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(Fonte : Emporium - n° 220 - Aprile 1913)
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La II Esposizione Nazionale d'Arte a Napoli
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Finalmente, dopo varie procrastinazioni (e poi si dice che i
giovani hanno fretta!) si è inaugurata la II Esposizione
Nazionale d'Arte promossa dal Comitato Nazionale Artistico
Giovanile con sede a Napoli e filiali in tutta Italia. Non
vi maravigli questo fraseggiar di mercatante. La iniziativa
dei giovani napoletani è, invece, assai lontana da quel
commercialismo che tuttora impera nell'arte contemporanea.
Ma è proprio sorta così, come un corpo robusto dalle cento
braccia che si tendono per la penisola e, scegliendo il
bello dal brutto, abbrancano le opere meritevoli per
trasportarle in un unico centro. Veramente, per ora, le
braccia sono soltanto una decina: nulla, però, vieta di
ritenere che aumenteranno e che, a poco a poco, di anno in
anno, le mostre della Giovanile diventino trionfali
affermazioni d'Arte.
Affermazioni lo sono già. I giovani — ripeto — non è sempre
esatto che abbiano fretta e, quando non si fa il passo più
lungo della gamba, difficilmente si ruzzola. L'anno scorso
la Mostra d'Arte Giovanile fu un tentativo lodevole come
tale; oggi lo scopo pare raggiunto: potrà, dovrà
migliorarsi, ingrandirsi l'istituzione dei giovani
partenopei; ma, intanto, è già una istituzione che si
afferma con una linea retta ed io son lieto di averne fatto
il vaticinio.
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Come già dissi su questo periodico, la caratteristica delle
mostre, oltre ad essere una buona volta quella di accogliere
soltanto le manifestazioni nazionali dell'Arte e di farla
finita con certa pedissequa estaticità per qualunque sgorbio
straniero, è anche quella di avere ín ogni nostra regione un
Sotto-Comitato cui spetta il compito di organizzar la sala
della regione stessa. Quest'anno i sotto-comitati sono
cresciuti di numero, estendendosi fino alle terre irredente
dell'Italia. Ne abbiamo a Roma, a Milano, a Firenze, a
Torino, a Venezia, a Verona, a Trieste. E, tra i nomi di
coloro che li formano, si trovano quelli d'artisti come il
Maggi, il Casorati, il Marussig, il Carena, il Dazzi, il
Graziosi, l'Arata. Le diverse sale si sono formate, quindi,
con la maggiore serietà di intenti. Accogliendo un'idea
suggerita dal collega Angeli, l'Esposizione ha anche qualche
mostra integrante, vale a dire di opere dovute ad
autori non più giovani di età, ma tuttavia giovani
abbastanza nell'arte loro. Sicchè la fisonomia d'ogni
regione si può dire veramente compiuta.
Negli edifici municipali di Via Tarsia, ottenuti non senza
molte difficoltà che l'ardor giovanile e la tenacia dei
promotori seppero vincere, la Mostra è stata ordinata con
gusto. A colpo d'occhio essa sí presenta d'una viva
attraenza per motivi decorativi sobrii, per disposizione
razionale di quadri e statue. Non colori stridenti, non
ornati chiassosi, non affastellamento di opere, ma pareti
chiare, fregi semplici, spazii che riposano l'occhio. E
questo già vuoi dire molto. Riguardo al contenuto, se qua e
!à si notano imitatori del Klimt, dello Anglada e di àltri,
se non mancano tele e statue mediocri, pur tuttavia i
difetti sono assai meno accentuati di quel che non lo siano
in ogni mostra italiana d'arte, dove le derivazioni segnano
la nota predominante e la paccottiglia inonda.
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I NAPOLETANI: Cominciamo dai napoletani.
Edoardo Pansini, segretario generale del Comitato,
pur attraverso le molte cure che gli dà il suo ufficio,
trova modo di compiere ed esporre tre opere, un paesaggio,
un gruppo di signore ai giardini, arioso e delicato di
colore, e un quadro di pensiero, un'allegoria, Alla fonte,
ove si vedono alcune donne nude intorno a una fontana
zampillante. Le donne, che vanno attraverso tutte le
gradazioni dell'età, dalla fauciulletta alla vecchia,
cercano di mirarsi nello specchio, dell'acqua; ma lo
specchio è irrequieto e le sembianze non si riflettono.
