SIMBOLI ED ALLEGORIE.
Gaetano Previati espone, per la Parisina di
Domenico Tumiati, alcuni disegni ed altri sei carboncini che
ritraggono delle scene della memorabile lotta dei comuni
italiani. Disegni condotti, colla perizia del Previati,
austeramente. Ma le stazioni della Via Crucis,
per la loro originalità interessano maggiormente delle
pagine bianche su cui l'artista ha tracciato tanto mirabile
fervore di vita umana. Le critiche acerbe e le doti
sconfinate che si son fatte e dette intorno alla Via
Crucis furono molte. Dagli uni si lodava e si loda la
profonda espressione dei quadri, uniti non solo dal
crescendo del tono roseo e dorato, ma da un filo sottile di
rispondenza lineare. Dagli altri si condannava e si condanna
acerbamente la trascuranza del disegno, onde Cristo compare
anatomicamente deformato, anche quando la croce non pesa
ancora sulle sue spalle divine. II Previati dà in queste
stazioni sacre una nota alta del suo ideale modo di
intendere l'opera del pittore. I difetti e le virtù che
erano nel suo Cristo trovano, nella descrizione pittorica
del sacrificio del Maestro, un'armonia di toni e di immagini
bellissima. Certo sembra inconcepibile che l'efficacia del
disegno, cosi larga nel Previati, sia da lui tanto
violentemente abbandonata : che per avvolgere le sue figure
in una complessività mistica più rapidamente suggestiva,
trasformi l'impotenza degli oscuri primitivi in un titolo di
eccellenza per se medesimo.
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Errore per me grande, poiché la sincerità dell'uno non
può mai essere la sincerità dell'altro ; e traverso le
vitali glorie dell'arte, I'ideatore non deve tendere che a
rappresentare ciò che altri ancor non ha dato. Del resto il
procedimento estetico e storico si spostano, con danno di
quella rispondenza che e perpetuamente e fatalmente nelle
cose.
Ma sarebbe ingiusto non riconoscere in questa Via
Crucis delle qualità che eccellono ; come la tonalità
rosea e d'oro, che va facendosi più grave, quasi più
silenziosa e tragica, a mano a mano che il dramma s'avvia
verso la sua finalità suprema, e quell'espressione di dolore
intensa che vi sgorga e soggioga il riguardante : quel
sentimento di dolcezza sovrumana che si diffonde
dall'angosciosa figura del Cristo, in cui sono cosi
squisitamente intese le attitudini del martire e
dell'apostolo.
La pittura cosi detta sacra ha nella mostra delle
tendenze singolari. II Cavalleri ed il Grosso hanno dato con
vario criterio personale la scena della sacra famiglia. II
Vetri espone i bozzetti dei suoi affreschi per la chiesa di
S. Vitale a Napoli. Di Domenico Morelli v'e uno schizzo per
la nota Assunta della Reggia di Napoli. Due giovani, il Rava
e Romolo Bernardi, tentano la figurazione della Madonna con
un fare semplice e lodevole : ma i mezzi d'espressione non
raggiungono gli ideali loro.
Pellizza da Volpedo, nella grande tela che è forse la
maggiore, per ricchezza rappresentativa, della mostra, sa
fondere energicamente la realtà col simbolo. II suo
Quarto Stato è pittura socialmente espressiva,
calda, sincera, che dà la prova degli studi e della serietà
d'intenti del Pellizza. Ma la preoccupazione di voler
chiudere in un grande spazio aperto, sotto il sole, tra lo
sfumare lontano del paesaggio una scena potentemente umana,
dove tutto dev'essere moto e vita, nella linea severa
dell'allegoria, toglie alla tela molte delle qualità che
avrebbero potato emergere meglio. Deve anche nuocere al
quadro la collocazione troppo bassa e vicina
all'osservatore. Non vi si sente lo sfondo. Quel gruppo di
contadini e troppo prossimo al riguardante, perchè esso ne
senta il lento, quasi ritmico avanzarsi, e colga d'ogni
lavoratore l'atteggiamento riguardoso che sa la lotta
interiore.
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Luigi Onetti nel trittico Amore, lavoro e dolore non
ha saputo dimostrare tutte le belle doti che sono in lui
giovane ai primi cimenti. E così l'Omegna nei Dimenticati
raggiunge un buon effetto di linee in una tecnica troppo
sommaria per imporsi e piacere. L' Autunnalia
di Giuseppe Vizzotto Alberti torna soverchiamente
incomprensibile, mentre l'allegoria ha d'uopo d'esser
sincera e fresca. E cosi Francesco Margotti in un altro
grande trittico parla più agli occhi che al cuore. II
Kienerk ha dei disegni decorativi piacevoli : ma nell'
Armonia primaverile non è pastoso e delicato come si
conobbe altre volte: II Saccaggi nel Voto ha pensato
di fare opera di virtuoso. Questa processione di belle
fanciulle e di bambini, che s'indugia nella freschezza della
giornata piena di sole, in un tumulto di toni vivi che
salgono e si diffondono dai leggiadri costumi
cinquecenteschi, è pittoricamente geniale ; ma vi e
dentro qualcosa di artificioso, di involuto, di troppo
meditato per piacere. Buona la Sfinge di Oreste
Pizio, campata in una cornice che dimostra le sue ottime
attitudini alla decorazione.
