Come che sia, l'ora della giustizia è suonata anche per lui,
giacchè quasi tutti, con maggiori o minori riserve,
riconosciamo che gli Huysmans, i Duret ed i Geffroy avevano
ragione di proclamarlo, nei giorni ora lontani delle
dinegazioni dispettose ed ostinate, uno dei rappresentanti
più caratteristici, più individuali ed anche più
profondamente nazionali della pittura francese di
quest'ultimo cinquantennio. In quanto a diventare popolare
nel senso più ampio della parola, io credo che il Renoir non
lo diventerà mai, come mai lo diventeranno gli altri
impressionisti, perchè il loro modernismo è, nello stesso
modo che in letteratura quello dei fratelli Goncourt,
d'indole aristocratica, mentre invece il realismo pittorico
di Courbet e di Millet ed il naturalismo letterario di Zola
sono evidentemente d'indole democratica ed atti quindi ad
essere compresi e gustati dal gran pubblico, superato che
questo abbia quei pregiudizi tradizionalistici, i quali per
qualche tempo lo tennero lontano ed in sospetto.
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Le versatilità, come ho già detto di sopra, si presenta di
prim'acchito come uno dei caratteri essenziali d'Anguste
Renoir a chi consideri il complesso dell'opera sua ed essa
si manifesta non soltanto nella scelta dei soggetti dei suoi
quadri, che, pure tenendosi alieno decisamente
dall'astrazione delle allegorie e dei simboli, passa un po'
per tutti i generi, dalle vaste scene della turbinosa vita
odierna delle grandi città alle scene dell'intima esistenza
domestica, dai paesaggi alle marine, dagli studi di nudo
agli studi di fiori, ma anche nella tecnica, la quale, pure
fondandosi sempre su certi processi novatori, passa dalle
levigature della spatola sostituita al pennello del
Gruppo delle bagnanti della pinacoteca privata del
pittore Blanche, alla divisione dei toni del
Ballo nel Mouline de la Galette, dal Caillebotte donato
al Museo del Lussemburgo, dal puntinismo del
Ritratto di Alfred Sisley all'opposizione cruda e senza
trapassi di tinte vive da tappezzeria orientale di
Al piano d'altri quadri di data recente.
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Questo continuo trascorrere da un motivo ad un altro e da
una fattura ad un'altra, se può riuscire imbarazzante e
fastidioso pei critici pigri e metodici, che amano
rinchiudere gli artisti in un dato genere, in una data
tendenza ed in una data tecnica, come negli scomparti di un
ideale casellario classificatore, dimostra nel Renoir
un'indole pittorica non facile ad accontentarsi,
un'irrequieta e ricercatrice sensibilità di pupilla ed uno
spirito in assiduo fermento creativo, che gli darebbero bene
il diritto di ripetere per proprio conto la tipica frase del
Manet: "Ogni volta che incomincio un quadro, io mi butto in
acqua per imparare a nuotare".
L'aspetto, però, sotto cui il Renoir ci si presenta più
originale e più caratteristico, pure riattaccandosi,
malgrado qualche influenza giapponese nei particolari, alla
tradizione di gioconda eleganza degli squisiti maestri della
tavolozza del Settecento francese, è quella di dipintore
della donna nuda o vestita. Magnificatore deliziosamente
poetico, non meno ma in modo assai diverso dei francesi
Watteau e Fragonard e del giapponese Utamaro, della
giovinezza, della grazia e della beltà femminile, egli ha
creato, mercè un'armoniosa e sapiente gamma di colori ed un
disegno non sempre corretto ma quasi sempre di non comune
efficacia rappresentativa, un tipo di donna
irresistibilmente ammaliante nella formosa freschezza
giovanile delle carni morbide e rosee e nell'ingenuità un
po' selvaggia del riso, che le brilla negli occhi limpidi e
teneri e sulle labbra porporine, promettitrici di baci.
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Siamo ben lungi così dai nudi di Felicien Rops,di una
bellezza severa e procace, come da quelli di Edgar Degas,
portanti le stimmate deturpatrici del vestito moderno e
presentanti le flacidezze, le rugosità, gli stiramenti e gli
arrossamenti o gli scoloramenti prodotti dalle malattie e
dalla vita anti-igienica della città, o da quelli di Anders
Zorn di rusticana soda grossolanità; Auguste Renoir,
infatti, contempla la donna con occhio ottimista
d'innamorato e la raffigura con pennelli lusinghevolmente
carezzevoli, che attribuiscono alla bellezza di lei qualche
cosa d'irreale, sempre che egli la dipinga nella sua nudità
nativamente voluttuosa, la quale fa ripensare, come con
molta giustezza osserva il Mauclair, alla descrizione
mirabilmente suggestiva che di una figura muliebre fa, nel
delizioso suo poemuccio in prosa Il fenomeno futuro,
Stephane Mallarmè, amico affettuoso del nostro pittore.
