Pillole d'Arte

    
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(Fonte : Emporium - nr. 85 - Gennaio 1902)

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CESARE LAURENTI

 

Il pittore è incline alla commozione, non più romantico, ma ancora disposto ad attribuire una prevalenza eccessiva alle conseguenze sentimentali, si propone esclusivamente lo studio di singoli casi di passione e cerca con ansia di trovare la raffigurazione concreta, determinata di un dato tono del sentimento. Così egli ha fatto in Foglie cadenti, così nel Peccatoo, nel Notturno nell? Epilogo e più fortemente nell?Incubo e in Coscienza. Nell'Incubo la emozione è materialmente obbiettivata nella larva mostruosa che si protende, si allunga verso la pavida fanciulla che invano si difende trattenendo con la mano tremula il lenzuolo che la ricopre; in Coscienza il dramma avviene nell'interno dei personaggi e deve essere rivelato soltanto dal loro atteggiamento ansioso, dall'espressione convulsa del loro viso. La donna viene al primo appuntamento colpevole all'angolo d'una strada; non è ancora risoluta al passo estremo, all'abbandono completo dei suoi doveri; l'amante la stringe impetuosamente, le mormora nell'orecchio alcune rapide parole, preghiere, minaccie, promesse. La colpa è imminente e l'anima in tumulto ne e presaga; contro il muro l?oscillante chiarore del lampione disegna due ombre livide ed incerte che hanno la severità di un ammonimento, quasi riflesse dal rimorso per il peccato futuro. II Laurenti poi ha tolto dalla tela anche questa raffigurazione concreta del contrasto delle anime, raffigurazione che appare però nella vecchia fotografia qui riprodotta, lasciando che il contrasto si faccia sentire da per sé, immaterialmente.

Or bene, dopo aver studiato tutti questi casi isolati, dopo aver compiuto questa specie di raccolta di documenti patetici cui soltanto presiedeva l'intento di essere al più possibile indicatori di quella data forma di commozione, ne intuì forse il Laurenti lo scarso valore rispetto ai veri fini dell'arte ?


Il dato individuale e la sua precisa determinazione può servire alla scienza, ma non all'arte, la realtà singola ed apparente, però mutevole e varia, riprodotta tal quale, è artisticamente insignificante, poichè il fine dell'arte non è che abbellimento, allietamento e celebrazione. E il Laurenti conchiuse definitivamente questo suo atteggiamento nella Parabola, ove raccolse tutti i casi particolari del sentimento; qui egli svolse al completo la formula dell?arte per il sentimento, qui operò la analisi più vasta di tutti gli stadi sentimentali delta vita umana, riunendoli contemporaneamente in una linea unica, sintetica, la quale pertanto raggiunge la profondità simbolica dell'arte nuova e per la sua generalità e comprensività sorpassa la realtà particolare e riassumendone i tratti più insigni accenna a diventare decorativa.

Il periodo teste descritto, in cui tutti gli sforzi dell' artista sono diretti a porre in rilievo il moto del sentimento, rimonta dalla Parabola alle Parche, nelle quasi invece viene a terminate la fase propriamente iniziale dell'attività artistica del Laurenti. Anche le Parche (1891), sebbene meno decisamente della Parabola, costituiscono un'opera conclusiva, una specie di meta raggiunta, dopo la quale l?artefice se ne è proposta una di nuova e si è avviato per altra direzione, poiché nelle Parche, come già nella Parabola, mentre viene a terminate una via fino allora seguita, se ne schiude pure una di nuova. Al realismo immediato che non va oltre la rappresentazione del vero, qualumque sia e fa di questa scopo a se medesima, si inserisce il fattore del sentimento per cio la realtà viene assunta e trattata nell'opera d'arte in quanto contiene e promuove una commozione, in quanto ha un significato che sorpassa la pura materialità delle apparenze ed è fonte di emozione

Le Parche sono raffigurate in tre donne assise su una panca, due vecchie e una giovine, poveramente vestite, in tre donne del popolo, presentate tali e quali sono ora, con la maggior evidenza. Le singole figure sono di uno schietto realismo, e trasportate nel quadro direttamente dalla misera vita con i loro tratti superficiali, nelle pose della consuetudine loro, e ben si capisce come parecchi anni fa questa democratizzazione del mito possa aver incontrato approvazione (mentre oggi è il processo inverso e cioè la sublimazione della realtà che si richiede), tuttavia nella unione delle tre figure, in qualcosa del loro essere risulta già una tendenza a oltrepassare la realtà materiale, risulta una aspirazione a far sentire l?invisibile, una aspirazione verso il mondo dell'anima, verso la fonte e le leggi oscure della vita, che appunto si riflette net titolo del quadro.