Che han tentato il simbolo e I'allegoria v'è più d'uno,
ma è, in quasi tutti, una povertà di idee, una limitazione
di espressione da cui il quadro non può uscire
significativo. Ancora, i nostri artisti si sentono lontani
dall'esprimere ciò che lo spirito evocatore solo può vedere
nel complesso di doti sicure e franche. Tuttavia è da
ricordarsi il Nomellini, tenace nella sua velatura
monocroma, cosi suggestivamente misterioso nel Saluto del
sole e nella Colonna di fumo; il Chini con la
tempera Visione d'artista ed il Mucchi con Luce
ed Ombra, un bel sfoggio di tinta vivacissima su un
tono basso di sfondo. II simbolo non vi esce cosi pieno,
come era forse nell' intento dell'artista. La figura regale,
avvolta nel manto rosso, è discutibile, ma la semplicità, la
intellettualità della tela fanno perdonare i molti difetti
d'impasto e di di segno. E di disegno manca il giovanissimo
Guido Stella di Venezia, il quale nell'allegoria La forza
e la volontà dà una simpatica nota, se non originale,
certo degna di attenzione. Ma In preoccupazione di togliere
la verità attorno ad un caro episodio di vita rusticana, lo
fa cadere nello strano e nel fantastico. Decorativamente
buono, il pannello è da condannarsi per certe cromie
disuguali, incerte, quasi pazzesche.
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Evidentemente lo Stella e penetrato nelle forme e nelle
tendenze straniere, subendo anche lui, giovane ed
impressionabile, quel fascino esotico che ha tolto molte
qualità intrinseche dei veneziani. Ma un veneziano che, pur
badando assai agli esempi d'oltre alpi, conserva ed esprime
cari e sinceri sentimenti, è Lino Selvatico che con due
ritratti, son due simboli di grazia e di poesia, rappresenta
degnamente la regione veneta. Pensieri lontani e
Signorina bionda sono due delle tele migliori
dell'Esposizione. Si direbbe che l'artificio del pennello,
cosi delizioso, cosi vago, cosi profumato, scompaia per
lasciare libera e piena l'inspirazione immateriata.
MARINE E PAESI.
Di marine, Giorgio Belloni, ne espone delle graziose.
Egli non ci dà, come altre volte, la silenziosa poesia del
mare, sotto il raggio del sole o nella sinfonia calma della
luce lunare. La superficie del mare ha voluto, questa volta,
coprirla di vele bianche e di vapori pronti a partire. Ma
tuttavia si rivela ancora quel fine conoscitore che è delle
cose lontane, delle trasparenze acquee, dello spumeggiare
improvviso delle onde. Guglielmo Ciardi ci dà ancora una sua
laguna sentita con cuore di veneziano. Il Costa, una buona
nota di porto. II Luxoro, un episodio di vita marinaresca.
il Loiacono, una calda visione di terra e di mare siciliano.
Vittorio Avondo ha due contralti di luce mattinale e di
tramonto sentiti con una dolcezza quieta di maestro. II
Corsi di Bosnasco ripete forse soverchiamente se stesso. Il
Sacheri, senza esagerazioni simboliche, senza velature
grigie, appaga anche quelli che han visto di lui cose
migliori.
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Ma se manca fra i marinisti una affermazione alta e
convincente, non fanno difetto i paesisti. Il paesaggio è
l'espressione pittorica per eccellenza dell' epoca nostra.
Monti e pianure, boscaglie e campi arati rappresentano lo
sforzo continuo e tenace dei nostri artisti nell'esprimere
un sentimento di bellezza. Carlo Fornara di Prestinone col
trittico Inverno, Primavera ed Autunno, dimostra
l'indirizzo del suo spirito, quella larghezza ampia di
intendere la Natura, di penetrare nei suoi fenomeni di luce
e di colori, che era già il grande segreto di Giovanni
Segantini. Nella Primavera specialmente la tecnica
divisionista gli giova per raggiungere certi effetti di
prospettiva bellissimi, certe lontananze sfumanti, certe
strisce luminose ardite. Ma non tutti i particolari sono
eseguiti con la medesima cura. Di qui una dissonanza quasi
urtante, che toglie tutta la poesia di cui pure il quadro e
leggiadramente soffuso. Il Gignous è sempre quel vivido
paesista che tutti conosciamo. E fra il Gignous ed il
Fornara è giusto porre alcuni giovani piemontesi che
mostrano di sapere e di potere fare assai : il Falchetti e
I'Olivero. Nel Falchetti la durezza della tecnica, onde i
piani non sentono il digradare naturale, non distrugge la
bontà complessiva dell'opera; e così nell'Olivero una
incerta coloritura dei primi piani, non fa obliare la grata
impressione delle ultime vette granitiche, tulle inondate
dal sole.
I due Gioli di Firenze ed il Beppe Ciardi hanno
eccellenti impressioni di paesaggio. Idilliche, semplici e
sane le Pastorelle; squisito il Pollonera, e sobrio,
raccolto, simpaticissimo il Piumati. Ne vogliamo dimenticare
il Pellizza con delle impressioni più tecniche che
naturalistiche, il Tommasi, il Faccioli con un Ritorno
dal pascolo, il Salassa con due buoni quadretti pieni di
luce, il Cressini sincero ed ardente, il Vighi vero e
suggestivo, il Casciaro d'un'impressione cosi netta e
pittoresca, lo Stratta, il Delleani, il Viani d'Ovrano. Del
Balla, cosi festeggiato a Roma, c' è un Sentiero
pieno di dolce poesia. Ne da ripetere i nomi del Grassis,
della Bricherasio, del Giani, del Piana, del Bortoluzzi, del
Miti-Zanetti, del Reycend, del Bussolino, del Bertea, del
Pugliese-Levi, del Milesi che ha una eccellente nota, più di
figura che di paesaggio.
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