Ascoltatene un brano e guardate poi la vaghissima bagnante,
che trovasi riprodotta nella tavola fuori testo, che
accompagna questo mio articolo, e non potrete non rilevare
anche voi la stretta affinità fra la creazione del poeta e
quella del pittore.
"Io vi porto, viva (preservata attraverso gli anni dalla
scienza sovrana) una donna d'altri tempi. Certa follia,
semplice ed originale, un'estasi d'oro, un non so che! da
lei nomata capigliatura, piegasi, con la grazia delle
stoffe, intorno ad un viso illuminato dalla nudità sanguigna
delle sue labbra. Al posto dei vani abbigliamenti, ella ha
un corpo; e gli occhi, simili a gemme preziose, non valgono
lo sguardo che vien fuori dalla sua carne gioconda, dai seni
eretti, quasi fossero colmi di un latte eterno, con le punte
verso il cielo, alle gambe levigate, che serbano il sale del
primogenito mare".
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Allorquando però il Renoir dipinge la donna vestita si
riavvicina alla realtà, pure serbando una spiccata
predilezione per il consueto suo tipo femminile di un
candore sensuale, due parole, queste, il cui accoppiamento
alquanto strano ne esprime però molto bene lo speciale
carattere. Nelle tele
Il palco, che è forse il suo capolavoro e che appariva
come la gemma più fulgida della sceltissima collezione di
pitture impressioniste esposte nella mostra mondiale di
Parigi del 1900,
La tazza di the,
Il giuoco del volante,
Due giovani signore in giardino,
Nel palchetto,
Pensierosa ed in qualche ritratto, come in quello
bellissimo dell'attrice Jeanne Samary ed in quello,
aggruppato con tanta veristica naturalezza, della
Famiglia dell'artista, egli si afferma raffiguratore
difficilmente pareggiabile della donna moderna, specie per
la spontaneità delle pose, per l'espressione civettuola o
sognatrice dei volti e per la complicata eleganza dei
vestiti.
Alcuni altri quadri, come ad esempio
Al piano,
Sulla terrazza e
Primo passo, lo rivelano non meno valente nell'esprimere
pittoricamente la gentilezza e la grazia dell'infanzia e
sopra tutto dell'adolescenza muliebre.
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La prima delle opere testè citate, che fu acquistata nel
1902 pel Museo del Lussemburgo, è notevole altresì quale
saggio della più recente sua tecnica. In essa il Renoir ci
appare un virtuoso delle dissonanze cromatiche, il quale,
disdegnando le sfumature delicate, le gamme tenuemente
degradanti e gli accordi in sordina, compiacesi nel
riavvicinare le tinte più acri e violenti, spingendole
talvolta fino all'esacerbazione, col desiderio di creare
rapporti di colori affatto inconsueti, fuorchè in qualche
stoffa od in qualche tappeto del lontano Oriente, e di
riuscire, malgrado tutto, a sapientemente armonizzarle.
Siccome è facile l'intendere, sono queste le tele meno
facili ad essere dai più apprezzate e gustate, perchè
richieggono in chi le contempla un volontario sforzo per
emanciparsi da inveterate consuetudini ottiche onde ottenere
una vittoria estetica di comprensione, eguagliabile in certo
modo, in quanto a compiacimento cerebrale, a quello provato
dall'artista nella creazione.
Senza attardarmi in una disamina delle marine e dei
paesaggi, nei quali, pure riuscendo molto efficace nella
delicata notazione dei più diversi effetti luminosi, il
Renoir non si appalesa molto spiccatamente differente nella
visione e nella fattura dai suoi compagni di rinnovazione
pittorica Monet, Sisley e Pissarro, e degli studi di fiori,
che sono così gustosi per un occhio educato a compiacersi ai
sapienti impasti di colori e che riaffermano in maniera
evidente le doti garbatamente decorative, le quali appaiono,
dove più e dove meno, in quasi ogni sua tela, io voglio,
prima di chiudere quest'articolo, richiamare tutta
l'attenzione dei miei lettori sulle due opere sue più
importanti e più significative:
La colazione dei canottieri ed
Il ballo nel Mouline de la Galette.
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Con esse, il pittore dei bei nudi femminili, delle amabili
scene domestiche, delle sorridenti figure di giovani donne,
di adolescenti e di bambini, delle campagne arborate, dei
fiumi solcati da canotti e da barche a vela, delle spiagge
marine, della laguna veneta, dei fiori variopinti e delle
frutta vellutate, assurge ad osservatore acuto e
chiaroveggente ed a rappresentatore preciso, minuzioso ed
agilmente brillante della movimentata folla dei giorni
nostri, sia sotto i riflessi aurei del sole, sia sotto il
giuoco bizzarro delle luci e delle ombre semoventi dei
becchi a gas o delle lampade elettriche, e crea due quadri
magistrali, degni proprio di essere posti a raffronto, per
la rara efficacia evocativa e l'intenso sentimento di
modernità, con alcune delle più belle pagine descrittive di
Flaubert, di Goncourt, di Zola e di Daudet.
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Vittorio Pica |
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