Pittoricamente il Pansini ha voluto fare degli azzardi di
colorazione per tentare di risolvere quei problemi di luce
che spetta ai giovani studiare. Egli si è proposto di
rendere chiaro il verde — che è un tono nero —
contrapponendovi altri colori, per ritrarre l'effetto del
sole che tramonta con una luce fredda. La sua è una
personalissima pittura a semitoni, che hanno come punto di
partenza per le luci il cielo, per le ombre la fontana.
Manfredi Franco, architetto e pittore, nonchè
scrittore di cose astruse come lo chiamano scherzosamente
gli amici, si palesa anche scultore in un altorilievo
singolare: Gli amori delle caverne, in cui ha voluto
modellare una quantità di corpi ignudi aggrovigliantisi
negli spasimi dell'amore. Dobbiamo anche qui essere in piena
allegoria, nonostante che, a capirlo, bisogna stentarvi un
poco. Si scorgono, infatti, a prima vista, arti scorretti,
moncherini e torsi spezzati, teste enormi e fuori posto. E
tutto questo insieme sembra che voglia nascere da un
intreccio di fogliame. Dal complesso pare un pezzo
architettonico. ll fogliame s'allunga, scende, si trasforma
in malleolo, in stinco, in gamba; indi la plastica prende
forma di corpo; il corpo si distende, s'allunga, due braccia
si protendono, s'incrociano con due altre braccia femminee
che si stringono fortemente; la bocca dell'uomo ha raggiunta
quella della donna che si protende dal basso nell'ansietà di
baciare l'amante. Il corpo dell'uomo è recinto dagli arti di
altre due fanciulle che, gelose, si affannano ad
ostacolargli la meta; queste, a loro volta, sono trattenute
da nuove consorelle invidiose. E l'idolo che attende giù,
impettito, gagliardo, nello sforzo di liberarsi dalle
fanciulle che lo avvinghiano, si distende, si allunga,
aspettando un bacio d'amore.
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Ma quale analogia può esserci fra questa scena e la natura?
Partendo dal fogliame (prima manifestazione di vita) che si
svolge nello sguscio del bassorilievo, i corpi aggrovigliati
fra loro si allungano, si separano, prendono forme di
frastagli e di coni. Le parti del corpo umano allora
acquistano la forma di coni pendenti od ascendenti; e in
tutto ciò sembra di riconoscere la scena fantastica delle
grotte umide; il fenomeno degli stalagmiti e stalagtíti.
Stalagmiti e stalagtíti che si formano con l'opera
perseverante dell'acqua e del tempo. L'acqua trascina con
sè, in giù, le molecole calcaree della roccia; le molecole,
a poco a poco, si incrostano alle pareti superiori delle
rocce, mentre altre, trascinate dall'acqua, cascandovi giù,
si accumulano sulla roccia sottostante. Dimodochè ai coni
superiori corrispondono inferiormente coni dotati di
tendenze antagoniste. l fenomeni delle forze fisiche si
comportano come le passioni umane: i due sessi non possono
manifestarsi ed esplicarsi se non secondo leggi consimili.
Fermato tale concetto, nel bassorilievo del Franco le
scorrettezze plastiche, le manchevolezze anatomiche
scompaiono, nel senso che sono a posto, sono volute e devono
esservi.