Ed è giusto riconoscerlo, anche nelle opere anteriori alle Parche, anche in questo primo esplicarsi del suo talento di artista, il Laurenti non si limita quasi mai al realismo gretto e superficiale, che pure era in quel tempo la condizione generale in cui l'arte ristagnava. Favretto, Michetti, Nono, e tutta la schiera degli imitatori e dei seguaci non si elevava che raramente dal quadretto di genere, dall?episodio nella strada e al mercato, dal gruppo dicontadini, dal circolo di comari, dall'incontro di due amorosi, ecc., non ricercava altro che di riprodurre con la maggiore fedeltà ciò che superficialmente vedeva; il Laurenti fino da allora voleva qualcosa di più - nel terreno propizio, e cioè la sua anima fervida, era stato depositato il buon germe dell'insegnamento di Domenico Morelli - comprendeva che non soltanto nelle apparenze mutevoli consiste il vero, ma che vi è una verità ben più salda ed importante di quella che si vede (non era ancor giunto, nè lo poteva dato l'ambiente, a comprendere che vi è una bellezza ben superiore ai banali e particolari aspetti del vero, e che l'arte, l'arte vera comincia appunto là dove si solleva dalla esteriorità comune della realtà), epperò in alcuni, se non in tutti, i suoi primi lavori, ei non si ferma unicamente a riprodurre il vero, ma tenta di dirci una parola di più, si sforza di ottenere un altro scopo, quello di suggerirci un' idea, di darci una commozione mediante la rappresentazione del vero.

E se ciò non appare dal Mercato del pesce (e come fargliene rimprovero considerando che tanti altri, e celebrati oggi ancora, continuano a rappresentarci quel mercato!), bene invece si dimostra nella tela intitolata Frons animi interpres. Anche qui tutti i particolari considerati isolatamente sono meramente realistici, ma il dramma di passione aleggia in quella navata di chiesa, incurva le fronti giovanili, rende intente quelle annose. Da Frons animi interpres, e non risalgo più dietro, alle Parche, alla Fioritura, al Parallelo, quale immenso cammino, quale meravigliosa ascensione, compiuta tenacemente, vigorosamente, giorno per giorno, con la lotta assidua in cui tutto l'essere è impegnato, fra slanci e spasimi dell' anima esal­tata! Quale distanza di significato, di comprensione, di pensiero, di forma ! Nelle prime tele di realtà minuta è appena accennato uno dei moti più comuni di sentimento, nell' ultima la visione grandiosa e celebratrice della vita, la concezione vasta di ciò che fu, di ciò che è, il simbolo delle essenze e delle idee eterne, la rivelazione dei moti supremi, delle pieghe più lievi dello spirito; nelle prime la realtà informe così come è, né bella nè brutta, nelle ultime l'ordine di bellezza, la linea nobile e solenne, il tipo essenziale, linea e tipo da cui come da fonte fecondo scaturiscono i singoli aspetti delle cose.


Ma non è qui tutta la trasformazione; non solo l'ideale si è ampliato, non solo la forma si è litata, ma è anche la tecnica che si è straordinariamente perfezionata per prestarsi meglio agli sforzi ognora più ingenti che il pittore le chiedeva, alle significazioni più vaste cui egli mirava, alla decorazione più raffinata di cui egli si compiaceva. E per tecnica intendo non tanto la fattura, l'opera della mano, poichè di essa ben si capisce l'evoluzione parallelamente a quella di tutta la personalità creatrice dell' artefice, quanto i mezzi materiali, il colore cioè, la materia greve e resistente, la materia sorda il più delle volte e tarda sempre all'impeto della inspirazione. Orbene, è appunto questa materia, e credo che il caso sia dei più rari e meriti di essere segnalato, che si è elevata, che si è illuminala, che è diventata più sottile e più duttile a misura che si elevava e si accendeva l'idea!e del pittore, che egli saliva verso gli strati più eterei dello spirito, e che la sua visione diventava più nobilmente decorativa. E? proprio questa materia che ha cambiato natura, è proprio la sostanza del colore che si è mutata, che si è meravigliosamente chiarita, purificata, nobilitata, che è divenuta simpatica alla vista, al tatto e che concorre quindi efficacemente alla piacevolezza e alla consistenza del dipinto.

