico solenne. Forse a questo
risultato l?artista sarà arrivato incoscientemente, ma
questo nulla toglie al suo merito e mostra anzi che la sua
anima, al pari della pianta sana e vivida che si trasforma e
si nutre con ciò che la stagione e l?aria le apportano,
sente tutte le impercettibili mutazioni della stagione
sociale ed è aperta a tutti i soffi vivificatori che le
pervengono dall'intorno.
Ed oggi le condizioni della civiltà non sono certo quelle
che debbono determinate una manifestazione d?arte
sontuosamente magnificatrice, definitivamente perfetta come
quella ellenica. Tutto il complesso delle energie sociali ha
appena ora iniziata la propria restaurazione; dal deprimente
regime stabilitosi e perdurato per quasi tutto il secolo
testé finito, ora soltanto si accenna a risalite verso
quelli ideali più vasti di dominazione proprii dei grandi
tipi classici di civiltà; ed è un vivo fermento di individui
e di masse, un risuscitarsi di virtù e di aspirazioni per
organizzarsi sopra un nuovo e grandioso schema su cui potrà
ricostituirsi la maestà di un impero. Ma tutto questo e
finora in divenire, e allo stato di tensione; sono le anime
anelanti al futuro dominio, alla futura grandezza,
aspettanti i nuovi eroi e le future gesta; sono i popoli in
moto, e lentamente e sordamente ancora, per adempiere al
loro nuovo destino, per accaparrarsi la futura supremazia;
sono le classi sociali in conflitto per disporsi sopra un
nuovo equilibrio, capace di sopportare l'espansione di nuove
e innumerevoli forze o per instaurare un nuovo ordine di
potestà, una sovrapposizione di strati sociali con la
preminenza delle moltitudini sterminate.
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Ed ecco che ora ci si palesa per intero il merito della
figurazione del Laurenti, ecco che ci si schiarisce il sommo
pregio di quella vereconda perplessità con cui sembrano
materiate le ignude fanciulle, ecco che l'esitazione,
l'immaturità di quella femminilità assumono una importanza
profonda, poiché costituiscono la rappresentazione artistica
comprensiva,il simbolo palpitante e del punto a cui è
arrivata oggi la corrente ascensiva della civiltà e
dell'ansia della coscienza moderna e del grado di fioritura
dell'arte medesima.
E quando il Laurenti, non ritornando sul medesimo
argomento, come erroneamente fu detto, ma cercando di
completare il suo pensiero a seconda del primitivo intento,
che era quello di porre in confronto la gioconda bellezza
del mondo ellenico con la tristezza contemporanea, dipinse
il Parallelo , che ora si trova esposto a Venezia, e
in una tavola del dittico figura tre fanciulle rallegrantisi
ignude nel giardino opimo di frutti, egli non ci diede
neppur questa volta una raffigurazione classica. E forse
questa volta la sua volontà mirava più precisamente a questo
scopo. Anche per far risaltare l?antitesi delle due
composizioni e perché meglio se ne illustrasse il
significato, il Laurenti forse si propose di far sentire il
senso ellenico più distintamente che nella Fioritura nova.
Ma l?eccellenza della sua anima di artista compenetrata di
tutti i palpiti più vitali di modernità forzò l'occhio e la
mano, talché ne derivò una visione, che se è più definitiva,
più sicura della Fioritura
è più definitiva nell' esprimerci un tipo risolutamente
moderno, una creatura che proprio adesso è scaturita
perfetta dalle anime nostre.
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Come l'artefice greco, il Laurenti trovò la linea
definitiva, non già ricopiando il classico modello,
rifacendo una figura morta e scomparsa per noi, ma come
l'artefice greco in questa linea racchiuse e glorificò la
più bella femminilità del suo tempo, il Laurenti vi
significò la femminilità già vivente in parte, ma più ancora
dominante nel nostro sogno desideroso. Le fanciulle della
Fiorita nova, se pur belle e piacenti, non erano
l'affermazione risoluta, di un tipo nuovo, non incarnavano
spiccatamente quella visione di femminilità che può
ricavarsi dalla orientazione ultima del gusto moderno, i
loro volti, i loro corpi potevano adattarsi a tendenze
diverse; non cosi le fanciulle del Parallelo, nel pannello
detto Olimpiade LXXX.
vi ha qui specialmente la figura di sinistra, la più
significativa e la più affermata, quella di cui il volto
risplende di un fascino ancora ignoto attraverso gli occhi
incantevoli e perturbatori ed è circondata da una aureola
irrequieta di capelli, come fasci di luce attorno a una
cometa; vi ha questa figura, dico, la quale riassume una
delle supreme forme del moderno estetismo femminile.
Il suo è veramente il tipo nuovissimo portato dalle
nostre più recenti predilezioni, delle nostre più eccessive
invocazioni, la creatura affascinante, ambigua, misteriosa
per la magia degli sconosciuti destini che Ella porta in sé,
delle gioie inaudite di cui è capace, degli eccessi di bene
e di male che potranno prorompere dalla sua anima indomita,
per la fluidità snella, attorcente, nervosa delle membra,
ora distese arrovesciate in un languore spasmodico, ora
scattanti in impeti deliranti. E? invero il fiore
prodigioso, intenso e quasi morboso delle civiltà nuove, il
fiore immaginato de' desideri esaltati oltre ogni confine,
il premio, la conquista quasi inafferrabile verso cui si
tendono le mani febbrili e avide, il fiore commisto di carne
e di anima emanante un profumo di perdizione e di
resurrezione, la creatura insommessa che vuole adempiere a
tutta la sua intatta volontà, la promessa che tutte le
riassume, il sogno della poesia e della tragedia moderna.
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