Al Pansini e al Franco si unisce il
D'Albore con un simbolismo meno oscuro in una di
quelle sue tele che ripetono il motivo a lui caro della
sensualità dell'adolescenza. Veramente nell'odierno quadro è
più proprio parlare della sensualità della donna matura,
poichè in Effetti di sole la femmina che s'avvinghia
al corpo giovinetto in uno spasimo dei sensi, quasi a voler
cogliere il frutto acerbo, ha passata da un pezzo l'età
della ragione. E il caldo che lo mena direbbero a
Napoli: siamo in agosto, in piena campagna mentre si
trebbia, e, come si accendono le bionde messi sotto la
sferza solare, si accende il sangue nelle vene dei
lavoratori. Anche pittoricamente il D'Albore ha ragione del
titolo, poiché, con procedimenti di colorazione personali,
vuole rendere la serenità luminosa dell'aria accaldata. Però
pittoricamente io gli preferisco un piccolo quadro
raffigurante due bimbi in atto di giocare A rimpiattino,
all'aperto, dietro un albero. E un quadro di genere, ma
veramente pieno di grazia e con qualità di disegno e di
colore. Anche Giuseppina Goglia che è stata, fra i promotori
di queste mostre, d'una attività rara per una donna, ha una
buona impressione di Neve in paese
dal bel contrasto fra il vivo colore delle case e la nota
bianca della neve che ricopre i tetti e scende a fiocchi
immacolati sulle modanature delle finestre.
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Trovo, infine, fra i napoletani, due quadri schiettamente
personali di
Edgardo Curcio: una mezza figura seduta, sopra
tutto,
Lydia, concepiti ed eseguiti con una tecnica non soltanto scevra di
imitazione, ma modernissima per freschezza, vitalità, aria,
armonia di colore, tecnica foriera di ottimi auspicii per
l'avvenire di chi seppe impadronirsene. Noto pure le fini
impressioni di paese di Rita Franco, una ben caratterizzata
popolana di Napoli di Luca Postiglione, tre caricature di
Senio, due Bagnanti del Galante e una simpatica
composizione del La Bella. Fra i meno giovani veggo nomi
cari all'arte italiana:
Casciaro con tre pastelli, fra cui una deliziosa
Chiesetta di S. Antonio (Nusco); Migliaro con una
Carnen e un nudo di donna; De Sanctis con una Testa
di donna; Dalbono con due lavori, ma specialmente con la
Porta di bronzo di S. Zeno (Verona) pieno di
suggestione; Cifariello con il noto ma non perciò meno
vigoroso busto argenteo del tenore Caruso.
I ROMANI: Tra i romani - che hanno la sala più bella - si
trovano molti i quali non sono di Roma. Ma non importa:
oramai il Mezzogiorno emigra un poco dappertutto e se
passano come Quiriti un siciliano (il Camarda), un
napoletano (il Cataldi) e un abruzzese (il D'Antino) vuol
dir che vivono ed operano all'ombra del cupolone da anni. La
sala romana ha, questa volta, una maggiore attrattiva dalle
mostre personali: ve ne sono quattro: quelle di Grassi, di
Ferrari, di D'Antino e di Camarda.
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Vittorio Grassi è un artista essenzialmente decorativo.
Considerato come tale, egli può dirsi giunto alla sua piena,
rigogliosa maturità. I diversi quadri che egli espone sono
disegnati solidamente ed attestano un'arte severa che non
può essere fiorita se non a traverso una squisita,
delicatissima sensibilità di temperamento. Basta guardare le
varie impressioni di Castel Sant'Angelo, e la tela ispirata
al primo notturno di Chopin (opera IX) di cui rende tutta la
raccolta malinconia, per convincersene. Anche Bruno Ferrari,
il quale segue in pittura la gloriosa strada tracciatagli
dal padre, ha, nella sua mostra personale, opere di
carattere decorativo. Il Ferrari ama la campagna e la
riproduce in una serie di fini pastelli colorati. Ma la cosa
che di lui mi pare più degna è un quadro ad olio in cui ha
voluto ritrarre, raggruppandoli insieme con felice
ispirazione, i tetti delle case nell'ora in cui i numerosi
camini richiamano col loro fumo leggero gli uomini laboriosi
al pasto ristoratore della sera. La mostra personale dello
scultore Nicola D'Antino ci pone innanzi a un artista pieno
di eleganza e di grazia nell'opera sua multiforme che va
dalla figurina slanciata della bella signora, alle teorie di
bimbi intenti a strimpellare su ogni sorta di strumenti
eterocliti o a raccogliersi per gioco nel caratteristico e
grazioso
Giro giro tondo.
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