Per ottenerla così il pittore si è fatto uno studioso, un ricercatore, un chimico; ha pazientemente, acutamente analizzato le antiche tavole dei maestri, le belle tinte fiammeggianti e le delicate chiarezze imperiture, come se nella loro composizione entrasse un po' di quell'anima che le vivificò. Il nostro pittore poi ha consultato libri e ricette di ogni tempo e di ogni maniera, e forte dello studio ha cominciato gli esperimenti, da sè, macinando terre a pietre, mescolando ingredienti, fabbricando vernici, senza scoraggiarsi, amorosamente; ed all'amore ha corrisposto il resultato. Oggi il nuovo mezzo può dirsi trovato e perfetto, oggi la ricerca può dirsi finita, il sole, la luce e la vita non saranno più contristati e soffocati, ma palpiteranno sulla traccia del pennello; ora non resta più che la fabbricazione in grande e la diffusione.

 

Non è qui il luogo opportuno perché io mi dilunghi in particolari tecnici per ispiegare i processi dei nuovi colori. Basti dire che l'aspirazione più intensa degli artisti può considerarsi soddisfatta e quietata la loro preoccupazione più ansiosa; basti dire che la materia sordida, oleosa, cupa, viscida è del tutto spazzata via e che la nuova agguaglia la virtù della eccellente materia dei maestri antichi che serba intatto nei secoli il suo primo fulgore. Non più quindi il pericolo di cambiamento di toni, non più il pericolo che l?opera d'arte, dopo, una vita effimera, tramonti in una specie di follia di tutte le tinte o si scrosti in una precoce disorganizzazione, bensì la visione dell'artefice serbata pura ed incolume per sempre. Finora i pittori non si erano troppo curati dei materiali che adoperavano, unicamente intenti nella realtà e quasi per reazione contro le cincischiature accademiche ostentavano un certo sprezzo per tutto quanto poteva apparire come una ricerca di piacevolezza. E questo sprezzo rivelavano così nella fattura come nei mezzi adoperati, prendendo a usare i colori così come l'avidità industriale li approntava. Con quanto lamentevole effetto tutti sappiamo soltanto avendo guardato in qualche moderna galleria il decadimento rapido delle opere dipinte in questo ultimo trentennio. Il Laurenti fu uno dei primi a comprendere che il rispetto istesso dell'arte richiedeva una maggior dignità e finezza della materia, e il suo merito non è piccolo nell'aver consacrato i suoi sforzi a ritrovarla.

Egli ha bandito adunque del tutto i colori ad olio, ha bandito quelle tinte pesanti e nerastre, quelli impasti bituminosi che rendevano così sordide le tele, e vi ha sostituito la tempera, una tempera speciale fluida e trasparente in cui la luce vi penetra e vi si svolge con tutte le sue sfumature. Questa tempera si stende a velature sopra una preparazione bianca e consistente, che fa corpo, e in cui già l?artefice come in un finissimo bassorilievo ha tracciato i contorni della sua visione. La pittura non e più una semplice finzione rappresentativa, vi è già qui un principio di creazione, le forme non sono più soltanto apparenti, già si modellano si rilevano sotto la mano dell'artista, a cui pare di plasmare, di dar corpo effettivament al suo disegno.

 

E? una specie di sostanza che viene a riempire l'illusione del colore, è un qualche cosa di reale, di consistente che sorge ad appagare meglio la smania dell'artefice di fare, di creare e non soltanto di dare la finzione rappresentativa. E ben ci si spiega ora come le ricerche del Laurenti si siano concluse in questo risultato, ben si capisce come egli insuperabilmente si valga di questa sua materia, come amorosamente la prediliga! E? il secreto dell'anima sua che ci si disvela, è l'intima molla della sua attività di artista che ci appare - la creazione - che appunto trova un principio di appagamento in questa materia con cui egli può costruire effettivamente le sue figure, le sue composizioni, il suo sogno. Ed è questa sete inestinguibile di creazione, tuttavia inappagata, che fa di lui l'uomo fervido di edificare materialmente con le sue mani l?opera, colui che ha l?incarico irresistibile non di riprodurre, ma di fare, di produrre, di construire. Ed ecco in lui l'architetto di oggi, l?architetto della Pescheria, dove il suo più fulgido ideale si effettuerà nella pietra salda e secolare, ed ecco in lui lo scultore di domani che già si addestra a modellare il mondo del suo sogno.

 

MARIO MORASSO                  
 

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